Nel mese di giugno ci sono state manifestazioni, presidi e marce in molte città italiane, in europa e nel mondo intero da Palermo a Torino, da Milano a Roma, da Istanbul a S.Francisco per protestare e rivendicare l’autonomia dell’ individuo nel decidere e scegliere la propria identità di genere, il proprio orientamento sessuale e la libera scelta di riproduzione fuori dall’oppressione degli stati, della chiesa e del capitale.
Le piattaforme di protesta e le rivendicazioni che sono state alla base dell’ indizione delle manifestazioni sono state molteplici, diverse per ogni località in cui hanno avuto luogo.
Un grande urlo si è alzato dal basso un grande bisogno di uscire dall’isolamento individuale nell’obiettivo comune di lottare per l’autodeterminazione e la libertà di scelta.
Donne, trans, sexworker, migranti, gay, lesbiche, queer e femministe hanno marciato ed attraversato insieme le strade delle città ed hanno rivendicato la libertà di vivere ed amare, l’ autodifesa degli spazi esistenziali e politici, la libertà di esprimere desideri ,sessualità e relazioni con gioia e trasparenza.
Abbiamo visto, ancora una volta, che l’ identità di genere e l’orientamento sessuale non risulta essere su un teorico ed unico sistema binario maschio/femmina eterosessuale ma che oggettivamente, nella realtà i generi sono molti di più.
L’iconografia pittorica basata sul modello di coppia biblico, Adamo ed Eva e sacra famiglia, Maria e Giuseppe tra gli angeli ed i re magi, hanno imbrattato, per secoli, i muri delle chiese, cercando di insegnare al popolo, affamato ed incolto, che questo fosse il paradigma da seguire per uscire dalla sofferenza terrena e garantirsi uno spazio di benevolenza nel paradiso postmortem. Ma questo paradigma non ha coperto le esigenze identitarie di tutte le coscienze. In molti e molte, per secoli hanno accettato e vissuto secondo queste credenze ma tanti altri non hanno condiviso tali modelli e per questo sono stati costretti a nascondersi, a subire torture, sono stati imprigionati e processati, detenuti in lager e uccisi.
E che dire delle centinaia di donne che, nella libera volontà di riprodursi, sono state e continuano ad essere punite dalla legge ed imprigionate e per questo sono costrette a nascondersi qualora decidessero di abortire?
In molti paesi del mondo l’aborto è considerato un delitto contro la persona ed in altri paesi, tra cui l’Italia, dove è “legalizzato” il numero dei medici che possono dichiararsi obiettori di coscienza e rifiutare l’interruzione volontaria di gravidanza è talmente alto che decine di migliaia di donne, soprattutto minorenni e migranti, continuano a morire ogni anno perché costrette ad abortire senza la necessaria assistenza sanitaria.
Le donne ricche possono permettersi il “turismo abortivo” cioè viaggiare in quei paesi dove l’aborto è tollerato oppure hanno l’opportunità di rivolgersi a strutture sanitarie private dove, a pagamento, l’aborto è garantito sempre e comunque. E per le donne povere? Cosa resta? Resta il calvario nelle strutture pubbliche e nelle mani di coloro che fanno dell’aborto clandestino una speculazione esclusivamente per guadagnare denaro.
Alle marce del mese di giugno hanno partecipato anche molte donne eterosessuali, femministe e lesbiche per rivendicare la loro libertà scelta a riprodursi, ad uscire dal silenzio e dalla solitudine.
Molte donne e femministe hanno rivendicato i principi dell’ Autodifesa e dell’ Autorganizzazione per uscire dal modello unico passivo di madre di famiglia ed angelo del focolare per difendere i propri spazi di libertà ed autonomia conquistati con le lotte.
Il sistema unico eteronormato ha dimostrato , nel corso dei secoli di basarsi, non sui dati oggettivi dell’esistente, sui bisogni reali della gente e sulla conoscenza, ma sull’ignoranza, sulle credenze e sulla superstizione dettati da interessi di una presunta maggioranza di popolazione eterosessuale e patriarcale i cui valori sono diventati estranei alla volontà ed alle necessità di tutti gli individui.
Donne, trans, sexworker, migranti, gay, lesbiche, queer e femministe hanno marciato insieme a Milano contro l’Expo 2015 perché in nome del profitto Expo propaganda la donna relegandola nei ruoli imposti: la famiglia, la cura, la maternità e l’ambito domestico.
L’ Expo propaganda, inoltre, un mercato ed iniziative specifiche, locali e quartieri friendly per lesbiche, gay, trans e queer strumentalizzando la realtà che vive la maggioranza dei soggetti lgbtq, fatta invece di oppressione, violenza, marginalizzazione ed esclusione.
A Torino la manifestazione ha urlato la sua rabbia contro lo stato e la chiesa cattolica, ad Istanbul, la tredicesima marcia dell’orgoglio gay, è stata repressa dalla polizia turca con il ricorso a proiettili di gomma, lacrimogeni e cannoni ad acqua contro i manifestanti.
Il controllo dei corpi, l’ automazione ed il mercato della medicalizzazione sono, a mio avviso, gli obiettivi del dominio nella sua goffa e folclorica orgia famelica di potere e mercificazione, organizzato a norma per tutelare un sistema sociale ed economico capitalista basato sullo sfruttamento dell’uomo sull’uomo e sulla natura aiutato dai governi e dagli stati, dalle nazioni e dalle religioni che ne vogliono decidere e tutelare l’etica ed il rigore attraverso regole utili alla maggioranza della popolazione e non a tutti e a tutte.
Stato, chiesa e capitale, ora e sempre, fuori tutti e tutte dalle mie mutande!
Medusa Ebbra