Friuli-Venezia Giulia. 4 novembre: la guerra è qui!

La guerra è il grande affare del pianeta e l’Italia ne condivide una fetta.
Le guerre non solo rendono più delle migrazioni ma nella stragrande maggioranza dei casi ne sono la principale causa. In una fase storica di crisi costante, la risorsa bellica riesce a sbloccare fondi pubblici ingentissimi da iniettare nel circuito industriale e finanziario, procurando profitti immensi, per questo basilare motivo vanno costantemente alimentate.
Qualsiasi guerra è un crimine, anche la retorica della “guerra umanitaria” è un inganno. Per questo, per tacitare chi si oppone va mantenuto vivo l’antico concetto che la pace si mantiene con la guerra. Ma i potentati intendono la pace come egemonia economica di una parte di mondo sull’altra, mentre l’unica pace che vogliamo è concordia e cooperazione.

Guerre di tutti i tipi imperversano su tutti i continenti e rendono proficue le devastazioni tanto, alla fine, si ricostruisce.
In Ucraina (per parlare di una guerra a noi vicina) gli avvoltoi sono già pronti a predare e con la guerra ancora in corso stanno già pensando agli affari successivi. Gli stessi interessi che oggi intensificano la produzione di armamenti domani trarranno beneficio dalla ricostruzione.
Le Forze Armate italiane, con oltre 7.000 militari, sono presenti in 35 missioni internazionali nell’ambito di coalizioni multinazionali, sotto l’egida di ONU, NATO e Unione Europea o accordi bilaterali. I militari italiani sono dispiegati in 24 paesi che vanno dalla regione Artica e dal Baltico verso sud attraverso il Fianco Est dell’Alleanza, dal Golfo Persico verso Ovest attraverso il Corno d’Africa e il Medio Oriente, il Mediterraneo, il Nord Africa, il Sahel fino al Golfo di Guinea e in Antartide.
Fincantieri costruisce navi da guerra. Leonardo arma droni che hanno agito anche per il regime autocratico del turco Erdogan contro l’esperienza autogestionaria della Rojava.
Fincantieri e Leonardo, due aziende di Stato con sede a Monfalcone e Ronchi, si stanno già attrezzando per la ricostruzione di ponti e infrastrutture. Il ponte Morandi di Genova è un esempio di veloce efficienza che tornerà utile a Fincantieri negli appalti delle ricostruzioni.
Anche le migrazioni dai territori di guerra rendono: è un periodo di grandi affari e gli appetiti si alimentano.
Il governo italiano ha supinamente accettato i desiderata della NATO di aumentare lo la spesa militare fino a raggiungere il 2 per cento del PIL. Attualmente questa cifra si aggira attorno al 1,5 per cento, ed è in ascesa soprattutto dall’inizio della guerra in Ucraina.
Se nel 2023 l’Italia spenderà quasi 30 miliardi di euro nella difesa, per raggiungere la quota prefissata ne servirebbero altri 10.
Vale la pena soffermarsi sul fatto che la nuova legge di bilancio prevede un aumento di spesa di 700 milioni solo per l’acquisto di nuovi armamenti e la voce per le missioni militari all’estero ha una dotazione di oltre 1.5 miliardi.
Mentre il carrozzone dell’Esercito pesa sempre di più sulle casse dello Stato, si acuisce il divario nelle spese sanitarie rispetto agli altri paesi europei e del G7 (La spesa sanitaria pubblica del nostro Paese nel 2022 si è attestata al 6,8% del Pil, sotto di 0,3 punti percentuali sia rispetto alla media Ocse del 7,1% che alla media europea del 7,1%. Nel 2024 è confermato però un calo della spesa che scenderà a quota 132,737 mld al 6,3% del Pil.) con effetti immediati e catastrofici sulla qualità del Servizio Sanitario Pubblico.
Sanità pubblica allo sfacelo mentre fiorisce la torta della sanità privata, con buona pace del diritto alla salute.
Le grandi istituzioni economiche e politiche predicano senza sosta l’austerità per le spese sociali mentre si finanzia con la spesa pubblica il business delle armi, della guerra e dei militari.
L’impoverimento del Paese rende sempre più evidente il divario economico fra i sommersi e i salvati. I sommersi sempre più in balia della sorte in una deriva sociale senza freni.
Il governo italiano è stato denunciato dai genitori di Giulio Regeni per violazione della legge che non permette l’export di armi verso paesi che non rispettano i diritti umani (vedi caso Zaki, traffico di migranti, affari dell’Eni, armi…) per la vendita da parte di Fincantieri di due fregate all’Egitto con un maxisconto. Un sottocosto talmente incredibile da ipotizzare un danno erariale, essendo Fincantieri finanziata con i pubblici quattrini della Cassa Depositi e Prestiti. Viene naturale domandarsi perché e in cambio di cosa.
La nuova joint venture fra Fincantieri e Leonardo per la costruzione di tre pattugliatori di nuova generazione per un valore complessivo di 925 milioni di euro, mette in luce il fatto che l’azienda parastatale, il più grande gruppo navale d’Europa, porta avanti un progetto incentrato sulla produzione/costruzione di navi militari da guerra.
La guerra che si sta svolgendo in Ucraina continua a seminare morte e devastazione e da un po’ di tempo a questa parte si è deciso di tornare a utilizzare le famigerate bombe a grappolo: strumento di morte che venne proibito nel 2008 con un trattato sottoscritto da 123 paesi, ma non da… USA, Russia e Ucraina!
Ma lo sforzo bellico deve essere accettato dalla società quindi serve propaganda a tutto tondo. E qui si compie il più squallido dei riti propagandistici, quello rivolto ai giovani. All’interno delle scuole il militarismo si fa sempre più invadente.
Si è giunti a fare zainetti astucci e diari coi loghi di esercito, marina ed aeronautica. Ma non basta, convegno e open days tra caserme e scuole, gente in alta uniforme che propone un futuro radioso, un lavoro stabile Ben pagato e pensionamento con tutti gli onori a cinquant’anni scarsi. A Monfalcone leggendo i nomi degli istituti scolastici il tempo pare essersi fermato alla grande carneficina della prima guerra mondiale. Tra i nomi c’è anche il caso di una scuola dedicata ad un reclutatore del gruppo occulto di GLADIO.
Nel frattempo la propaganda miete vittime, la cronaca recente ci racconta come sia ancora assurdamente possibile morire di parata, morire di militarismo a causa delle Frecce Tricolori. Una bimba di cinque anni, è morta, suo fratello di dodici anni gravemente ustionato così come la mamma e il papà finiti in ospedale. Questo il bilancio dell’ennesima folle conseguenza del militarismo tricolore. E poteva andare peggio.
E infine la guerra si organizza nelle caserme e trova addestramento sui poligoni militari regionali. Dal dopoguerra sul nostro territorio in funzione della “guerra fredda”vengono edificate una costellazione di caserme, polveriere, appostamenti, bunker, campi di addestramento e di aviazione, compresa una base aerea statunitense con dotazione nucleare, con sede ad Aviano. Ora, con la modifica del sistema difensivo, sul territorio regionale si contano centinaia di siti militari abbandonati, di sole caserme una ogni 15km, tutti in uno stato di grave degrado e di inquinamento completamente a carico delle comunità locali.
Attualmente sono attivi 9 poligoni militari (6 dei quali in aree protette) e in fase di realizzazione nuove caserme “green”.
In relazione ai nuovi scenari bellici e geopolitici, su pressione statunitense, sono stati ampliati i disciplinari d’uso dei poligoni in termini di territorio occupato e armamento utilizzato. Il carico di devastazione, inquinamento e disagio e pericolo per la popolazione, dopo 70 anni di esercitazioni risulta ormai intollerabile.

Il 4 novembre abbiamo deciso di scendere in strada e manifestare il nostro dissenso verso le aziende che costruiscono/producono navi da guerra/strumenti di morte per dire basta al massacro che sta insanguinando l’Ucraina e altri scenari del mondo.

Diamo la nostra solidarietà ai disertori e ai sabotatori di tutte le guerre a partire da quella che si sta combattendo in Ucraina.
Combattiamo ogni forma di nazionalismo e imperialismo, sia quello della NATO che quello degli stati Russo e Cinese.

Siamo libertariə e antimilitaristə e ripudiamo tutte le guerre e gli eserciti.

Basta militarismo sulle nostre teste.

Coordinamento Libertario Regionale

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