Secondo gli scienziati è una delle più grandi tempeste di sabbia che abbia colpito l’intero Vicino Oriente. L’origine proprio lì, tra Siria e Iraq, e un raggio d’azione che raggiunge Egitto, Cipro e Turchia meridionale, coprendo interamente Libano, Israele, Territori Occupati/amministrazione dell’ANP, e Giordania. Unica nota positiva, i raid aerei dell’aviazione del criminale, assassino, tiranno, nazionalsocialista Basshar Al-Asad sono dovuti cessare, così come i raid aerei della coalizione anti-Islamic State. Intendiamoci, il tempo è stato caldo e secco per tutta l’estate nell’intero Vicino Oriente. Eppure non vi stranisca una premessa meteorologica che sembra così strana rispetto al titolo di questo articolo. La “Dust Bowl” siro-irachena è il segno tangibile dell’evidente collasso ormai anche ambientale a cui sta portando la proxy war(1) siriana. Non mi inserisco adesso in un filone di determinismo ambientale che sta nascendo in relazione al conflitto siriano: chè la siccità in realtà cominciò qualche anno prima del 2011, e alcuni analisti considerano questo assieme all’incapacità delle istituzioni nell’ammodernare i sistemi di rifornimento idrico e di far rapidamente fronte ai sempre crescenti danni che registrava la produzione agroalimentare, uno dei fattori strutturali che hanno favorito il collasso statuale in Siria. Fatto sta che molti considerano l’attuale tempesta di sabbia direttamente ricollegabile al totale fermo agricolo ormai quadriennale in gran parte del territorio siriano.
Ciò è l’ultimo stadio del collasso, e i recenti sviluppi dimostrano quanto esso sia ormai arrivato al punto di non ritorno. I russi hanno ormai esautorato, assieme alle “Forze Rivoluzionarie” iraniane, l’apparato del regime baathista, in nome di una operazione anti-IS che paradossalmente potrebbe mettere d’accordo Francia e Regno Unito, riluttanti a partecipare ai raid aerei in territorio siriano, se prima il potere di Basshar Al-Asad non fosse stato “neutralizzato”. Conseguenza di una guerra ormai quadriennale, quattro milioni di profughi con numeri destinati a salire. Intendiamoci, al di là delle parole dei nostri professionisti dell’odio, il maggior peso lo stanno sostenendo i paesi del Vicino Oriente attorno alla Siria. Se si guardano i dati della distribuzione dei profughi siriani, ogni grafico sui paesi con il più alto tasso di rifugiati in rapporto alla popolazione totale si aprono con Libano, Giordania e Turchia, e Malta e la Svezia sono i primi paesi europei nelle liste. Questione sempre molto dibattuta, la totale assenza di rifugiati nelle petrolmonarchie della Penisola Arabica. Entriamo nell’ottica che parliamo di regimi estremamente reazionari e al contempo “turbocapitalisti”. Regimi che hanno trovato già una fonta di manodopera a basso costo pressoché illimitata negli immigrati del sudest asiatico e nelle minoranze oppresse interne (sciiti in primis). Per i rifugiati siriani essere accolti dalle petrolmonarchie peninsulari significherebbe molto probabilmente essere destinati ad un lavoro semischiavistico nelle immense opere di sventramento e “riqualificazione” urbana promosse dalla casa regnante e dall’èlite economica ad essa collaterale, con barbuti wahhabiti che li indottrinano al “vero Islam”. Da questo punto di vista sintomatica delle vere mire saudite è la promessa di finanziare la costruzione di 11 nuove moschee in Germania per far fronte all’emergenza profughi(qual è il nesso ? Boh). Sicuramente rette da quel peculiare islam ultrareazionario di mercato made in Arabia Saudita & co. (è da trattare in altra sede la strumentalità di tutto ciò alla guerra intestina al mondo islamico tra classi dominanti sunnite e sciite, essendo questa strategia finalizzata ad irregimentare la maggioranza dei musulmani in Europa all’interno di una visione dell’Islam col bollino saudita o col bollino Isl.Bro., per utilizzarli come eventuale massa che faccia numero, e talora si presti come vera e propria carne da cannone, contro la montante spinta egemonica iraniana). Più che negli altri paesi, è aumentata progressivamente la pressione sulla Turchia, considerata come via d’accesso privilegiata al continente europeo. Ciò ha dato vita a una progressiva odissea, che è diventata via via una Lunga Marcia, attraverso Grecia, Macedonia, Serbia, Ungheria, Austria, Repubblica Ceca, Germania, e oltre fino in Svezia attraverso la Danimarca. Niente di nuovo sia chiaro, chè da quando è cominciato il dramma del popolo siriano le vie sono state quella balcanica per i rifugiati in Turchia, e quella via Giordania/Libano, Egitto, viaggio in mare, ed Italia. Entrambe come punto finale principalmente la Svezia, che garantisce ai rifugiati maggiore assistenza rispetto alla totalità dei paesi europei. La Turchia d’altro canto ha le idee chiare: in assenza di un richiamo all’ordine europeo(quale sembra che ci sia in queste ultime ore), sfumata l’idea di riposizionare i profughi nella ancora non stabilita zona cuscinetto nelle aree di confine della Siria, deve lasciarli andare verso l’Europa per diminuire la pressione interna. La situazione così creata mette per la prima volta d’accordo i paesi del gruppo di Visegrad(Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Ungheria), nel respingimento e, ove questo non riuscisse, nella forte criminalizzazione, finanche normativa, dei migranti in transito, con blindati al confine, cariche e ipotesi di nuove cortine di ferro. I paesi che hanno sfruttato l’ingresso nell’UE perchè i loro migranti fossero avvantaggiati da Schengen nel cercare lavoro nei paesi dell’Europa occidentale, rifiutano l’arrivo della miseria d’oltre-Bosforo. In tutto questo, stupisce il repentino dietrofront della Germania merkeliana. Dopo le lacrime in diretta tv della bambina rifugiata palestinese, che dalla Cancelliera si era sentita rispondere che non c’è posto per tutti, la Germania ha sospeso Schengen per tutti coloro qualificabili con lo status di rifugiato, quindi siriani e afghani in primis. Intendiamoci, per l’accoglienza servono investimenti milionari, che saranno messi in campo qualora saranno ritenuti soldi ben spesi. Parliamoci chiaro coi dati alla mano: la Germania non poteva rimandare questa scelta ancora per molto. Paese col più alto tasso di immigrati in Europa, è quello dove nel 2015 si sono registrate più richieste d’asilo, con un notevole scarto rispetto al 2014, quando nel resto dei paesi europei esse sono rimaste sostanzialmente costanti. E qualcosa in più grava sulle spalle dei paesi europei, in termini di consensi verso la governance estera dell’Occidente. Quando nel 2012-2013 gli “Amici della Siria” presero atto del dramma umanitario siriano, si dissero pronti ad accogliere i rifugiati. Ma da allora niente fu fatto, né in Turchia attraverso le ambasciate europee, né con l’accoglienza immediata sul suolo europeo. Tutto è stato gestito lasciando invariato Dublino II, con i migranti rispediti più e più volte al paese di arrivo, cioè nella maggior parte dei casi Italia o Grecia. E’ ovvio che ciò non era più sostenibile, per gli equilibri europei e per la faccia della Germania nei confronti delle popolazioni vicinorientali. E comunque sì, accogliere i rifugiati siriani può essere un buon affare per la Germania, perché una massa di migranti regolari o regolarizzati sono una base contributiva non indifferente, e perché la Siria aveva uno dei tassi di alfabetizzazione più alti dell’area, legato ad un apparato industriale che era sostanzialmente in ottime condizioni, sebbene sul PIL gravasse la difficile collocazione della Siria nello scacchiere internazionale e le scarse, rapportate ai vicini, riserve petrolifere. E a fuggire dalla Siria è, in gran parte la piccola e media borghesia urbana con almeno un componente familiare con un buon titolo di studio. Anche se un buon numero di chi arriverò adesso ne è privo, basta l’inserimento in programmi di formazione professionale per avere una gran quantità di manodopera bisognosa subito di impiego(se si eliminano certi cavilli burocratici tedeschi, come la priorità a cittadini tedeschi o europei nell’assegnazione di un impiego, una forma di discriminazione amministrativa totalmente inutile visto che certi posti di lavoro, nella ristorazione o nell’agricoltura, sono tutto tranne che ambiti dai tedeschi) e relativamente specializzata, se si conta anche chi arriverebbe con i ricongiungimenti familiari, e i giovani più facilmente integrabili attraverso il sistema scolastico. La Germania è il paradiso dell’integrazione ? Più dell’Italia e quasi alla pari con la Francia, ma non è il paradiso. Ma sicuramente ha molto da guadagnarci.
Elimo Ribelle.