Da Trapani in poi: venticinque anni di barbarie

Nella notte tra il 28 e il 29 dicembre del 1999, dopo l’ennesimo tentativo di fuga dal centro di permanenza temporanea per migranti “Serraino Vulpitta”, viene appiccato il fuoco ad alcuni materassi in una camerata, ed è l’inferno. La cella non viene aperta e nel rogo che ne scaturisce muoiono bruciati vivi tre giovani tunisini, altri tre moriranno in ospedale a causa delle ustioni riportate: Rabah, Nashreddine, Jamel, Ramsi, Lofti e Nasim.

Sono passati venticinque anni dalla strage del centro di detenzione amministrativa di Trapani. Le prime di una lunga serie di morti tragiche avvenute all’interno dei vari centri per i rimpatri forzati sparsi per l’Italia.

Venticinque anni di violazioni ininterrotte della dignità di migliaia di persone. Venticinque anni di morti sospette, suicidi, autolesionismo, psicofarmaci e di violenza generalizzata, insita nella natura stessa di questi centri. Venticinque anni di barbarie. Una vera VERGOGNA DI STATO.

Eppure, a leggere i proclami e le dichiarazioni di esponenti dell’opposizione, e i titoli di alcuni giornali, sembra che tutto accada solo adesso, che lo scandalo sia solo recente, ora che al governo ci sono i cattivoni di destra. La detenzione amministrativa delle persone prive di permesso di soggiorno l’ha istituita invece, nel 1998, la legge che porta il nome dell’ex presidente della Repubblica, Napolitano, funzionario storico del PCI-PDS-DS, e da allora la cosiddetta sinistra – quando è stata al governo – non l’ha mai messa in discussione, come anche il reato di immigrazione clandestina.

Eppure la storia italiana ce lo ha insegnato, emigrare non è reato!, come urlavamo alle manifestazioni. Nessuna persona può essere considerata illegale, per questo motivo i Centri di Permanenza per i Rimpatri non si possono “migliorare” o “ripensare” perché sono un mostro giuridico, una aberrazione. Sarebbe come dire: “Rendiamo più dignitosi i metodi di tortura”, o come dire: “Guerra umanitaria”, o anche: “Centri di permanenza temporanea ed assistenza” (così li avevano chiamati nel 1998). Tutti trucchi semantici che celano, quanto meno, coscienza sporca o imbarazzo politico.

Sono passati venticinque anni e, se nulla è cambiato, se quello che denunciavamo allora accade ancora oggi, ciò non dipende da chi li gestisce o da chi sta al governo, ma dalla ragione per cui questi centri esistono: il rimpatrio forzato di donne e uomini che, migrando, esercitano e rivendicano il proprio diritto di fuga, la libertà di sottrarsi a condizioni di vita infelici, inaccettabili, pericolose, ed è per questo motivo che i centri per i rimpatri non si possono umanizzare, ma si devono solamente ABOLIRE.

https://coordinamentoperlapacetp.wordpress.com/2003/12/    

https://www.meltingpot.org/2003/04/storie-da-un-lager-un-libro-bianco-sul-cpt-serraino-vulpitta-di-trapani/

Nei link trovate l’appello per l’assemblea e la manifestazione nazionale del dicembre 2003 e i due dossier “Storie da un lager” del 2002-2003 sull’allora CPT di Trapani. 

Di seguito, un estratto dell’introduzione al secondo dossier, pagina 39: «Ragazzi giovanissimi, come Kaled per esempio, che la prima volta che li vedi sono allegri, sempre un po’ spacconi, ti dicono che loro al paese non ci tornano, magari sposano un’italiana per avere il permesso di soggiorno, poi li rivedi la volta dopo e ti accorgi di quanto la paura e la “terapia” li abbiano già segnati profondamente e per sempre». 

Era il 2003 ma sembra tutto scritto oggi.

Sergio Serraino

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