Nello spazio urbano le tracce del passato sono anche snodi di una memoria che si alimenta grazie alle lotte che ri-attaversano le strade, le piazze, i posti dove si lavora, si studia, ci si incontra per fare nulla.
Oggi la spalletta del ponticello su un canale ormai interrato da decenni è naturale luogo di incontro per i nuovi abitanti del quartiere, che si affacciano curiosi ogni 25 aprile, quando gli anarchici della FAT si ritrovano per intrecciare i fili rossi e neri che legano le lotte di ieri a quelle di oggi.
La sera precedente una veloce contestazione alla fiaccolata istituzionale ha messo al centro la campagna di lotta al fascismo che ritorna nelle leggi sulla sicurezza urbana e i migranti.
Un anziano senegalese si avvicina e chiede della storia della città dove vive da qualche tempo, dopo lunghi anni in Lombardia. Si parla dell’Italia e della memoria che non c’è, quella di un colonialismo feroce. Lui racconta della Franc’Afrique e ci offre una memoria in grigio, mentre parla del padre, che ha combattuto per difendere dai nazisti la Francia, sebbene desiderasse la fine della dominazione della Republique.
Si avvicina a osserva la lapide che ricorda il partigiano Ilio Baroni, operaio alle ferriere, morto lì combattendo i nazisti. Ci saluta dicendo che vuole saperne di più, passerà a trovarci.
La gente prende e legge i volantini.
Siamo in tanti. Poi una giovane compagna ricostruisce la storia di Baroni, la giovinezza in Toscana, le persecuzioni dei fascisti, l’approdo in Barriera, l’attività clandestina, il confino, la lotta partigiana, i sabotaggi e gli scioperi, il giorno dell’insurrezione. Una compagna più anziana parla dell’oggi, della vita grama, delle lotte che, oggi come allora, attraversano il quartiere.
La memoria è cosa viva finché resta qualcuno che la fa propria. Ogni anno in quest’angolo di Barriera si rinnova un impegno di lotta che ciascuno deve a se stesso, a chi c’era prima e a chi ci sarà dopo.
Qui il volantino distribuito in piazza
Il sabato successivo gli anarchici della FAT sono al Balon contro il Daspo urbano, le deportazioni, i morti in mare. Qui puoi vedere qualche foto
Il sabato precedente erano al corteo antifascista che da piazza Graf ha raggiunto il Valentino. Qui qualche immagine
Contestata la sindaca pentastellata al corteo del 25 aprile.
La sindaca penta stellata Appendino e il governatore democratico Chiamparino hanno aperto la fiaccolata istituzionale del 25 aprile. Quest’anno i No Tav più moderati si sono accodati al corteo, paghi della formale opposizione all’opera della sindaca, del “vorrei ma non posso”.
Un gruppo di anarchici ha aperto uno striscione di fronte al corteo che sfilava, con la scritta “Daspo urbano, fogli di via. Il fascismo ha il volto della democrazia”.
Di seguito il volantino distribuito al corteo.
Il 25 aprile del 1945 Torino insorse. Nelle periferie si combatteva contro la dittatura e l’occupazione militare, per farla finita con i padroni e chi li serviva.
Gli operai delle fabbriche torinesi misero in gioco la vita perché i loro pronipoti non dovessero fare i conti con sfruttamento selvaggio, disoccupazione, precarietà.
I volontari delle Sap non protessero gli stabilimenti per riconsegnarli ai padroni. A decine morirono combattendo strada per strada per impedire ai fascisti e ai nazisti in ritirata di farli saltare. Il loro sogno lo stringevano tra le mani: le fabbriche, come nel 1920, erano di chi ci lavorava.
Oggi come nel 1945 in questa città, capitale degli sfratti e della disoccupazione, la democrazia è un’illusione di libertà e giustizia, che somiglia sempre più al fascismo.
Sfruttamento, lavori precari e pericolosi, morti in mare, leggi razziste, militari per le strade, guerra sono i tasselli del puzzle che disegna il nostro vivere.
La gente delle periferie sente in bocca il sapore agre di una vita sempre più precaria.
Il governo della città è stato per decenni nelle mani degli eredi di Togliatti, il comunista che ha graziato i fascisti, i repubblichini torturatori ed assassini, e seppellito in galera tanti partigiani. Sono gli stessi che hanno imbalsamato la Resistenza, rinchiudendola in una teca avvolta nel tricolore.
Oggi governano i Cinque Stelle. Bisognava che tutto cambiasse perché ogni cosa restasse come prima. La nuova sindaca è apprezzata dalle banche e dai padroni.
Appendino sta imitando Fassino, facendo la guerra ai rom delle baracche lungo la Stura.
Qualcuno ha creduto alle sue promesse di partecipazione, ma sta scoprendo che per i poveri non è cambiato nulla. La sindaca a Cinquestelle ha promesso ai comitati spontanei di quartiere, tutti o quasi promossi dall’estrema destra xenofoba e razzista, la possibilità di cogestire le scelte sul decoro delle periferie.
Torino si è trasformata da città dell’auto a vetrina di grandi eventi, un grande Luna Park per turisti, mentre le periferie sono in bilico tra riqualificazioni escludenti e un parco giochi per carabinieri, alpini e poliziotti.
Contestata la sindaca pentastellata al corteo del 25 aprile.Contestata la sindaca pentastellata al corteo del 25 aprile.L’idea di decoro dei 5Stelle è identica a quella del governo Gentiloni, che ha fatto una legge sulla sicurezza urbana, che prevede il daspo, il divieto ai poveri di vivere in certi quartieri. Le nuove leggi scrivono un nuovo capitolo della guerra ai poveri.
Hai perso la casa, vivi in strada, ti arrangi con qualche lavoretto? Cerchi riparo alla stazione, ti siedi sulle panchine, ti infili nella sala d’aspetto di un ospedale? Il sindaco e il prefetto possono multarti e cacciarti dal tuo quartiere, dalla tua città, dall’angolo dove dormi, perché sei un problema per il decoro cittadino. Se sei povero la responsabilità è tua, non di chi si arricchisce sul lavoro altrui, non di un sistema politico e sociale che nega una vita decorosa alla maggior parte della popolazione del pianeta.
Ci raccontano che viviamo nel migliore dei mondi possibili, che liberismo e democrazia garantiscono pace, libertà, benessere. Ci raccontano le favole e pretendono che ci crediamo.
Per il governo chi occupa una casa vuota offende il decoro, i proprietari che affittano a prezzi altissimi sono invece bravi cittadini.
Per la nuova legge chi occupa, oltre alle solite denunce, rischia di essere allontanato dal proprio quartiere, o dalla propria città.
Il sindaco e il prefetto possono importi il Daspo, il divieto ad andare in quei posti. Se ci torni rischi l’arresto.
In questo 25 aprile vogliamo annodare i fili della memoria di ieri con le lotte di oggi.
Le lotte che vedono in prima fila altri partigiani, quelli che si battono contro i militari nelle strade, che lottano contro i padroni che si fanno ricchi su chi lavora, che cercano di impedire sfratti e deportazioni, che vanno in strada contro il razzismo e il fascismo.
Oggi come allora i partigiani sono trattati da banditi, terroristi, delinquenti.
I partigiani in quel lontano aprile hanno combattuto perché volevano un mondo libero, senza schiavitù salariata.
Il loro sogno continua ogni giorno nella lotta per una società di liberi ed eguali. Senza Stato né padroni.
federazione anarchica torinese
corso palermo 46 – riunioni- aperte agli interessati – ogni giovedì alle 21
www.anarresinfo.noblogs.org
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25 aprile. Oggi come ieri: per un mondo senza stati, eserciti, padroni
Ilio Baroni, operaio toscano emigrato a Torino negli anni venti, era comandante della VII brigata Sap delle Ferriere.
Le Sap, Squadre di Azione Patriottica sabotavano la produzione, diffondevano clandestinamente volantini antifascisti e si preparavano all’insurrezione. Molti, tra il ’43 e il ’45, sono stati arrestati, torturati, fucilati o deportati. Ilio, nome di battaglia ”il Moro”, è protagonista di azioni di guerriglia.
Il 25 aprile 1945 Torino è paralizzata dallo sciopero generale, scoppia l’insurrezione, la città diventa in breve un campo di battaglia.
Baroni e i suoi attaccano la stazione Dora e si guadagnano un successo. Giunge una richiesta d’aiuto dalla Grandi Motori. Il Moro non esita ad aiutare i compagni nel mezzo di una battaglia furiosa, e cade sotto il fuoco. È il 26 aprile.
Ilio Baroni non potrà vedere il momento per cui ha lottato duramente tutta la vita…
Ma il fascismo non è morto il quell’aprile…
Sfruttamento, lavori precari e pericolosi, morti in mare, leggi razziste, militari per le strade, guerra sono i tasselli del puzzle che disegna il nostro vivere. Oggi come nel 1945 la democrazia è un’illusione di libertà e giustizia, che somiglia sempre più al fascismo.
Anche quest’anno il 25 aprile ci incontriamo alla lapide di Ilio Baroni, lì nel posto dove è caduto combattendo. La pietra che lo ricorda è nel centro del quartiere operaio di Barriera di Milano, all’angolo tra corso Giulio e corso Novara.
Oggi rimane solo un pezzo di muro con la pietra, il nome, la foto scolorita.
Sino ad una trentina di anni fa quel muro era la spalletta di un ponte su un piccolo canale.
Era una zona di fabbriche ed un borgo di operai. Operai combattivi, gli stessi dell’insurrezione contro la guerra e il carovita del 1917, quelli dell’occupazione delle fabbriche, della resistenza al fascismo, gli anarchici che durante gli anni più bui della dittatura mantennero in piedi un gruppo clandestino, la gente degli scioperi del marzo ’43.
Oggi sono quasi del tutto scomparsi anche i ruderi di quelle fabbriche. Delle ferriere, dove lavorava Baroni, restano solo gli imponenti travoni di acciaio in mezzo ad un improbabile parco urbano tra ipermercati e multisale.
Il cuore del quartiere è cambiato. La Barriera aveva resistito agli anni dell’immigrazione dal sud, facendosi teatro di grandi lotte tra fabbrica, scuola, quartiere, eludendo il rischio della guerra tra poveri e del razzismo per costruire un orizzonte comune tra gli sfruttati, gli oppressi. Quegli anni ormai trascolorano nella memoria di chi li ha vissuti, come un’avventura ricca di promesse. Promesse mai mantenute, perché troppa era la fiducia nell’illusione che il partito comunista potesse prendere il potere e cambiare tutto. Gli eredi di quella storia, affogata nei gulag staliniani, impallidita nelle coop rosse diventate imprese come tante, oggi governano il paese in nome del liberismo e all’insegna del manganello.
La gente delle periferie sente in bocca il sapore agre di una vita sempre più precaria.
Oggi vivere qui è più difficile che in passato: non è solo questione dei soldi che mancano e del lavoro che non c’è, e, se c’è è sempre più nero, pericoloso, precario. C’è un disagio diffuso che non sempre si fa percorso di lotta, ci sono fascisti, leghisti e comitati spontanei, che soffiano sul fuoco cercando di alimentare la guerra tra poveri, puntando il dito contro i tanti immigrati africani, magrebini, cinesi, rumeni, peruviani che ci abitano.
Il governo della città è stato per decenni nelle mani degli eredi di Togliatti, il comunista che ha graziato i fascisti, i repubblichini torturatori ed assassini, e seppellito in galera gli anarchici che hanno combattuto il fascismo prima e dopo le date ufficiali della resistenza. Gli stessi che hanno imbalsamato la Resistenza, rinchiudendola in una teca avvolta nel tricolore.
Oggi governano i Cinque Stelle. Bisognava che tutto cambiasse perché ogni cosa restasse come prima. La nuova sindaca è apprezzata dalle banche e dai padroni. Qualcuno ha creduto alle sue promesse di partecipazione, ma sta scoprendo che per i poveri non è cambiato nulla. La sindaca a Cinquestelle ha promesso ai comitati spontanei di quartiere, tutti o quasi promossi dall’estrema destra xenofoba e razzista, la possibilità di cogestire le scelte sul decoro delle periferie. In cambio i comitati dovranno reperire i fondi necessari per la manutenzione degli spazi pubblici. L’idea di decoro dei 5Stelle è identica a quella del governo Gentiloni, che ha fatto una legge sulla sicurezza urbana, che prevede il daspo, il divieto ai poveri di vivere in certi quartieri.
Torino si è trasformata da città dell’auto a vetrina di grandi eventi, un grande Luna Park per turisti, mentre le periferie sono in bilico tra riqualificazioni escludenti e un parco giochi per carabinieri, alpini e poliziotti.
Da qualche anno il vento sta cambiando anche se per ora è solo una brezza lieve.
Noi ogni 25 aprile ci ritroviamo alla lapide: si parla, si brinda, si chiacchiera con chi passa. Non è solo una commemorazione. È la scelta tenace per i tanti di noi che in questo quartiere sono nati e continuano a vivere, di alimentare il venticello che segnala il mutare dei tempi.
Annodiamo i fili della memoria di ieri con le lotte di oggi.
Le lotte che vedono in prima fila altri partigiani, quelli che si battono contro i militari nelle strade, che lottano contro i padroni che si fanno ricchi su chi lavora, che cercano di impedire sfratti e deportazioni, che vanno in strada contro il razzismo e il fascismo.
Oggi come allora i partigiani sono trattati da banditi, terroristi, delinquenti. Oggi come allora la gente delle periferie sta imparando da che parte stare.
I partigiani di Barriera in quel lontano aprile hanno combattuto perché volevano un mondo libero, senza schiavitù salariata.
Il loro sogno continua ogni giorno nella lotta per una società di liberi ed eguali. Senza Stato né padroni.
federazione anarchica torinese
corso palermo 46 – riunioni- aperte agli interessati – ogni giovedì alle 21