Comprati e venduti

Il recente contenzioso che ha visto coinvolta l’Associazione “Rosseau” non è solo un episodio della lotta in corso per la leadership di quello che resta del M5S ma anche un evidente esempio di quanto valgano le informazioni personali archiviate sui computer e di quanto sia considerato cruciale oggi averne il controllo.

I rapporti tra gli strumenti dell’informazione elettronica ed il M5S risalgono all’inizio della sua storia, quando i suoi attivisti, in sostituzione dei classici luoghi di incontro legati al vecchio modo di fare politica, iniziarono a usare la piattaforma “meet-up”.[1] In quella prima fase si facevano chiamare ancora “Amici di Beppe Grillo” e l’omonimo blog era stato e restava il più importante punto di riferimento su Internet dei “grillini” della prima ora. La piattaforma “meet-up”, che non ha alcun legame con il M5S, è una delle tante risorse create a scopo di lucro anche se permetteva, come accade spesso, il suo uso gratuito sebbene con ridotte funzionalità. Sicuramente questa sorta di “social” ha svolto un importante ruolo nei primi anni di esistenza di quel gruppo che poi avrebbe costituito la base elettorale iniziale del “movimento”. In quel caso, però, si trattava di uno strumento completamente fuori dal controllo diretto da parte di una delle qualsiasi componenti del M5S.

Anche per ovviare a questo problema viene fondata nel 2016 l’“Associazione Rosseau” il cui compito principale era gestire un sito web presentato come uno strumento fondamentale a disposizione del M5S e delle sue rappresentanze elettive. All’inizio l’uso del sito era riservato solo agli iscritti ma si è poi allargato anche a quelli che una volta si sarebbero chiamati “simpatizzanti” e che oggi vengono definiti “ospiti”. Secondo i dati, si suppone ormai definitivi, gli “iscritti certificati” sono 195.387 e gli aventi diritto di voto 111.915.[2] Stando a quanto si legge, il sito offre funzioni di “democrazia diretta” tipo scrittura di leggi e di proposte di legge, votazioni sulla composizione delle liste elettorali, informazioni sui gruppi locali e materiali di supporto all’attivismo ma, soprattutto, la “votazione su temi proposti”. Il sito è di proprietà dell’“Associazione Rosseau” finanziata (fino a ieri…) dai versamenti degli eletti nelle liste del M5S e da altre donazioni, anche se la sua gestione è affidata ad una terza parte, la “Casaleggio e Associati”, una società a responsabilità limitata. In realtà esiste anche un “quarto livello”, quello dei sistemisti esterni che materialmente gestiscono il sistema dal punto di vista tecnico.

La vita del sito non è mai stata tranquilla, nel corso degli anni sono stati denunciati numerosi tentativi di hackeraggio della piattaforma, una probabile compromissione delle informazioni archiviate ed il Garante per la Privacy si è spesso interessato del suo funzionamento e del livello di sicurezza dei dati degli utenti.

L’idea che computer e reti possano diventare gli strumenti essenziali alla base di un nuovo tipo di democrazia non l’ha avuta Beppe Grillo e nemmeno Gianroberto Casaleggio in quanto probabilmente è vecchia almeno quanto Internet. A loro va però riconosciuto il merito (o il demerito) di aver provato per primi ad applicarla in concreto, almeno in Italia, mettendo in pratica alcune delle proposte connesse alla “democrazia elettronica”. Questo almeno è quello che molti amano credere e che, sopratutto all’inizio, veniva dichiarato in ogni occasione: “la democrazia diretta, resa possibile dalla Rete, non è relativa soltanto alle consultazioni popolari, ma a una nuova centralità del cittadino nella società. Le organizzazioni politiche e sociali attuali saranno destrutturate, alcune scompariranno. La democrazia rappresentativa, per delega, perderà significato. È una rivoluzione prima culturale che tecnologica, per questo, spesso, non viene capita o viene banalizzata”.[3]

Peccato che l’applicazione di questa “rivoluzione culturale” si sia ridotta, la dimostrazione è proprio in quello che è stato negli anni il sito “Rosseau”, ad un semplice meccanismo – neppure tanto originale – di votazione che non ha mai scalfito nemmeno di striscio il classico sistema di delega. Oltretutto dimenticando o non tenendo conto che il voto elettronico viene ancora considerato anche dagli esperti non completamente affidabile, dal punto di vista della sicurezza, se non addirittura non affidabile del tutto.[4] D’altra parte anche i comportamenti mostrati dai parlamentari del M5S in questi ultimi anni non sono stati certo all’altezza delle ispirate visioni di una felice futura utopia basata sulla “e-democracy”.

In determinati casi può essere anche utile avere un sistema che permetta di consultare in modo veloce un numero elevato di persone, una attività che fatta ricorrendo ai mezzi tradizionali richiederebbe molto più tempo e lavoro. Uno strumento del genere non è però detto che sia in grado automaticamente di incidere realmente su molte altre questioni più importanti, come per esempio “chi e come” decide quando consultare le persone e “chi e come” decide l’oggetto della consultazione. Le continue ridicole capriole alle quali abbiamo assistito in questi ultimi anni quando il M5S ha chiamato gli iscritti al voto via web sono un buon esempio dei limiti di questo strumento.

Per gli anarchici il problema delle votazioni non riguarda tanto le “modalità” con le quali si tengono ma il fatto che nel sistema democratico il risultato di un voto vedrà sempre una maggioranza che vince e una minoranza che perde. Qualcosa che sembra fatta apposta per le tecnologie informatiche dove tutto si basa sulla numerazione binaria, fatta solo di zero e uno.

Gli anarchici sono invece sempre stati molto più interessati a cercare i modi, visto che non è detto che ce ne debba essere solo uno, per superare la dittatura della maggioranza sulla minoranza. Un obiettivo sicuramente non facile da raggiungere ma per il quale vale la pena di spendersi, piuttosto che affidarsi alla pretesa imparzialità di un computer. Senza però dimenticare che gli strumenti digitali possono anche essere usati e sono utili quando favoriscono soluzioni più libere ed includenti ma, soprattutto, quando si evita di attribuirgli capacità mirabolanti che non hanno.

Il contenzioso a proposito della “proprietà” dei dati degli iscritti alla piattaforma “Rosseau” ha avuto il grande pregio di far capire in modo semplice, anche a chi non è un esperto nel campo, che le informazioni che forniamo, spesso volontariamente, e che vengono archiviate in forma digitale hanno un prezzo, hanno venditori e compratori, hanno un valore sul mercato. Sarà anche interessante scoprire che utilizzo faranno i “compratori” dei dati contesi, se metteranno in piedi una nuova versione della piattaforma e chi e come la gestirà.

Adesso ogni iscritto al M5S registrato su “Rosseau” potrebbe fare una semplice divisione per sapere quanto valgono i suoi dati personali: peccato che la cifra che verrà pagata per entrare in possesso di quelle preziose informazioni sarà “coperta con una clausola di riservatezza”[5] – giusto per ricordarci che la trasparenza continua a non essere uno dei valori fondanti di quel movimento.

Pepsy

RIFERIMENTI

[1] “Meet-up” è il nome di una piattaforma software, creata nel 2002, che permette di organizzare e partecipare a gruppi ed eventi virtuali. Vedi https://www.meetup.com

[2] Dati presenti sul sito https://rousseau.movimento5stelle.it/ in data 10/06/2021.

[3] S. D’Anna, “La democrazia va rifondata. Intervista con Gianroberto Casaleggio”, In Corriere della sera – Il Club della Lettura, 23 giugno 2013.

[4] Per una brevissima introduzione a questo problema vedi https://en.wikipedia.org/wiki/Electronic_voting .

[5] Vedi https://www.ilfattoquotidiano.it/2021/06/05/m5s-e-rousseau-trovano-laccordo-conte-abbiamo-i-dati-degli-iscritti-giugno-segna-linizio-del-nostro-secondo-tempo/6221450/

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