La notizia – che nei primi tempi ha avuto un certo rilievo anche mediatico – della morte di un compagno di lavoro nonché attivista sindacale del SiCobas, nella sua drammaticità, ha portato all’attenzione di tutti l’effettiva situazione della logistica e del trasporto merci in Italia. I lavoratori e le lavoratrici di questo settore, occorre ricordarlo perché oggi si tende a dimenticarlo, soprattutto nei primi mesi di emergenza sanitaria nazionale si sono sobbarcati situazioni operative spesso senza alcuna sicurezza, svolgendo al contempo un lavoro chiave per la sopravvivenza materiale di tutta la parte di popolazione chiusa in casa dalle misure di lockdown.
Anche prima dell’attuale pandemia, però, questi lavoratori e lavoratrici erano fortemente sotto attacco. Limitandoci solo agli anni anni più recenti partiamo dal 6 febbraio 2016, giorno in cui entrano in vigore le norme di depenalizzazione introdotte dal decreto legislativo n. 8 del 15 gennaio 2016: il decreto trasforma in illeciti amministrativi i reati in materia di lavoro e previdenza obbligatoria puniti con la sola pena della multa o dell’ammenda. Un enorme favore fatto al padronato: grazie a tale depenalizzazione, ad esempio, nei casi di somministrazione di lavoro abusiva, utilizzazione illecita, appalto e distacco illeciti l’aspetto penale lascia il posto alle sanzioni amministrative. Sanzioni amministrative, tra l’altro, molto poco “dissuasive”: ad esempio, nel caso di somministrazione abusiva di manodopera e negli appalti illeciti la sanzione in questione non supera i 50 euro per ogni lavoratore occupato e per ciascuna giornata di occupazione. La stessa identica sanzione varrà anche per l’“utilizzatore”, cioè per chi impiega lavoratori forniti da soggetti non autorizzati come assai spesso accade, ad esempio, con le false cooperative.
Se tutto ciò non bastasse, la ciliegina sulla torta è data dal fatto che la depenalizzazione riguarderà anche le situazioni irregolari accertate prima dell’entrata in vigore del decreto legislativo n.8/2016, il che è ancor più indicativo del fatto che si è voluto intervenire a favore del padronato con una sorta di legge ad personam, simile, come logica soggiacente, a quelle cui ci aveva abituato l’ineffabile Cavaliere di Arcore, per i problemucci suoi personali e del suo giro che si erano accumulati negli anni precedenti.
Sulla questione delle false cooperative vale però la pena di spenderci qualche parola in più. Il sindacalismo di base denuncia da anni il loro utilizzo ed anche la magistratura è intervenuta più volte ad indagare e, più raramente, sanzionare il problema, come avvenuto recentemente alla DHL dove, secondo le accuse, ventitré false cooperative sono state usate per esternalizzare 1.573 lavoratori, non pagare i loro contributi, abbattere il carico fiscale ed evadere l’Iva.[1] Come nel caso del decreto legislativo sopracitato, unico intervento legislativo di rilievo in questo campo è stato fatto dal Ministro Poletti che, da ex presidente della Lega Coop, ha pensato bene di depenalizzare la somministrazione di manodopera consentendo alle grandi aziende di appaltare alle false cooperative evitando di essere chiamate in causa sullo sfruttamento dei lavoratori.
Da sempre si usano le cooperative come fonti di evasione fiscale e retributiva, nonché come serbatoi di manodopera sottopagata che, invece, sono di fatto alle dipendenze delle aziende committenti: un palese escamotage per aggirare le norme sul lavoro. Ora c’è chi pensa ad un intervento legislativo delegando alle stesse associazioni delle cooperative il controllo sulla loro genuinità: una curiosa legge che darebbe più potere alle centrali delle cooperative che, di là di tutto, dovrebbero controllare loro stesse!
Se questa è la situazione legislativa, quella contrattuale non è da meno. Solo alcuni giorni fa, le principali associazioni datoriali ed i cosiddetti sindacati maggiormente rappresentativi hanno firmato il contratto nazionale[2] con una miseria insultante di aumento di salario e, per di più, trasferendo soldi dei lavoratori alla sanità privata gestita dalle stesse organizzazioni sindacali e padronali. Nulla hanno sottoscritto sui cambi di appalto che avvengono senza regole ma, soprattutto, nulla viene cambiato sugli obblighi e sulla regolamentazione delle cooperative che, per contratto, hanno la piena licenza di negare gran parte dei diritti ai lavoratori che hanno la sfortuna di dipendervi.[3] È perciò surreale che il Ministero del Lavoro, di fronte alla situazione di grave tensione venutasi a creare, per discutere della situazione della logistica ed intervenire per risolvere almeno alcune questioni, si sia limitato a convocare le medesime organizzazioni sindacali che hanno firmato tali contratti a ribasso fingendo di non vedere cosa succedeva.
Le mobilitazioni di lavoratrici e lavoratori del comparto logistica e dei trasporti hanno perciò radici profonde e non momentanee. Certo, molti altri comparti del mondo del lavoro – per non dire tutti – vivono situazioni estremamente simili in termini di condizioni di lavoro, di contratto e di diritti sindacali: negli ultimi tempi, però, i livelli più alti di mobilitazione a difesa dei diritti del mondo del lavoro li hanno portati avanti i lavoratori e le lavoratrici della logistica e dei trasporti, per motivi che lo spazio di questo articolo ci impedisce di analizzare.
Queste persone, pertanto, agli occhi del padronato appaiono estremamente pericolose, sia per questioni interne al comparto, sia e forse soprattutto per il “cattivo esempio” che potrebbero dare al resto del mondo del lavoro. La morte di Adil è stata solo l’ultimo atto di una lunga serie di attacchi repressivi contro questi lavoratori e lavoratrici, attacchi repressivi che stanno mostrando aspetti sempre più inquietanti: alla classica repressione poliziesca si affianca – e non certo solo dai fatti di Biandrate – l’azione di “civili”, in uno stile che ricorda sempre più certe situazioni latinoamericane.
Nel mese di giugno si erano svolte varie azioni di lotta a supporto di lavoratori e lavoratrici della logistica – in particolare, lo sciopero nazionale della logistica del 18, indetto da SiCobas e CUB, in cui ha trovato la morte Adil Belakhdim. Pochi giorni prima, nel lodigiano, le guardie private al soldo dell’impresa avevano ferito gravemente un altro lavoratore in lotta: per pochissimo non abbiamo da piangere non uno ma due morti.
A Brescia un delegato sindacale della Cub è stato selvaggiamente picchiato sul posto di lavoro da tre connazionali perché si rifiuta di cambiare sindacato. Il compagno viene sospeso e, in attesa del processo, viene trasferito a 60 km da casa sua mentre i tre aggressori continuano a lavorare come nulla fosse accaduto. La cooperativa sostiene che è stato il delegato Cub ad avere aggredito e lo denuncia: per fortuna all’intervento di quel reparto era presente una telecamera che al processo ha mostrato la realtà dei fatti. Altri delegati della Cub sono stati minacciati a nei magazzini di esselunga di Monza e Vercelli, sempre la stessa richiesta/minaccia mafiosa: cambiate sindacato e vedrete che non avrete più problemi… Questi di cui abbiamo parlato sono solo alcuni dei tanti casi dove si vede il modo, quando i lavoratori non si piegano alla volontà dei padroni, questi decidono di punirli.
Lo sciopero, in particolare, coinvolgeva l’intero settore del trasporto aereo, aeroportuale e indotto, comprese le aziende di logistica presenti negli aeroporti, alcune delle quali soggette anche alle restrizioni previste dalla L.146/90. La cosa è importante perché non lasciano dubbi i segnali che arrivano in merito alla “spinta” che il Governo Draghi vuole imprimere nella logistica e nei trasporti: questi pericolosamente coincidono con la volontà diffusa nelle controparti datoriali (e non solo!) di voler includere l’intero settore della logistica nell’ambito dei servizi essenziali in modo da imbrigliare l’efficacia delle mobilitazioni con le norme antisciopero già esistenti nei trasporti, il tentativo di negare il legittimo riconoscimento della rappresentanza sindacale alle organizzazioni che i lavoratori intendono scegliere liberamente ed il comportamento delle forze dell’ordine a fronte di azioni squadriste mirate ad intimidire i lavoratori e bloccare la mobilitazione.
L’omicidio di Adil ed i pestaggi precedenti non vanno perciò ricondotti alla sola responsabilità degli esecutori materiali: questi ultimi sono solo le pedine, magari del tutto od in parte incoscienti del loro ruolo oggettivo, di una violenza padronale che non sembra esitare nemmeno di fronte all’omicidio pur di fermare le lotte dei lavoratori e delle lavoratrici. Coscienti di questo, proseguiamo la lotta per la liberazione del lavoro dalle gerarchie economiche e politiche.
Maurizio Fratus
NOTE
[2] https://www.contrattotrasporti.it/ .
[3] “CCNL TRASPORTO MERCI E LOGISTICA PARTE SPECIALE SEZIONE TERZA – COOPERAZIONE. 1. Le materie di cui agli articoli 4, 5, 16, 23, 33, 36, 55, 56, e 59 del CCNL logistica, trasporto merci e spedizione, vista la specificità dei soggetti di cui alla legge 142/01, là dove applicabili, saranno disciplinate dai regolamenti interni.” Traduzione: gli Art. 4 assunzione, art. 5 periodo di prova, art. 16 indennità lavoro notturno, art. 23 interruzioni, sospensioni lavoro e recuperi, art. 33 trasferimenti, art. 36 preavviso di licenziamenti e dimissioni, art. 55 indennità varie e alloggi al personale, art. 56 contratto a tempo parziale, art. 59 flessibilità possono essere regolati dai regolamenti interni alle cooperative e, quindi, nella sostanza negati ai loro soci.
Qui il comunicato della Federazione Anarchica Italiana (Cdc)