La stretta securitaria imposta dal nuovo pacchetto sicurezza è un ulteriore tassello nel mosaico repressivo del governo. Colpi sempre più duri a chi lotta nei CPR e nelle carceri, a chi si batte contro gli sfratti, a chi occupa, a chi osa fare scritte su caserme e commissariati, a chi fa un blocco stradale.
Le armi saranno liberalizzate per i poliziotti, mentre chi resiste alle loro violenze o decide di difendersi dai loro divieti rischia lunghissime detenzioni.
Il governo ha deciso di fare un disegno di legge che diverrà operativo dopo l’approvazione parlamentare probabilmente all’inizio del prossimo anno. Difficilmente, vista l’ampia maggioranza di cui gode l’esecutivo, potrà essere sensibilmente modificato.
Il fulcro è l’aumento dei poteri di polizia.
Nel nuovo pacchetto ci sono sia inasprimenti normativi per reati già esistenti sia l’introduzione di nuove fattispecie di reato.
Questo ddl si inserisce nel solco già aperto da altri provvedimenti (i decreti rave, Cutro, immigrazione, Caivano) che mirano ai poveri, agli stili di vita non conformi, ai migranti, ai giovani.
Proviamo a vedere cosa sta per uscire dal vaso di Pandora di Meloni.
Per le donne incinta o con bimbi sotto un anno di età c’è il carcere se sono recidive. Una norma che Meloni ha definito “contro il borseggio”. Tradotto in chiaro: nel mirino ci sono le ragazze e le donne rom o sinte che abitano nelle baraccopoli, costrette ai margini di una legalità che tutela sempre e comunque la proprietà privata.
Viene introdotto il reato di occupazione con minaccia che prevede da 2 a 7 anni di detenzione: oggi c’è un anno di detenzione convertibile in una pena pecuniaria. Difficile capire cosa significhi “occupazione con minaccia” , perché chi occupa sceglie case vuote, abbandonate da tempo. Si può ipotizzare che il nuovo reato sia pensato per gli inquilini morosi che si rifiutano di lasciare le case per restituirle al “legittimo” proprietario, resistendo con picchetti animati da solidali. La minaccia di lunghe pene detentive dovrebbe costituire un disincentivo alla lotta.
Una sorta di nuovo Daspo urbano impedirebbe di usare i mezzi pubblici a chi ha precedenti o carichi pendenti per reati contro la persona o il patrimonio.
Un’altra pratica nel mirino sono i blocchi stradali e ferroviari, che, già sanzionati dal decreto Salvini, prevederanno pene altissime per banali atti di protesta politica, sociale e sindacale. Se il decreto Salvini stabiliva il carcere da sei mesi a due anni per chi bloccava la circolazione costruendo barricate, e la sanzione amministrativa di quattromila euro per chi si limitasse ad usare il proprio corpo, il nuovo ddl prevede che l’azione, anche con i soli corpi, costi da sei mesi a tre anni di reclusione e l’arresto in flagranza. Il reato decade se chi blocca accetta di andarsene: un modo per cercare di facilitare il compito della polizia, spesso impegnata nel “duro” lavoro di spostare di peso e manganellare chi si siede per strada o sui binari.
Spetterà ai movimenti sociali rendere meno facile questo compito.
Altri due reati nuovi sono quelli di rivolta in carcere e rivolta nei CPR. Per atti di violenza e anche per semplice minaccia la pena è da 2 a 8 anni: la stessa pena è applicata a chi rifiuta di obbedire ad un ordine. Se la rivolta scoppia in un CPR le pene sono appena più lievi.
Anche questa è una norma ad hoc, che mira ad ostacolare le rivolte che hanno reso inagibili tante prigioni amministrative, obbligando il governo a chiuderle.
Il reato di resistenza a pubblico ufficiale viene sanzionato con un aumento della pena di un terzo se il pubblico ufficiale è un esponente delle forze dell’ordine: la pena minima sale quindi a tre anni. Per capirci: il reato di resistenza a pubblico ufficiale può configurarsi anche per il mero rifiuto di obbedienza agli ordini.
Inasprite le pene anche per le lesioni a pubblico ufficiale che prevederebbero da 2 a 5 anni per le lesioni lievi e lievissime e da 4 a 10 per quelle più gravi. Un’unghia scheggiata può costare una lunga detenzione.
L’aumento delle pene per chi si scontra con la polizia è solo una delle regalie fatte dal governo a chi esercita per suo conto la violenza. Ai poliziotti verrà concesso di acquistare e portare liberamente armi oltre a quelle di ordinanza.
Verranno aumentati anche i poteri di AISE ed AISI, i servizi segreti italiani: gli infiltrati avranno piena facoltà di commettere reati anche gravi. Facile immaginare come, a seconda della convenienza politica del momento, l’ampia discrezionalità data agli agenti, possa essere messa al servizio di uno Stato che, sempre più, si attua come stato di polizia.
Il carcere è previsto per chi consulta su internet i siti che mostrano come fabbricare un ordigno. Ai giudici non servirà nemmeno dimostrare che vi sia lo scopo di commettere un reato: basta leggere e si diventa colpevoli.
Dulcis in fundo. Il reato di incitamento a disobbedire alle leggi diventa più grave e prevede sanzioni più pesanti se commesso in galera. Ogni riferimento a persona realmente esistente deve essere considerato del tutto casuale, ovviamente.
Questo pacchetto sicurezza dimostra in modo chiaro che il governo sta cucendo, sotto forma di leggi dalla valenza universale, camicie di forza studiate appositamente per i soggetti che, nella propria continua campagna elettorale, sono individuati come nemici da colpire.
Si passa dallo stereotipo razzista della borseggiatrice rom sempre incinta alla legge che impedisce a chi potrebbe reiterare il reato di godere della sospensione della pena fino al compimento del primo anno di età del bambino o della bambina.
Si parte dalla criminalizzazione dei movimenti climatici, sociali e sindacali e si stabilisce la galera per chi fa un blocco stradale non violento.
Le lotte nelle carceri e nei CPR vanno perseguite in modo più duro perché è criminale, illegale, fuori norma chi le attua, anche se si tratta di una persona rinchiusa perché priva di un documento.
Si alimenta l’allarme sociale contro chi occupa o resiste ad uno sfratto e poi si disegna una legge per reprimere chi cerca di prendersi un posto dove vivere.
Il diritto penale del nemico, quello che perseguita alcuni gruppi umani più per quello che sono che per quello che fanno ha segnato l’intera azione dell’esecutivo nell’ultimo anno.
La logica di classe e di repressione di chi lotta è connaturata con l’ordinamento giudiziario democratico. I provvedimenti adottati da questo governo la rendono sempre più spudorata e violenta.
Le leggi sono il precipitato normativo che riflette i rapporti di forza all’interno di una società. Oggi i fascisti al governo si sentono forti e giocano tutte le carte a loro disposizione per assicurarsi il controllo e il disciplinamento sociale.
In questo momento l’errore peggiore che potrebbero compiere i movimenti sarebbe puntare sulla prudenza, perché il governo non si fermerà. Spetta a chi si oppone ad un’ordine sociale ingiusto e oppressivo far si che la paura cambi di campo, che l’estendersi delle lotte obblighi il governo a dare marcia indietro.
Maria Matteo