La notizia della morte del compagno Claudio Venza purtroppo non ci ha colt* di sorpresa1, era malato da tempo, ma ha lasciato in tutt* i compagni e le compagne della federazione e non solo una profonda tristezza. Forse è per lenire questo amaro senso di mancanza che tentiamo di scrivere queste poche righe per ricordarlo.
Dopo una primissima esperienza nell’ambiente cattolico, che determinerà per sempre la sua avversione per tutte le chiese (compresa quella del partito comunista come amava raccontare), tutta la sua vita è stata dedicata alla militanza nel Gruppo Anarchico Germinal di Trieste, nella FAI (Federazione Anarchica Italiana) e nel movimento anarchico internazionale.
Come docente di storia contemporanea all’università di Trieste e per un periodo a Barcellona, ha studiato e raccontato con dedizione e rigore la rivoluzione spagnola del ’36-’39, l’unica rivoluzione comunista libertaria tentata in Europa. La sua fine ironia ben si legava con la notevole padronanza della dimensione storica e storiografica del nostro movimento, indigeno e internazionale, non solo della citata Spagna ma anche dei Balcani, in special modo delle tormentate vicende dei nostri territori, al di qua ed al di là del Carso, dilaniati da più di un secolo di odi nazionalisti e di guerre. Tra i tanti libri pubblicati, vogliamo ricordare quello da lui curato con l’aiuto della compagna Clara Germani, che ha fatto conoscere alle generazioni successive la storia di Umberto Tommasini, anarchico internazionalista, friulano di nascita e triestino di adozione, foriero di esperienze e storie incredibili. A tal proposito ricordiamo che quando recentemente ha affidato ad un compagno greco la traduzione del libro di Tommasini, qualcuno gli ha chiesto perché una traduzione in greco e non in inglese o francese, lingue molto più diffuse. La risposta è stata: “Perché lì gli anarchici lottano anche in questo momento e la vita di Tommasini può costituire per loro un faro a cui rivolgersi”. Ormai malato i contatti con il traduttore li teneva Clara, ma quando le venivano posti delle domande o dei chiarimenti, lei andava in ospedale e glieli sottoponeva, un po’ per necessità e un po’ per sviarlo dalla vita ospedaliera; ad ogni domanda prontamente seguivano risposte e chiarimenti, a testimonianza della sua capacità di rimanere sul pezzo fino all’ultimo.
Sicuramente il compagno Umberto ha lasciato un segno indelebile nel modo di pensare e di agire di Claudio, con questo non intendiamo solo l’impegno antimilitarista e antifascista o l’appoggio per chiunque in qualche modo si ribellava (sardine incluse), ma anche e soprattutto nel suo modo di essere.
Disponibile, attento e curioso, cercava sempre di mettere in primo piano la persona assieme alla politica. Cercava di valorizzare i tratti comuni con le altre aree del movimento e di tenere sempre aperto un dialogo anche con quelle molto distanti dal nostro pensiero. Per lui i rapporti e l’empatia erano il collante necessario per dare pienezza ai valori di un anarchismo sociale, organizzato ed etico. Ma, come ha scritto Salvo Vaccaro, “era la sua umanità che spiccava sopra ogni altra qualità, insieme ad una non comune capacità di ascolto, del tutto priva di arroganza o supponenza intellettuale, pur essendo superiore a tant* di noi, quanto meno in altezza!”
Come dimenticare le lunghe chiacchierate e quelle sue domande che a primo acchito sembravano semplici, ma ti portavano nella risposta a metterti in discussione o a fare riflessioni di cui non pensavi di essere capace.
La sua voglia di diffondere il pensiero anarchico è passata, passa tuttora e passerà attraverso i suoi libri e articoli, anche su Umanità Nova, ma non possiamo dimenticare le mille iniziative in cui è stato coinvolto sia come organizzatore che come relatore, come le altrettante attività di piazza; che fossero scioperi, cortei o qualsivoglia tipo di manifestazione era sempre presente per dire la sua, o per diffondere il “Germinal”, oppure per portare il banchetto di libri anarchici. A prova di questo ricordiamo l’ultima denuncia e multa presa nel maggio 2020 per manifestazione non autorizzata. Anche in piena pandemia, non poteva rassegnarsi a non diffondere il “Germinal” il Primo Maggio e, assieme ad altre compagne e compagni, in modo sicuro e distanziato, aveva distribuito il giornale in una Trieste quasi deserta.
Ancora è da ricordare l’ultimo articolo autobiografico scritto per il “Germinal” nell’aprile di quest’anno; quattro foglietti vergati con scrittura tremolante e quasi incomprensibile che raccontano da soli la sua enorme volontà e testardaggine.
Una parte di Claudio che forse non tutt* conoscono è la sua attività di contemporaneo “mecenate”; ha infatti aiutato e collaborato con giovani ricercatori e ricercatrici a cui poch* davano credito, ma ha anche sostenuto economicamente l’uscita di numerosi libri di anarchic* o he avevano come tema l’anarchia e non solo.
E un’altra cosa vogliamo dire con profonda gratitudine: se non ci fosse stato Claudio e il suo consistente prestito in un momento in cui il nostro giornale stava sprofondando nel baratro, molto probabilmente Umanità Nova non sarebbe riuscita a risollevarsi economicamente e a raggiungere “quota 100” ed oltre; quante sono state poi le sue sottoscrizioni, ma anche gli abbonamenti regalati in ogni parte d’Italia, nella speranza, molte volte fondata altre volte no, di proficui rinnovi.
Per non mitizzarlo troppo, usando un po’ di ars dissacratoria anarchica, con affetto ricordiamo che qualche volta prendeva delle cantonate e su certi argomenti, vedi il femminismo, non riusciva a liberarsi da un certo “classicismo”; oppure, certe volte, convinto delle sue proposte, non sentiva ragioni e partiva per conto suo.
È difficile ora pensare che tanti momenti significativi e tante discussioni, talvolta anche forti, diventeranno un ricordo. Caro Claudio, sicuramente hai lasciato un segno sia nella storia del movimento anarchico che in molti compagne e compagni che ti hanno conosciuto. Siamo vicini, in questo non facile momento, alla tua famiglia, agli amici e alle amiche, alle compagne e compagni del Germinal di Trieste. Ora tocca a noi salutarti come eri solito fare tu: abrazos libertarios caro compagno.
Cristina
1 uso il plurale perché questo ricordo è il frutto di scambi tra me e altr* compagn* e penso che, non dico su tutte, ma su molte cose scritte in molt* si ritroveranno.