Da fine giugno a Kadıköy, Istanbul, si susseguono iniziative per il quinto anniversario della strage di Suruç. Le organizzazioni giovanili rivoluzionarie, tra cui la Anarşist Gençlik (Gioventù Anarchica), in queste settimane sono scese nelle strade più e più volte, nonostante le provocazioni della polizia. Hanno scandito slogan e interventi, hanno attraversato le strade del quartiere con cortei e hanno presidiato i luoghi più significativi, in una campagna di lotta e di memoria.
Il 20 luglio saranno 5 anni da quando una bomba esplose nel corso di una conferenza stampa della Federazione delle Associazioni di Giovani Socialisti (SGDF) nel Centro Amara di Suruç. L’attacco fu rivendicato dallo Stato Islamico ma era parte di una più ampia strategia di terrore dello Stato Turco, e colpì dei giovani rivoluzionari, socialisti e anarchici, che stavano per attraversare il confine per partecipare alla ricostruzione di Kobanê. (https://umanitanova.org/?p=1083)
La strage di Suruç è uno dei più sanguinosi massacri di giovani degli ultimi decenni. Dopo questa bomba lo Stato Turco ha scatenato una strategia di guerra e di terrore nel proprio territorio per frenare le aspirazioni di cambiamento dei giovani, la diffusione delle idee e delle pratiche rivoluzionarie tra Turchia e Rojava. Ma come confermano le manifestazioni di questi giorni a Kadıköy la lotta per la libertà non si può fermare.
Nelle scorse settimane le organizzazioni giovanili sono scese in piazza con lo slogan “Suruç için adalet, herkes için adalet” ovvero “Giustizia per Suruç, giustizia per tutti”, e con una presa di posizione unitaria di cui riportiamo alcune parti:
“Siamo di nuovo insieme per commemorare, nell’anniversario del massacro, i 33 compagni che erano in viaggio per realizzare un sogno. 5 anni fa, i nostri compagni, i nostri compagni di lotta, si sono uniti fianco a fianco con solidarietà rivoluzionaria, e hanno detto: «Abbiamo difeso insieme Kobanê, la ricostruiremo insieme». In uno dei più sanguinosi massacri di giovani della storia abbiamo perso i nostri compagni, che erano in viaggio per portare giocattoli ai bambini di Kobanê, per guarire le ferite della popolazione del Rojava. Noi, che riprendiamo sulle nostre spalle la loro lotta, riempiamo le strade quest’anno, proprio come ogni anno, per la giustizia.
È lo stesso sistema capitalista-imperialista, che ha massacrato 33 rivoluzionari a Suruç. La storia delle sue guardie è sfruttamento, guerra, massacro. […] Mentre ad alta voce gridiamo «Giustizia per Suruç, Giustizia per tutti», la nostra voce sta dando voce a Gülistan Doku [studentessa universitaria curda di 21 anni scomparsa dal 5 gennaio 2020 http://www.kedistan.net/2020/01/18/turkey-where-is-gulistan-doku/], trasformandosi in resistenza contro la violenza della polizia, raggiungendo lavoratori intrappolati in un’epidemia o nel ricatto della fame, diventando speranza in queste molte ingiustizie. Il fuoco della lotta, che non può essere estinto a Suruç, continua a crescere esponenzialmente. Nonostante i massacri e le politiche di annientamento, i giovani continuano ovunque a lottare, in particolare nelle università. Conosciamo i complici, i padroni e i mandanti di coloro che hanno effettuato i massacri, da Suruç al 10 ottobre [strage di Ankara del 10 ottobre 2015, 86 morti e 186 feriti in seguito a un attentato esplosivo durante una manifestazione per la pace]. Continuiamo a mantenere vivi i nomi di coloro che sono stati assassinati in ogni luogo in cui ci troviamo, e sappiamo che manterremo vivi i loro ricordi con la nostra determinazione a lottare. Nell’anniversario del massacro, sappiamo che la giustizia può essere conquistata solo per le strade.”
La memoria di questa strage è ancora viva, e non solo nelle regioni dell’Anatolia e della Mesopotamia, ma ovunque nel mondo. A Livorno sabato 18 luglio compagn* della Federazione anarchica livornese e del Collettivo anarchico libertario hanno voluto commemorare con uno striscione le 33 vittime della strage del Centro culturale Amara di Suruç, avvenuta in un luogo importante per la solidarietà internazionalista, dove anche molti solidali livornesi sono passati nel corso degli anni. Lo striscione è stato esposto nel corso dell’iniziativa di inaugurazione dell’installazione RojavaStreet preparata dal Teatrofficina Refugio e dal Collettivo Miranda per rispondere all’appello di RiseUp4Rojava.
A Kadıköy durante una manifestazione unitaria delle organizzazioni giovanili al Parco Mehmet Ayvalıtaş, sabato 18 luglio, la Anarşist Gençlik (Gioventù Anarchica) ha lanciato un appello a partecipare alla commemorazione programmata per il 20 luglio alle 19 al palazzo del Süreyya Opera di Kadıköy. Di seguito riportiamo l’appello dell’organizzazione anarchica giovanile:
“Per cinque anni abbiamo attraversato queste strade per perseguire la giustizia, gridando ogni volta più forte la memoria dei nostri compagni, amici, fratelli e sorelle assassinati. Perché queste sono state separate da noi queste persone, con cui resistevamo insieme spalla a spalla in ogni azione, con cui lanciavamo gli stessi slogan, con la stessa determinazione e lo stesso coraggio, con cui mangiavamo con il cucchiaio dalla stessa zuppa.
Erano partiti con giocattoli e libri che avevano raccolto porta a porta per i bambini, erano partiti per ricostruire Kobanê, la città che era stata dichiarata “caduta” varie volte e era stata saccheggiata dallo Stato Islamico, ma che vinse e riconquistò la vita grazie alla solidarietà e alla resistenza dei Popoli del Rojava. Rispondendo all’appello della SGDF (Federazione delle Associazioni dei Giovani Socialisti), si sono trasferiti a Kobanê per la solidarietà, con le loro bandiere nelle mani, i loro slogan nella loro lingua, la lotta contro tutte le guerre, e la rabbia verso tutti gli stati. Si sono riuniti al Centro Culturale Amara di Suruç il 20 luglio 2015. Volevano poter essere una speranza per i bambini che erano violentemente stressati e impauriti nei giorni in cui la lotta rivoluzionaria sorgeva nella nostra geografia e si accelerava la lotta per la libertà contro l’ingiustizia e la violenza degli stati. Erano partiti per incontrare persone che stavano conquistando la propria libertà. Ma furono assassinati da una bomba di stato.
Cosa è successo dopo? Gli assassini sono stati protetti nonostante tutte le denunce. Coloro che sono stati feriti nel massacro di Suruç, i compagni di coloro che sono stati uccisi, i loro familiari sono sempre stati sottoposti a tentativi di intimidazione anche attraverso la detenzione. Il padre di Vatan, compagno ucciso a Suruç, a otto mesi dal massacro disse a una commemorazione sulla tomba del figlio “le loro idee sono germogliate in altre lotte”. Proprio come al funerale aveva detto di essere “orgoglioso di lui” e che Vatan “non era solo mio figlio, era mio amico, era mio compagno”.
Ciò che è stato scritto dopo le parole che sono state dette, è iniziato con la bandiera nera che non gli è caduto dalla lingua, con la bandiera nera che non ha fatto cadere.
Di Alper è stato scritto delle melodie anarchiche che pronunciava, e della bandiera nera che non è caduta dalla sua mano. Suruç è stato un altro dei massacri più sanguinosi che la geografia abbia mai visto. È stato anche uno degli esempi più potenti della rivoluzione e della lotta per la libertà contro lo stato. Dopo il massacro, la nostra solidarietà divenne più forte, la nostra lotta continuò mano nella mano, fianco a fianco.
Siamo nelle strade da cinque anni. La lotta di Suruç è la nostra lotta, dicendo che non c’è perdono continuiamo la lotta per la giustizia, là dove dovrebbe esservi giustizia. Sappiamo che non possiamo avere giustizia dai palazzi di giustizia dello stato. Gli assassini non sono stati giudicati ma sono protetti tra le mura dello stato. Per questo gridiamo nelle piazze, nelle strade in cui viene dichiarata a voce alta la verità. Continuiamo a dire che nonostante le pressioni, gli arresti, le detenzioni, sarà chiesto il conto di Suruç.
Sono passati cinque anni da quando la collaborazione tra lo Stato Turco e lo Stato Islamico ha fatto esplodere la bomba, ma il dolore per coloro che abbiamo perso e la nostra rabbia nei confronti degli assassini è ancora forte come il primo giorno. Riprendiamo la lotta dei 33 anarchici e socialisti rivoluzionari che morirono nel massacro di Suruç. Verremo a chiedere il conto con le loro bandiere. Nonostante il tempo trascorso e nonostante altri massacri si siano susseguiti, la nostra fede e la nostra lotta stanno crescendo. Non abbandoneremo questa lotta finché non creeremo il mondo libero che sognavano i nostri compagni assassinati!”
Questo è il momento centrale della campagna di lotta avviata nelle ultime settimane in occasione del quinto anniversario della strage, e in questo periodo scendere in piazza significa anche rompere le maglie della repressione che sta caratterizzando anche in Turchia la gestione dell’emergenza sanitaria.
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