Il decreto sicurezza o Legge 1 dicembre 2018, n. 132, è uno degli ultimi capolavori dei governi italiani, atto a schedare, ricattare ed espellere i/le migranti “irregolari” dal territorio italiano. Le misure che tanto piacciono a Salvini e soci altro non sono, però, che un’evoluzione delle varie leggi emanate dai precedenti governi. Questa è, in estrema sintesi, una semplice analisi dei fatti che hanno portato alla fama alcuni sindaci, in base alle loro proteste nonché ad una una loro presunta ed ostentata politica di accoglienza nelle città da loro amministrate.
Citando l’attuale sindaco di Palermo, Leoluca Orlando, il decreto 132 del 2018 “costituisce un esempio di provvedimento disumano e criminogeno. Per queste ragioni ho disposto formalmente agli uffici di sospendere la sua applicazione perché non posso essere complice di una violazione palese dei diritti umani, previsti dalla Costituzione, nei confronti di persone che sono legalmente presenti sul territorio nazionale. È disumano perché eliminando la protezione umanitaria trasforma il legale in illegale ed è criminogeno perché siamo in presenza di una violazione dei diritti umani e mi riferisco soprattutto ai minori che al compimento del diciottesimo anno non potranno stare più sul territorio nazionale”.
A sostenere Orlando, arrivano De Magistris e Nardella: il primo afferma “concederemo la residenza e non c’è bisogno di un ordine del sindaco o di una delibera perché in questa amministrazione c’è il valore condiviso di interpretare le leggi in maniera costituzionalmente orientata e là dove c’è un dubbio giuridico, un’interpretazione distorta o una volontà politica nazionale che tende invece a violare le leggi costituzionali o a discriminare in base a un motivo di tipo razziale, noi non possiamo che andare in direzione completamente opposta rispetto a questo diktat proveniente da Roma“; il secondo, invece, sbandiera Firenze come “città della legalità e dell’accoglienza, e quindi in modo legale troveremo una soluzione per questi migranti, fino a quando non sarà lo Stato in via definitiva a trovare quella più appropriata“.
Le dichiarazioni di questi soggetti sono di un’oscenità aberrante: innanzitutto perché alcuni di costoro, in tempi non troppo lontani, hanno cacciato rom e sex workers e, poi, perché i/le migranti costituiscono la nuova merce elettorale tra cui il potere/dominio cerca di accaparrare voti ed eventuali investimenti economici per poterli sfruttare a dovere nella macchina capitalista. Tali dimostrazioni sono evidenti nella pulizia della Vucciria da parte di alcuni migranti e nell’ostentare, esibendole, sul portone del Palazzo delle Aquile le coperte termiche – usate per salvare i/le migranti.
Nel Gennaio del 2018, l’amministrazione comunale palermitana e la prefettura iniziano la caccia (eufemisticamente definita “monitoraggio” o “piano antiprostituzione”) contro le sex workers – con il beneplacito e sostegno di UDC e M5S, per “migliorare” il decoro e la rispettabilità della città e dei cittadini.
Sul tema delle sex workers, Vincenzo Figuccia, deputato regionale dell’UDC ed ex assessore regionale per l’energia e i servizi di pubblica utilità, aveva rilasciato la seguente dichiarazione:
“In Sicilia le città, soprattutto quelle metropolitane, sono diventate luoghi dove la criminalità organizzata sfrutta la prostituzione. Non dà la misura della civiltà un Paese che si volta dall’altro lato rispetto a un fenomeno come la prostituzione che se regolamentato porterebbe gettito fiscale e garantirebbe anche verifiche sanitarie. Faccio appello al parlamento regionale affinché si intesti una battaglia per una legge nazionale sull’esercizio della prostituzione che riporti decoro nelle nostre città, togliendo dalle grinfie della malavita migliaia di persone. Paesi cattolici dell’Ue hanno fatto passi importanti per tutelare chi sceglie di prostituirsi. Non è ammissibile che alla criminalità si diano vantaggi incredibili per lucrare anche su questo.” (La Sicilia, 16 Gennaio 2018)
Prima di dedicarsi alla sponsorizzazione della legalizzazione e tassazione della prostituzione, Figuccia in passato aveva presentato all’Assemblea Regionale Siciliana il progetto di legge sulla “Giornata della famiglia” perché “la famiglia è il pilastro della società, insegna ad ogni individuo i valori della solidarietà e del rispetto, rappresenta il primo avamposto della legalità” (Palermotoday, 26 Agosto 2014). La morale della famiglia come pilastro della società (specie siciliana), serve a rafforzare e perpetuare un sistema fortemente gerarchico. Nel caso siciliano, la famiglia – di qualsiasi estrazione economica – è dominata dalla figura del padre che decide e controlla tutto. Alla base di questo dominio totale, vi è il modello culturale religioso, fatalista ed individualista da “mors tua, vita mea” che permea il tessuto sociale siciliano e che il nostro, evidentemente, ritiene compatibile con lo sfruttamento economico, sia pure statale, della prostituzione.
Il modello familiare così descritto viene nascosto ed idealizzato dal citato Vincenzo Figuccia per conquistare i voti dell’elettorato cattolico siciliano medio e tenersi buono e caro il clero. Queste morali spicciole e farlocche in Sicilia sono sempre state utili per giustificare l’operato del clero, della burocrazia, delle forze dell’ordine, della borghesia e della tanto vituperata mafia nel controllo e nel dominio del territorio siciliano.
Nel caso dei rom a Palermo abbiamo dei capolavori politici di indubbia finezza. Sgomberato il campo rom (o ghetto rom) all’interno del Parco della Favorita nel Luglio 2018 tramite ordinanza comunale, costoro vengono mandati nelle case occupate da famiglie italiane. Tra Agosto e Settembre dello stesso anno, scoppia il caso “Case ai rom” dove alcuni residenti e occupanti abusivi inscenano proteste (supportati dai gruppi fascisti locali) contro tale decisione del Comune. Alla fine viene raggiunto un accordo secondo il quale le due “etnie” dovranno convivere. Il fatto che Orlando e soci abbiano sgomberato i/le rom (considerat* ancor oggi criminali e feccia della società) non è certo dovuto a carità o pietà umana di cristiana memoria. Il Parco della Favorita si trova all’interno della Riserva naturale “Monte Pellegrino” ed è una delle aree verdi più grandi presenti a Palermo. Esso è però anche un potenziale centro turistico da sfruttare, come dimostrato dall’equiparazione con il Central Park di New York o dal fatto che si invochi l’utilizzo delle forze dell’ordine per debellare prostituzione e violenza e, quindi, far vivere il Parco.
Come descritto nell’Introduzione della Prima Parte del nostro lavoro sulla “Turismocrazia”, “il turismo in Sicilia, giudicato per decenni come settore economico marginale (principalmente a causa dello stato delle infrastrutture stradali e della burocrazia lenta e costosa), è visto oggi giorno come un’ancora di salvezza. Forte dei finanziamenti europei e del governo centrale, la classe dirigente politico-economica siciliana si appresta, dunque, a trasformare il territorio siciliano in un enorme “Parco Divertimento”.[1]
“E allora, diciamocelo! “ (…) meglio la democrazia che il fascismo.
Meglio la libertà relativa che la schiavitù assoluta.
Meglio l’influenza che la polmonite.
Meglio non avere un occhio che non averli entrambi.
Meglio un accidente secco dell’agonia atroce dell’idrofobia.
Tra due mali, il minore è sempre preferibile al peggiore.”[2]
A forza di inseguire il meno peggio, si cade nel baratro.
Gruppo Anarchico Chimera
NOTE
[1] https://gruppoanarchicochimera.noblogs.org/post/2018/09/17/turismocrazia-parte-prima-il-tessuto-urbano/
[2] “Meglio la democrazia!“, L’Adunata dei Refrattari, 25 Dicembre 1943.