È singolare, almeno per chi scrive queste note, che eventi minori e marginali suscitino sovente le domande che in realtà, sulla base ovviamente della sua formazione, ritiene più importanti.
Nel caso dei gilets jaunes è avvenuto che il 5 dicembre, nel corso di una delle assemblee che hanno preceduto e preparato la grande manifestazione NO TAV dell’8 dicembre, il noto meteorologo Luca Mercalli abbia attaccato, a partire da un approccio ambientalista radicale, il movimento dei gilets jaunes accusandolo di opporsi a misure governative condivisibili visto che erano volte a ridurre il consumo di carburate mediante il semplice escamotage di aumentarne il prezzo.
Gli era apparso in quel momento singolare che uno dei mentori del movimento NO TAV attaccasse con tanta asprezza un altro movimento di rivolta ma è evidente che un ambientalismo unilaterale come quello di Luca Mercalli e, per la verità, di gran parte della platea che affollava la sala del 6 dicembre, stenta non dico a condividere ma a comprendere le ragioni dei gilets jaunes.
Basta leggere “Sur le mouvement des Gilets jaunes” supplemento al numero 19 ¨C novembre 2018 – della rivista libertaria “Temps Critiques”i per comprendere la natura contraddittoria dell’ecologismo che non si misura con la contraddizione capitale/lavoro.[1]
Infatti, contrariamente ai luoghi comuni,[2] non sono affatto i poveri che inquinano di più ma i più ricchi e, soprattutto, il tasso di inquinamento non può essere calcolato in termini individuali ma va posto in relazione con il sistema produttivo e sociale.
Secondo le ricerche nel merito un membro delle classi superiori inquina in misura straordinariamente superiore rispetto a un operaio, cosa che dimostra che l’immagine dei gilets jaunes come dei grossi buoi inquinatori è una menzogna ideologica. Certo, essi prestano molta meno attenzione alla questione ideologica dell’ecologia rispetto ai membri delle classi dominanti e, in particolare, ai ceti che si vogliono colti ma le loro pratiche sono assai meno contraddittorie rispetto a quelle delle classi medie e superiori.
Basta, a questo proposito, viaggiare nei treni suburbani che collegano Parigi alla sua immensa periferia e godere dello spaventoso sovraffollamento che li caratterizza per averne consapevolezza.
Ma contro i gilets jaunes in Francia, e di conseguenza in Italia, altre accuse si sono subito levate. Si è detto che sono razzisti, omofobi, fascisti. A questo proposito vale la pena di lasciare la parola a Alain Bihr[3] del quale pubblico un lungo brano tratto da “I ‘gilets gialli’”: un sollevamento popolare contro il secondo atto dell’offensiva neoliberista”.
“Le “anime belle” della sinistra e di parte dell’estrema sinistra hanno anche accusato questo movimento di essere al traino della destra e dell’estrema destra. Queste accuse sono state lanciate sulla base dell’osservazione di slogan o comportamenti sessisti e razzisti all’interno dei collettivi di “gilet gialli”; della presenza in gruppi di dimostranti di simboli o marcatori della destra o dell’estrema destra nazionalista (la bandiera tricolore, la marsigliese); del sostegno immediato ai “gilet gialli” da parte dei leader dell’estrema destra o della destra estrema (Le Pen, Dupont-Aignan, Vauquiez) che cercano di recuperare il movimento per i propri fini, e della partecipazione dei militanti dell’estrema destra ad alcuni dei loro collettivi. Anche se molte volte i “gilet gialli” si sono dichiarati “apolitici” (ed è vero che l’apoliticismo è piuttosto di destra), si può comunque rispondere a simili accuse. A parte il fatto che le azioni e le parole razziste o sessiste sono rimaste proprie di una minoranza, i “gilet gialli” non hanno purtroppo il monopolio del sessismo o del razzismo. Da questo punto di vista, gli attivisti e le organizzazioni di sinistra e di estrema sinistra farebbero bene a spazzare il terreno davanti alla loro porta. Inoltre, aspettare che un movimento popolare spontaneo sia ideologicamente puro per sostenerlo e intervenire, equivale a condannare se stessi all’impotenza, e mettere il carro davanti ai buoi: richiedere come punto di partenza ciò che può essere solo un punto di arrivo. Inoltre, sostenere che marcatori come il tricolore e la marsigliese siano dei contrassegni solo della destra o dell’estrema destra, è assai discutibile. Si può facilmente ricordare il retaggio rivoluzionario ad essi collegato, che rimane l’unico a disposizione delle popolazioni private di ogni altra eredità rivoluzionaria. Ultima, ma non meno importante, è la considerazione che nel movimento dei “gilet gialli” non è tanto la presenza di elementi nazionalisti di destra o di estrema destra che deve allarmarci, quanto l’assenza della sinistra e dell’estrema sinistra per controbilanciarli e cacciarli dal movimento.”
L’articolo di Alain Bihr è del 2 dicembre, si deve tener conto del fatto che quello dei gilets jaunes è, in senso proprio un movimento con un’interna dialettica ed evoluzione ed io stesso fra il 14 ed il 15 dicembre ho raccolto, nel pieno delle mobilitazioni, dirette testimonianze di compagni che fanno parte del movimento dei gilets jaunes che hanno posto l’accento sul fatto che, col crescere della rivendicazione dei diritti dei lavoratori salariati ed autonomi contro i privilegi delle classi dominanti[4] e con l’allargarsi del movimento, le componenti riconducibili alla destra sono state poste ai margini.
Il fatto è che, anche superando i comprensibili dubbi, l’atteggiamento di vasti settori del movimento dei lavoratori è cambiato, a mio avviso, in meglio. Basta, a questo proposito, leggere un brano di un appello dell’Union Syndacale Solidaires del 12 dicembre, il principale sindacato alternativo francese:
“L’Union Syndacale Solidaires invita ad amplificare ed a fare convergere le mobilitazioni attuali per la giustizia sociale e fiscale, contro la riforma Blanquer della formazione, contro l’aumento dei costi per l’iscrizione all’università. Il governo e il padronato non cederanno su nulla se non agiremo insieme e se non eserciteremo un’adeguata pressione. L’Union Syndacale Solidaires sostiene le mobilitazioni dei giovani. I sindacalisti di Solidaires aiuteranno gli studenti e e studentesse nelle loro mobilitazioni, in particolare per proteggerli il più possibile dalle violenze poliziesche.
Invitiamo a fare di venerdì 14 dicembre una giornata di sciopero intercategoriale nel settore pubblico come in quello privato. Il nostro obiettivo è di proporre al maggior numero possibile di salariate e di salariati di mobilitarsi e di tenere ovunque è possibile delle assemblee generali per decidere le loro modalità d’azione e di valutare cosa può essere fatto nei giorni seguenti in particolare con i Gilets Jaunes. Solidaires raggiungerà sabato 15 dicembre le mobilitazioni dei Gilets Jaunes. Non si tratta di “imporsi” o di “recuperare” ma di convergere e di agire insieme e di amplificare ciò che esiste già in molte direzioni.”
Facciamo, a questo punto, un passo indietro. Come si è sviluppato il movimento dei gilets jaunes, con quali forme di azione, coinvolgendo quali settori sociali è noto.
Il governo francese negli ultimi anni ha colpito metodicamente le classi subalterne e favorito quelle superiori nel convincimento che questa strada apra la via al rilancio dell’economia e la stessa recente ed importante mobilitazione dei ferrovieri non è riuscita a costringerlo a tornare indietro.
D’improvviso la rivolta si è accesa nelle periferie geografiche e sociali della Francia: l’ennesimo aumento del prezzo della benzina, giustificato, come si è visto, con la pretesa di proteggere l’ambiente, ha spinto vasti strati di lavoratori che risiedono in piccoli centri e che, anche grazie alla mancanza di alternative, devono ricorrere all’auto per andare al lavoro percorrendo decine di chilometri, per accompagnare a scuola ai figli, per andare a fare la spesa, ecc. sono entrati in mobilitazione dando vita un numero impressionante di blocchi stradali.
È da rilevare l’effetto micidiale, per i nostri avversari, della combinazione fra comunità locali, veri e propri raggruppamenti di prossimità, e la rete internet che permette di coordinare centinaia se non migliaia di azioni contemporanee.
Si tratta di lavoratori che, di norma, non hanno appartenenze politiche e sindacali e che, di conseguenza, non hanno una formazione “militante” e che sono invisibili sia al governo e alle classi superiori sia alle stesse organizzazioni politiche e sindacali del movimento operaio.
La stessa scelta, come simbolo, dei gilets jaunes è indicativa, la legge obbliga gli automobilisti a tenere in macchina un gilet giallo da indossare quando si deve arrestare la macchina stessa in strada e quindi ognuno aveva già a disposizione un simbolo da utilizzare facilmente.
Il governo si è trovato in evidenti difficoltà, non ha interlocutori con cui trattare, da ricattare o da corrompere, la stessa delegittimazione dei “corpi intermedi”, partiti e sindacati, che lo ha caratterizzato lo ha messo in difficoltà.
Alla rivolta dei piccoli centri si sono aggiunte le rivolte urbane parigine che hanno visto con ogni evidenza la discesa in campo del popolo dell’abisso delle banlieues, dei giovani che, quando ve n’è l’occasione, vanno a “fare la spesa” nel centro borghese.
Di fronte all’incrudirsi della situazione vi è stata, finalmente!, una discesa in campo di parte del movimento sindacale, oltre all’Union Syndacale Solidaires, la CGT, il principale sindacato francese, ha indetto sciopero e, a Parigi, hanno manifestato e scioperato anche Force Ouvriere, il sindacato che corrisponde all’italiana UIL ma che è più forte e radicale ed il potente sindacato unitario degli insegnanti FSU.
La manifestazione sindacale del 14 dicembre a Parigi era decisamente numerosa anche se, per le dimensioni della città, non enorme. Colpiva, per un verso, la radicalità delle parole d’ordine e la vivacità del corteo ben diverso dalle passeggiate dei sindacati istituzionali italiani ma anche il fatto che, con l’esclusione dell’Union Syndacale Solidaires, non vi era contaminazione con i gilets jaunes. Casomai erano molti i gilets rouges dei militanti della CGT, era, in altri termini, una manifestazione combattiva ma classica e, come mi è stato confermato, era scarsamente presente l’area più radicale del movimento che è scesa in piazza con i gilets jaunes il 15 dicembre. Pure, in quel momento, sentivo con forza che quel corteo e le iniziative dei gillets jaunes erano figli della stessa collera, una collera che si esprime con linguaggi diversi ma che ha le medesime radici sociali al punto che si può parlare di una rivolta etica.
Il 15, a quanto se ne può capire mentre scrivo, è stato caratterizzato da una situazione di difficoltà, l’attentato di Strasburgo ha fatto il gioco del governo, le “concessioni”[5] dello stesso governo, in un momento di sconcerto per l’attentato e di stanche dopo tanti blocchi stradali e manifestazioni, arresti e pestaggi ecc., potrebbero trovare ascolto nei settori più “moderati” del movimento.
Nonostante ciò, a Parigi vi è stato un corteo di alcune migliaia di gillets jaunes su posizioni di ultrasinistra, il primo risultato dello sforzo di porre in connessione i due movimenti.
In, provvisoria, conclusione, una mobilitazione combattiva e radicale di settori sociali in precedenza, per molte e comprensibili ragioni, passivi ha costretto il governo a concessioni che, per quanto limitate, rendono evidenti le sue difficoltà e, nello stesso tempo, ha stimolato all’azione i settori più combattivi del movimento sindacale.
Soprattutto arriva un segnale che può essere ripreso altrove, nasce un potente mito sociale e si rende evidente che sono possibili, soprattutto per i settori della classe meno concentrati, forme di azione che colpiscono l’ordinato funzionamento della società e determinano un rapporto di forza favorevole. In forme nuove, la buona vecchia azione diretta.
Cosimo Scarinzi
NOTE
[1] http://tempscritiques.free.fr
[2] Vale la pena, a questo proposito di ricordarne la raffigurazione caricaturale nel fumetto “Alan Ford”, il mitico Superciuk https://it.wikipedia.org/wiki/Superciuk.
[3] Conosciuto in Italia soprattutto grazie al libro “Dall’«assalto al cielo» all’«alternativa». Oltre la crisi del movimento operaio europeo” edito nel 1998 dalle BFS edizioni ma anche per “L’avvenire di un passato. L’estrema Destra in Europa: il caso del Fronte Nazionale francese” edito da Jaka Book nel 1997.
[4] Ma anche grazie alla presenza di molti compagni che si sono buttati nella mischia senza alcun aristocratico disprezzo per le classi subalterne “incolte”.
[5] Da un comunicato dell’Union Syndacale Solidaires: “Non ci sono sorprese: qualche misura sociale, un ‘aumento’ di 100 euro al mese del salario minimo che integra l’aumento previsto dalla legge e già annunciato dell’1,8% previsto in gennaio e che sarà finanziato dallo Stato (dunque il bilancio prevede la soppressione delle quote in capo ai padroni!), un premio straordinario a discrezione dei padroni, una detassazione fiscale e previdenziale per le ore di lavoro straordinario, l’annullamento dell’aumento dei contributi per la sicurezza sociale ai pensionati che guadagnano meno di 2000 euro. Questi annunci sono ben lontani dal costituire una svolta nella politica di questo governo. Emmanuel Macron finge di dimenticare che ha aggravato le politiche neoliberali che avvantaggiano le imprese e i ricchi a detrimento dell’interesse generale e dei precari, delle donne, delle disoccupate e dei disoccupati, dei pensionati e delle pensionate, dei giovani. Non c’è stata nessuna svolta importante, si grava ancora sul bilancio dello Stato mentre non viene posto alcun vincolo alle imprese ed alle grandi fortune… La questione di una più giusta ripartizione della ricchezza è totalmente esclusa. Niente di importante per i salari, le pensioni, il reddito minimo sociale, le rivendicazioni degli studenti, niente per un’effettiva politica ecologica, niente per lo sviluppo dei servizi di prossimità o dei trasporti in comune, niente per i lavoratori e le lavoratrici del pubblico impiego… questo mentre la risposta repressiva ed autoritaria del governo è ancora in vigore. Peggio ancora, diviene più dura!
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