Sciacallaggio statale

 Il 24 aprile del 1915, le autorità ottomane cominciano i primi arresti tra l’elite culturale armena. Di lì a poco il governo ottomano predisporrà la deportazione coattiva di tutta la popolazione armena verso le aree interne dell’impero ottomano, ufficialmente perchè popolazioni di non sicura fedeltà in quanto cristiani ortodossi filorussi. In realtà l’uccisione di 1,5 milioni di armeni, le deportazioni forzate, i soldati armeni trasferiti nelle compagnie di disciplina mandate al massacro, furono uno dei punti della ultradecennale politica nazionalista dei “Giovani Turchi” che puntava ad avere uno Stato-Nazione etnicamente omogeneo, che poi si concretizzerà nella Repubblica di Turchia fondata da Kemal Ataturk nel 1922.

In un secolo di storia, qualsiasi governo turco, sia stato esso kemalista o islamista(come l’attuale regime Erdogan-Davutoglu), ha sempre negato il carattere genocidiale dell’evento. Le parole di Papa Francesco hanno provocato una reazione scomposta della classe dirigente turca: dalle minacce di Erdogan di deportare tutti gli armeni residenti in Turchia alle esternazioni del premier Davutoglu e del Gran Muftì di Ankara.

Questa santa alleanza non deve sorprendere. Il genocidio degli armeni fu un tassello fondamentale nella costruzione dell’identità turca e islamica del nuovo stato-nazione, assieme al saccheggio e alla devastazione di tutti gli altri gruppi non-musulmani(assiri, greci, curdi cristiani) non musulmani dell’epoca tardo-ottomana. Il genocidio è alla base stessa della Repubblica Turca. Ogni ammissione del genocidio sarebbe una minaccia alle fondamenta dello stato. Il governo ha bisogno non solo di negare ma anche di giustificare indirettamente il genocidio per riaffermare la sua esistenza.

Di qui l’anticipazione di un giorno della commemorazione della battaglia di Gallipoli, in cui Kemal, allora generale dell’armata imperiale ottomana, sconfisse le forze dell’Intesa che tentavano di forzare gli Stretti. E le continue pressioni che funzionari turchi fanno sui governi stranieri per assicurarsi che la parola genocidio non sia utilizzata in nessuna commemorazione ufficiale dell’evento. O i processi a Orhan Pamuk e Hrat Dink e l’omicidio di quest’ultimo. E l’ipocrisia dell’Europa nel passato è stata evidente: tra la Turchia secondo esercito della NATO e la Repubblica Socialista Sovietica Federata Armena era evidente chi il mondo occidentale avrebbe scelto. D’altro canto la stessa URSS negò il genocidio per non accendere il nazionalismo armeno dentro i suoi confini e diede disposizioni al Partito Comunista Turco di fare altrettanto.

All’interno di tutta questa questione il sottinteso politico delle parole del Papa è evidente: paragonare il genocidio armeno con i massacri di cristiani nelle ex- provincie arabe del fu impero ottomano mira a coagulare attorno al “nuovo” sovrano vaticano, il tenero Bergoglio, i consensi dei cristiani delle più svariate confessioni nella lotta contro il nuovo “Feroce Saladino” Abu Bakr al Baghdadi. Il fatto che ciò abbia provocato la scomposta reazione neottomana è un effetto collaterale assolutamente messa nel conto, soprattutto adesso che è ormai evidente che la Turchia è fuori dall’UE perchè i limiti che questa le imporrebbe sono ormai incompatibili con le sue mire egemoniche da potenza regionale in uno scontro a tre con le petrolmonarchie del golfo e l’Iran sciita.

All’interno dell’esistente, in cui ognuno mira a una sua fetta di egemonia, che sia essa politica e/o militare, sarebbe assurdo pensare che Santa Romana Ecclesia sfugga a tutto ciò, e anche le vicende storiche del passato sono un campo di battaglia: il pacifismo di Benedetto XV durante la prima guerra mondiale e i richiami all’ “inutile strage” erano finalizzati ad impedire il crollo del regno asburgico, baluardo cattolico nell’Europa dell’est, tanto che Giovanni Paolo II fece beato l’ultimo sovrano austroungarico e come il suo predecessore di allora sostenne anche finanziariamente l’indipendenza prima e l’ingresso nell’UE poi della Crozia ultracattolica di Tudjman per avere egemonia a livello continentale.

E quindi al Grande Gioco mediorientale vale negare che le simpatie vaticane andavano allo stesso schieramento di cui faceva parte l’impero ottomano e le collaborazioni austrotedesche alle deportazioni degli armeni.

E si gioca sul cadavere di un popolo massacrato.

Alberto La Grutta

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