Da settimane sono ripresi e proseguiranno i blocchi davanti al cantiere della base militare statunitense MUOS: attiviste e attivisti, mamme, padri e figli, abitanti di Niscemi e non, tutti uniti nell’obiettivo di impedire l’ingresso agli operai che continuano a portare avanti i lavori in cantiere – al fine di ottimare la messa in funzione del MUOS. La recente risposta del TAR, a seguito della “revoca della revoca” dell’ARS, dichiara illegittimo l’iter amministrativo che autorizza il prosieguo dei lavori. Tuttavia un passamontagna in capo agli operai consente che, in modo ancor più evidentemente abusivo, questo iter capitalista e mafioso abbia un seguito. Il movimento no Muos, in merito a ciò, agisce dunque con una doppia consapevolezza: se la risposta del TAR Sicilia, dentro la narrazione pubblica, rafforza la giustezza del percorso di lotta sin ora portato avanti – in quanto smaschera l’illegittimità di quanto sta accadendo – d’altra parte essa, per soggetti che lottano a favore dell’autodeterminazione dei territori e dei popoli, non risulta sufficiente a considerare chiusa la partita. Questa specifica battaglia potrà considerarsi vinta solo quando ogni centimetro cubo di quel territorio sarà liberato dalla nocività delle radiazioni prodotte, solo quando ogni angolo del pianeta cesserà di essere minacciato dalla potenza bellica di quell’ecomostro; solo quando le parabole del MUOS e le 46 antenne NRTF verranno smantellate. Così ieri, 8 marzo, il movimento no muos decide di mobilitarsi collettivamente, con le donne in prima linea: le mamme no muos non accettano più soprusi sulla loro pelle e su quella dei loro figli, e così, dopo una mattina di interventi di denuncie nella piazza principale di Niscemi, nel pomeriggio marciano col volto coperto da passamontagna in testa al corteo che ieri ha attraversato la sughereta in contrada Ulmo, per manifestare contro le nocività e contro la guerra. “Non consideriamo questa data una ricorrenza, né, tantomeno, una occasione per festeggiare, bensì un modo per far vivere la lotta dentro una memoria viva, fatta dalla coscienza di un passato e di un presente di violenze patriarcali e capitaliste”. Durante il tragitto in fiamme i fantocci di Renzi e di Obama, a simboleggiare il dissenso verso sistemi politici assolutamente inadeguati a prendere in carico i bisogni reali delle popolazioni in quanto fondati su una vuota rappresentanza, sulla mancanza di partecipazione orizzontale nelle decisioni politiche, su un rapporto aggressivo con la natura fatto di violente estrazioni di energia e di guerre devastanti volte a consolidare le attuali potenze coloniali. Dissenso contro un sistema sessista, che si regge sulla vittoria dei più forti sui più deboli, delle vecchie generazioni sulle nuove, degli uomini sulle donne.
A fine corteo sono state deposte le mimose dinnanzi al cancello 1 della base: con questo gesto simbolico, l’8 marzo, le donne no muos comunicano la loro volontà di non sottostare ai grandi giochi imperialisti, “non ci interessa l’odore di una mimosa morta che alimenta un business mondiale, bensì il profumo di una terra viva come la sughereta di Niscemi, il profumo dei corpi in lotta per la liberazione dei territori dalla militarizzazione e dalle nocività”.Sebbene l’ 8 marzo sia una data storicamente controversa, che rievoca, purtroppo, numerosi tragici avvenimenti tra cui il rogo di 123 operaie e 23 operai arsi vivi dentro la fabbrica newyorkese di Triangle il 25 marzo del 1911, per il movimento no Muos fa sentire istantaneamente l’odore acre del corpo di Özgecan Aslan, violentata e arsa viva pochi giorni fa a Mersin, nella Turchia del sud. Lì vicino, e non solo, oggi un movimento determinato con alla guida delle donne armate di kalashnikov si sta difendendo e rimpossessando dei territori e di una dignità, libera dalle sopraffazioni sul popolo curdo da parte degli “automi” dell’Isis, ovvero di quelle che sappiamo essere macchine biopolitiche create ad hoc per garantire la spada del controllo capitalistico sulle popolazioni. E’ con loro che le donne no Muos hanno un nemico in comune. Lo stesso nemico che sorregge il patriarcato e alimenta un sistema che antepone i profitti economici al valore di ogni singola vita. Un 8 marzo che ha prodotto, dunque, simboli e messaggi, che parla della volontà di proseguire questo percorso e dà appuntamento al 4 aprile, giornata di mobilitazione nazionale. Non c’è da fidarsi della legge, non sono sufficienti delle sentenze amministrative a calmare gli animi o a far cessare la sete di libertà. Sono in programma varie tappe di conflitto che possano portare ad un allargamento della consapevolezza collettiva e della partecipazione: così che i nostri territori cessino di essere “meta di fughe”; così che la Sicilia faccia rinascere la tradizione che scegliamo, come terra crocevia di scambi culturali, politici ed emotivi, isola aperta, focolaio di rivoluzioni antisistemiche e di rivolte contro le ingiustizie.
I.R. Mov NO MUOS