Sabato 20 maggio, in Largo degli Arditi del Popolo a Civitavecchia è stato finalmente inaugurato il monumento dedicato alla memoria dei “seicento civitacchiesi che per primi si opposero al fascismo”.
Il blocco di marmo, posto in un fioritissimo spazio verde del centro, a poche decine di metri dal busto dedicato a Pietro Gori e dalla sede della cooperativa Compagnia Portuale, richiama la bandiera – nera o forse rossa – che nel 1921-22 fu dell’agguerrito Battaglione degli Arditi del Popolo – Sezione di Civitavecchia – con il simbolo dell’ascia che spezza il fascio littorio.
La giornata rientrava tra le iniziative per il 120° anniversario della fondazione della Cooperativa Compagnia Portuale, da anni impegnatasi per la realizzazione di questo riconoscimento all’esperienza ardito-popolare a cui aderirono moltissimi scaricatori e lavoratori del porto che si opposero in armi allo squadrismo fascista.
Il percorso per la posa del monumento è stato tutt’altro che breve – oltre un decennio – ed ha dovuto vincere difficoltà burocratiche ed ostilità politiche, ma grazie alla convinzione e al sentito contributo di antifascisti, portuali, parenti di arditi del popolo e studiosi – tra questi, in particolare, lo storico civitavecchiese Enrico Ciancarini – ha potuto vedere l’esito voluto.
Prima dello scoprimento in piazza della lapide, si è svolto un affollato incontro pubblico presso la sala Ivano Poggi della CPC, con gli interventi storici di S. Antonini, E. Ciancarini, E. Francescangeli e M. Rossi, seguiti da numerosi interventi e testimonianze, spesso attraversate dall’emozione, che hanno ricordato le vicende di figure e nuclei familiari – quali quelli dei Salerni, dei Corvi, dei Luciani, dei Millo – che hanno rappresentato l’anello forte dell’intransigente antagonismo cittadino.
L’esperienza civitavecchiese degli Arditi del Popolo, nata nell’ambito della Lega Proletaria degli ex-combattenti, ebbe infatti alcuni caratteri peculiari: la consistenza numerica, l’organizzazione armata, la larga partecipazione popolare, l’intreccio di parentele sovversive e la forte connotazione libertaria.
“Leggendo le loro schede inserite nel Casellario Politico centrale – ha scritto Enrico Ciancarini – è facile riscontrare gli stretti legami familiari esistenti fra i vari membri del battaglione degli arditi. A Civitavecchia il movimento anarchico ha una grande tradizione iniziata nell’Ottocento e proseguita fino al secondo dopoguerra. I padri trasmettevano ai figli i loro ideali politici e sociali. Nella perquisizione che nel 1919 la polizia effettua nel circolo ‘Pietro Gori’ rinviene una bandiera nera con frangia rossa. Nel battaglione civitavecchiese degli arditi del popolo la frazione anarchica è quella predominante ed è quella che esprime i vertici dell’organizzazione paramilitare che nasce ufficialmente il 17 luglio 1921” (“Il fascio spezzato”, in Red Star Press, 2016).
Il monumento di Civitavecchia – così come è stato messo in evidenza durante il dibattito – rappresenta, a tutti gli effetti, una felice eccezione nel panorama nazionale delle lapidi dedicate al primo antifascismo, anche perché è l’unico specificatamente e collettivamente dedicato agli Arditi del popolo.
Esistono soltanto le lapidi individuali in ricordo di alcuni dirigenti (Picelli e Cieri) e di alcuni caduti in azione (Semenzato a Dolo, Filippetti a Livorno), oltre ad una targa in ricordo del fondatore Argo Secondari a Rieti. Mentre a Parma il bel Monumento alle barricate dell’agosto 1922, pur recando i nomi di molti arditi del popolo, di fatto non li menziona come tali; per non parlare di Sarzana dove, paradossalmente, le due lapidi che ricordano la vittoria antifascista del 21 luglio 1921, eludono completamente il ruolo della resistenza armata popolare, preferendo commemorare le forze dello Stato nella persona del capitano dei carabinieri Jurgens che, pur avendo ordinato di sparare sugli squadristi, il giorno precedente aveva provveduto a perquisire e disarmare gli antifascisti sarzanesi.
Come ben sottolineato da Eros Francescangeli nel suo intervento al convegno, questa rimane una pagina di storia dalla quale – piaccia o meno – risalta il carattere sovversivo ed anticapitalista del primo antifascismo, così come il fatto che si trattò dell’inizio di una lunga guerra civile e di classe in cui lo Stato non solo non fu neutrale, ma permise l’affermazione della controrivoluzione di Mussolini, prima nelle piazze e poi in parlamento.
Per questo, in una giornata ricca di significati e simboli di lotta, non può non stonare, oltre al disinvolto protagonismo delle autorità istituzionali, la presenza di polizia e carabinieri che, ancora oggi, non stanno certo dalla parte di chi pratica l’antifascismo e l’antirazzismo.
L’incaricato