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Erri De Luca: “Tutto dipende da come si muove la mano”

Erri De Luca: “Tutto dipende da come si muove la mano”

Erri De Luca: “Di fronte all’istigazione alla quale aspiro, quella di cui sono incriminato è niente”

Sabotaggio: è questa la parola per la quale Erri De Luca dovrà subire un processo. Un giudice, “in nome del popolo italiano”, dovrà decidere se con quelle dieci lettere pronunciate in un’intervista on-line e ribadite ad un’agenzia di stampa lo scrittore abbia istigato a compiere reati per interrompere i lavori della linea Alta Velocità Torino Lione. “Istigazione”. Ecco l’altra parola che renderebbe, secondo l’accusa, Erri De Luca colpevole e quindi da condannare.

Nel suo ultimo libro “La parola contraria” lo scrittore spiega il senso dell’una e dell’altra arrivando a dire: «Accolgo di buon grado una condanna penale, non una riduzione del vocabolario». Non solo: rivendica la natura potenzialmente eversiva della scrittura e dunque delle parole. «Uno scrittore», scrive De Luca, «ha in sorte una piccola voce pubblica. Può usarla per fare qualcosa di più della promozione delle sue opere. Suo ambito è la parola, allora gli spetta il compito di proteggere il diritto di tutti a esprimere la propria».

E ancora: uno scrittore al suo meglio non asseconda l’opinione prevalente, ma istiga a farsi delle domande, a prendere una posizione. Così come Orwell che con il suo “Omaggio alla Catalogna” lo ha istigato a diventare anarchico, o Pier Paolo Pasolini che «mi istigava a formarmi un’opinione in disaccordo con lui», oppure “Aux armes citoyens” della Marsigliese che «incita alla guerra civile, a prendere le armi contro il tiranno», che «fa da colonna sonora di ogni insurrezione».

«Istigare», spiega il poeta NoTav, «un sentimento di giustizia, che già esiste , ma non ha ancora trovato le parole per dirlo e dunque riconoscerlo. E che fa alzare d’improvviso e lasciare il libro perché è montato il sangue in faccia, pizzicano gli occhi e non si può continuare a leggere. Respirare profondo per sentire insieme all’ossigeno la circolazione di una volontà sconosciuta. Iniziare a essere apprendista di giustizia nuova, che si forma dal basso e sbatte contro la tutt’altra giustizia seduto sullo scranno in tribunale. Istigare, com’è successo a me con Omaggio alla Catalogna di Orwell. Di fronte a questa istigazione alla quale aspiro, quella di cui sono incriminato è niente».

Portando a Erri De Luca la nostra solidarietà per il processo che dovrà subire gli abbiamo per questo chiesto di commentare alcune altre parole che purtroppo vengono costantemente svilite e private del significato originario.

Partiamo con “libertà”. «Non è un elenco di diritti, ma lo spazio che sta tra i singoli e tra i singoli e lo stato. E’ uno spazio che viene messo in discussione continuamente. Un paese franoso come il nostro tende a rinunciare alla libertà. Leggo questa frase in un’opera del poeta inglese John Milton (17° secolo): “Cosa di più frequente tra le corrotte genti/indotte a servitù dai loro vizi/che di amar le catene più della libertà,/agevoli catene più di aspra libertà”. La libertà è aspra».

Giustizia.  «E’ il primo sentimento indipendente che si forma nel bambino. La sua prima obiezione agli adulti è :”Non è giusto”. Si è formata così la prima opposizione, la prima spinta a correggere il mondo. E’ perciò un sentimento politico e non il disegno di una bilancia, macchina spesso truccabile. E’ anche la premessa della pace: dove manca giustizia fermenta la guerra».

Democrazia. «Governo di popolo dice la sua origine. Oggi da noi c’è una sondaggiocrazia, il governo del sondaggio, che fa oscillare di giorno in giorno le scelte politiche. Anche il Parlamento è il risultato di un sondaggio condotto su un campione più vasto di soggetti. Le elezioni da noi sono una solenne ma sgonfia formalità, a causa delle liste elettorali composte da persone scelte dal partito e non dal popolo. Inoltre circa 150 parlamentari hanno cambiato  partito in meno di due anni, con perfetta strapotenza verso il mandato elettorale. Da noi oggi vige una oligarchia repubblicana».

Utopia. «Utopia è concreta immaginazione, anticipo di tempi, profezia, non castelli in aria. Il movimento anarchico non è stato utopico, cioè senza luogo, ha invece avuto esempi pratici e luminosi. Nella mia adolescenza sono stato con  il pensiero e i sentimenti un anarchico della guerra civile spagnola in seguito alla lettura di “Omaggio alla Catalogna” di George Orwell, che combattè in quelle formazioni. Buenaventura Durruti è stato il mio preferito insieme a Marek Edelman insorto del ghetto di Varsavia, prima ancora di conoscere la figura di Che Guevara. Utopia per me è impegno a correggere il luogo e il tempo, è traguardo a portata di mano. E tutto dipende da come si muove la mano».

Resistenza. «Oggi la resistenza coincide spesso con la legittima difesa: in Val di Susa si pratica l’intossicazione procurata dallo scavo di montagne in cui giace amianto e materiali radioattivi. All’ILVA di Taranto si muore di “lucida e consapevole omissione”, secondo la sentenza che ha condannato la dirigenza con la complicità delle istituzioni. Sotto il manto autostradale sono stati scaricati materiali tossici: ovunque la corruzione mette a repentaglio la integrità fisica dei cittadini. Oggi la resistenza deve scrivere un nuovo “Habeas Corpus”, una carta dei diritti all’incolumità. Da noi neanche esiste il crimine di disastro civile. Nessun danno causato dallo stato ai cittadini sarà mai prescritto dalle coscienze».

E a proposito della lotta No Tav Erri De Luca specifica: «La Val di Susa si batte contro il disastro ambientale per scongiurarlo, per non doverlo piangere dopo. Si tratta della più intensa e durevole lotta di prevenzione popolare. Paga questa sua volontà con una repressione su scala di massa e con la militarizzazione della sua vita civile. Una grande prepotenza pretende di schiacciare le ragioni e i corpo di una piccola vallata. Resistono da una generazione con determinazione commovente. Da commosso ho aderito alle loro ragioni aggiungendo spesso e da molti anni la mia presenza fisica alle loro manifestazioni». Poi aggiunge: «La linea Tav in Val di Susa non si farà e io avrò fatto la mia poca parte in difesa della salute pubblica, dell’aria, dell’acqua e del suolo di un territorio minacciato. Non è vero che l’Europa ci impone la perforazione di quelle montagne. Ma se pure fosse vera questa menzogna divulgata da stampa interessata, si dovrebbe resistere ugualmente per il diritto di sovranità e di incolumità di un popolo sulla sua terra».

Stella Nera

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