Dal primo gennaio 2024 l’Italia ha assunto la presidenza di turno del G7 e nei giorni dal 9 all’11 ottobre 2024 si è svolto ad Ancona il G7 salute: tutti i governi dei paesi del G7, che si autodefiniscono i “Sette Grandi” cioè Stati Uniti, Canada, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia e Giappone, così come le politiche dell’Unione europea hanno abbracciato la strada della privatizzazione e della gestione commerciale della salute, con un progressivo definanziamento del Servizio sanitario pubblico.
Nei documenti ufficiali del ministero della salute si legge che gli obiettivi dei paesi del G7 saranno rafforzare la prevenzione e promuovere l’interconnessione fra salute umana animale ed ecosistemi.
In realtà i governi di tutto il mondo subiscono le pressioni delle multinazionali del farmaco, interessate ad imporre un modello di prevenzione basato sull’abuso di prassi farmacologiche e vaccinali, con le quali realizzare forti guadagni, togliendo anche ai singoli stati la possibilità di fare scelte indipendenti.
Queste politiche incidono pesantemente sia sull’accesso ai servizi e sul diritto alle cure sia sulle condizioni delle lavoratrici e lavoratori del settore.
Mentre i “grandi della Terra” decidono in maniera unilaterale della nostra salute in un progetto globale di privatizzazione delle risorse consolidando un meccanismo perverso per cui solo chi è ricco può curarsi e alimentando una frattura sociale fra cittadini, fra nord e sud del mondo, est ed ovest (frattura sostenuta inevitabilmente dai venti delle guerre) ad Ancona movimenti ed associazioni non si sono limitati ad un’azione di denuncia ma hanno tentato di porre le basi per un confronto serio su cosa significhi “diritto alla Salute” e come attuarlo per tutti. Il 75% dello stato di salute dipende da determinanti sociali come ambiente di vita, lavoro, casa, educazione, cibo…
Povertà e disuguaglianza sociale incidono profondamente sullo stato di salute e ci incide tutto quello che per profitto e speculazione produce malattia: produzioni nocive, grandi opere inutili, dannose e costose, degrado ambientale (ad esempio le periferie). I dati dell’agenzia europea per l‘ambiente testimoniano un aumento di morti premature per inquinamento: 491000 all’anno, a livello europeo di cui 84000 solo in Italia.
I dati ci dicono anche che mentre c’è stato un allungamento della vita media, si è invece ridotto il periodo di vita sana, con l’insorgere di malattie croniche che peggiorano la qualità della vita stessa.
Anche le guerre in corso in Europa e nel mondo con il loro carico di morti e distruzione, incidono pesantemente sull’ecosistema con il carico di inquinanti legati alle esplosioni.
Primo passo per una vera prevenzione non è quindi ridurre il concetto di prevenzione a mera applicazione di protocolli farmacologici o campagne vaccinali, efficaci soprattutto nel generare i profitti delle multinazionali del farmaco, ma lottare per migliorare le condizioni di vita generali per la tutela della salute nell’ambiente di vita nei territori e nei posti di lavoro, contro le produzioni nocive e le opere inutili e dannose che danneggiano il territorio e la salute, contro la guerra come risoluzione dei conflitti internazionali.
L‘emergenza Covid 19 ha messo in luce le conseguenze di anni di politiche di “austerità” che hanno portato in tutti i paesi europei ai tagli alla spesa pubblica.
Così mentre il fondo sanitario italiano ha perso 37 miliardi, mentre si sono persi 70.000 posti letto, depotenziati i Pronto Soccorso, eliminate strutture e poli sanitari, sacrificata la medicina di base e le attività di prevenzione e igiene pubblica, chiusi o accorpati servizi territoriali e consultori, si è enfatizzato il consumo di prestazioni individuali nel privato convenzionato e/o pagate dalle assicurazioni anche tramite l’introduzione dell’assistenza sanitaria integrativa nei contratti di lavoro ad opera dei sindacati concertativi, alimentando ulteriormente il divario sociale.
Il disinvestimento maggiore e la massima penalizzazione è stata portata avanti nel mondo del lavoro. In quindici anni si sono perse 50.000 unità, sostituite solo in parte a seguito del blocco delle assunzioni, creando anche un forte disagio lavorativo per il progressivo invecchiamento del personale e l’impossibilità di accedere alla pensione a causa dell’aumento dell’età pensionabile con un lavoro con caratteristiche usuranti e gravose. Si è tanto parlato del rilancio della sanità con i fondi del Recovery Fund: dei 191 miliardi destinati all’Italia solo 19 miliardi saranno per la sanità, molto lontani dai 37 miliardi persi negli ultimi 10 anni, ma queste risorse non saranno destinate alle assunzioni di personale carente in tutte le strutture sanitarie pubbliche, perché per le assunzioni il riferimento è solo alla disponibilità del fondo sanitario nazionale.
Le leggi di bilancio hanno visto in questi anni un progressivo impoverimento del fondo sanitario, a fronte invece di un aumento a dismisura per spese militari e riarmo e sostegno ai paesi amici: nell’ultima legge di bilancio la spesa sanitaria rapportata al pil è calata al 6,3% nel 2024, scendendo ancora rispetto al 2023 dove era 6,6%; una spesa sanitaria che continua a calare ripercuotendosi sul diritto e l’accesso alle cure per larghe fasce di popolazione.
Ma non è solo un problema di fondo sanitario e di risorse insufficienti, anche se un finanziamento adeguato sarebbe il primo passo.
È anche un problema di destinazione di risorse; ancora una volta il governo prevede un aumento di fondi da destinare al settore privato per alleggerire le liste di attesa: un privato che fa business sulla malattia e che sempre di più si inserisce nel SSN attraverso convenzioni, accreditamenti, concessioni, appalti… Un privato che fa business anche riducendo i costi per il personale, per la sicurezza, tagliando diritti e stipendi per i lavoratori del settore.
Per anni si è perseguita la politica della progressiva esternalizzazione dei servizi, prima quelli non sanitari, come mense, manutenzioni e pulizie, poi sempre di più i servizi sanitari, da quelli territoriali e domiciliari a quelli di salute mentale, le dipendenze, i disabili, fino a delegare quasi completamente la cura degli anziani alle RSA: il sistema socio sanitario è già tutto privatizzato in mano a “cooperative” o meglio aziende per il business di anziani disabili e soggetti fragili.
Questa progressiva esternalizzazione dei servizi ha creato nel settore sanitario e socio sanitario una fetta enorme di lavoratori che rischiano il posto di lavoro ad ogni cambio di appalto o di convenzione, che sono pagati circa il 30 per cento in meno dei lavoratori del pubblico, che sono inquadrati in una decina di contratti diversi e con diritti e tutele normative inferiori ai propri colleghi del settore pubblico. Un settore dove vengono impiegati anche tanti operatori stranieri, che magari non possono partecipare ai concorsi pubblici perché privi di cittadinanza, estremamente ricattabili perché con l’eventuale perdita di lavoro rischiano anche la perdita del permesso di soggiorno. Un settore di lavoratori maltrattati e anche soggetti a maltrattamenti: le continue aggressioni agli operatori sanitari testimoniano la guerra fra poveri che i governi alimentano e a cui pongono come soluzione le misure securitarie e interventi polizieschi.
Carenze di personale, carichi di lavoro insostenibili, bassi salari, turni pesanti, differenze salariali fra lavoratrici e lavoratori con pari qualifica ma inquadrati in una molteplicità di contratti diversi, rendono sempre più difficile il lavoro nel settore sanitario e socio sanitario assistenziale: una condizione che si ripercuote anche sulla qualità delle cure.
Di tutto questo si è discusso anche ad Ancona in una città blindata dalle “zone rosse”: il contro-vertice è stato il punto di arrivo di un percorso costruito in questi mesi e a cui hanno partecipato in modo attivo parti del sindacalismo, movimenti e associazioni impegnati sul tema salute.
La CUB Sanità Italiana ha indetto per il giorno 11 ottobre uno sciopero nazionale di tutti i settori pubblici, privati appaltati convenzionati privatizzati della categoria, raccogliendo l’appello delle associazioni che si sono mobilitate per costruire ad Ancona le iniziative legate al contro G7 e che sono culminate con la manifestazione nazionale il giorno 11 ottobre 2024.
Nella “tre giorni” NoG7 le iniziative si sono articolate e alternate in presidi (al CUP contro le liste di attesa, ai consultori in difesa della 194), in convegni contro il mercato della salute, in assemblee come quella sul DL 1660 fino all’assemblea nazionale finale e alla manifestazione che ha visto la partecipazione di molte rappresentanze sindacali e sociali, dai movimenti per la difesa della salute nell’ambiente, ai comitati contro le liste d’attesa e per la sanità pubblica fino ai Sanitari per Gaza, alla rete europea contro la commercializzazione della salute, a Medicina democratica.
L’assemblea finale ha raccolto l’appello alla mobilitazione più ampia possibile per la difesa del diritto effettivo alle cure per tutte e tutti, riprendendo contenuti ed obiettivi della Piattaforma Nazionale “Quale sanità per quale salute”.
Solo la costruzione di un fronte che possa unire lavoratori e cittadini potrà contrastare l’attacco al diritto alla cura che ormai da anni viene portato avanti da tutti i governi che si sono succeduti.
In questa ottica si è svolta anche a Firenze sabato 19 ottobre la manifestazione promossa dal Coordinamento regionale Salute Ambiente Sanità che da alcuni mesi ha promosso una campagna di informazione e denuncia sulla grave situazione delle liste di attesa e assunzioni. I tempi estenuanti delle liste di attesa costituiscono un incentivo a rivolgersi alle strutture private, le risorse comunque scarse che il governo e anche la Regione Toscana hanno destinato all’obiettivo di ridurre le liste di attesa sono destinate a incrementare l’attività aggiuntiva di chi già opera nelle strutture con carichi di lavoro già gravosi e all’aumento delle convenzioni con le strutture private: un problema che si può risolvere solo con un piano straordinario di assunzioni. La manifestazione fiorentina ha visto la partecipazione di comitati e realtà sociali e sindacali fra cui la CUB sanità che, nonostante il tempo avverso, hanno realizzato una manifestazione che è partita dalla sede della Regione Toscana in via Cavour per concludersi con un’assemblea a microfono aperto in piazza San Lorenzo.
Sono tutti inizi di una mobilitazione e di un impegno per tutte e tutti noi che vogliamo lottare contro tutte le disuguaglianze sociali.
La nostra salute non è in vendita.
Paola Sabatini