Ricchi premi e cotillons

Il 19 ottobre oltre 700.000 insegnanti hanno ricevuto in busta paga 500 euro da destinarsi all’acquisto, nel corso dell’anno scolastico, di materiale utile alla loro attività, libri, abbonamenti a riviste, biglietti del cinematografo o del teatro ecc. . Su cosa sia effettivamente da computarsi nelle spese per l’autoformazione degli insegnanti non vi sono, per la verità, indicazioni precise, nel merito vi sono dubbi che probabilmente, ma la questione non mi appassiona, verranno sciolti nel prossimo periodo.

Ciò che ha colpito, se vogliamo, è proprio che questo denaro è arrivato, mi si passi la celia, nonostante le promesse, che è arrivato prima dell’effettuazione delle spese, che è arrivato in fretta. Un altro dei segni di discontinuità che l’attuale governo vuole dare rispetto ai governi precedenti. Insomma il governo Renzi, a differenza del governo Berlusconi, si presenta come il governo del fare che effettivamente fa.

Peccato che, mentre ai docenti di ruolo arriva il bonus, a molti docenti precari non arriva lo stipendio da mesi. Non voglio sostenere che vi sia una connessione diretta fra i due eventi, certo la cosa fa pensare.

A questo punto, ritengo opportuno fare un passo indietro per provare a spiegare quanto è avvenuto. Con ogni evidenza nel corso degli ultimi mesi del passato anno scolastico il Governo ha scontato una straordinaria perdita di popolarità fra gli insegnanti che, mobilitazioni a parte, ha avuto un visibile impatto sul piano elettorale.

Se teniamo conto di questo dato banale, giungiamo facilmente alla conclusione che si tratta di un’operazione simile a quella degli ottanta euro un busta paga con la quale l’attuale governo ha aperto la sua campagna di seduzione nei confronti della società.

Detto ciò, a mio avviso, va evitata ogni attitudine spocchiosa ed elitaria, come abbiamo visto gli ottanta euro hanno funzionato perfettamente per conquistare consenso e facilitare la realizzazione di pesanti manovre contro i lavoratori e altrettanto potrebbe avvenire per il bonus.

Dobbiamo, basta parlare con chi nella scuola vive per rendersene conto, tener conto del fatto che ampi settori della categoria apprezzano quest’elargizione che, fra l’altro, arriva in un periodo di depressione salariale.

Naturalmente gli appassionati di discussioni nominali potranno discettare sino all’estenuazione sul fatto se siamo di fronte alla corresponsione di un pezzo di salario, certo difforme da quanto normalmente s’intende con questo termine ma in ogni caso da considerarsi come una forma specifica di retribuzione accessoria. Per parte mia è così ma, alla fin della festa, mi interessa poco come definiamo questa cifra. A ben vedere, come dice il poeta “Che cos’è un nome? Quella che chiamiamo “rosa” anche con un altro nome avrebbe il suo profumo” e certo anche se, come asseriva l’Imperatore Vespasiano, pecunia non olet, del denaro dato a un lavoratore possiamo chiamarlo come vogliamo ma si colloca all’interno di una relazione sociale che è quella salariata.

Dobbiamo comunque rilevare che siamo di fronte ad una situazione paradossale, il costo complessivo dell’operazione è dello stesso ordine di grandezza di quanto il Governo prevede di investire per i contratti dell’intero pubblico impiego nella Legge di Stabilità, a settecentomila e rotti insegnanti viene concesso, e senza che vi sia stata alcuna pressione in tal senso, quanto viene proposto a circa tre milioni e mezzo di lavoratori del pubblico impiego che si vedono offrire meno di otto euro lordi di aumento al mese. Anche in questo caso il governo afferma il suo diritto di decidere chi e come premiare.

Il fatto che questo denaro sia dato in forma di bonus ha una spiegazione “tecnica” evidente, si vuole evitare la rincorsa salariale da parte dei lavoratori della scuola (precari, ata, educatori) che non avranno questo beneficio e, soprattutto, da parte dei lavoratori degli altri comparti del pubblico impiego. Per certi versi è un riconoscimento della specificità della funzione docente, tanto cara ai settori più corporativi della categoria degli insegnanti.

Sul piano immediato credo che vada sollevata, come rilevavo, la questione della disparità di trattamento interno allo stesso corpo docente, non è accettabile che un docente di ruolo goda di un trattamento migliore rispetto ad un docente precario o ad un educatore.

Vi sono già stati, a questo proposito, iniziative locali da parte di insegnanti di ruolo che hanno stabilito di versare i 500 euro a colleghi precari che non ricevono lo stipendio da mesi.

Immagino già che qualche compagno duro e puro, se ha avuto la pazienza di leggere quanto sto scrivendo sino a questo punto, mi farà notare che un’iniziativa del genere non risolve il problema delle ingiustizie che subiscono i precari e, se lo facesse, avrebbe ragione.

A me però interessa, in questi gesti, qualcosa di più semplice, immediato e, a mio avviso, importante e cioè lo sviluppo di pratiche di solidarietà fra lavoratori senza le quali non si va da nessuna parte.

In termini più generali, resta la domanda di come porsi rispetto alla proposta che circola fra diversi insegnanti di rispedire al mittente il bonus, come forma di rivolta morale.

Francamente, pur avendo il massimo rispetto per le motivazioni di questa proposta, la ritengo dal punto di vista dell’efficacia di scarso o nessun impatto. Alla fin della festa, si riconsegnerebbero risorse a quello stesso governo che combattiamo.

Potremmo invece immaginare, come proponevo poc’anzi, l’uso dei 500 euro a fini di solidarietà. Come indirizzare la pratica della solidarietà credo stia agli stessi insegnanti interessati, pochi o tanti che siano, deciderlo.

Sul piano tecnico, quello che parrebbe il più complicato, in realtà basta intendersi:

– per rispedire al mittente i 500 euro basta non certificare gli acquisti fatti per la formazione, provvederà lo stato a recuperarli;

– chi volesse costruire un fondo di solidarietà, ovviamente, dovrebbe certificare le spese per la formazione che, sia detto di passata, un insegnante normalmente fa e porre in comune una cifra, come si è detto, al fine di sviluppare pratiche si solidarietà.

Sono, lo aggiungo, perfettamente consapevole che si tratterebbe di una scelta di minoranza ma, francamente, se per agire si dovessero attendere le maggioranze potremmo dedicarci al giardinaggio, le maggioranze si muovono, ed è scontato, quando le vicende storiche le inducono a farlo ma l’azione di minoranze determinate apre la strada ai movimenti di massa e concorre a suscitarli ed a indirizzarli.

Cosimo Scarinzi

Related posts