Ti occupi da anni della filosofia e della visione del mondo tipica dell’anarchismo, ma allo stesso tempo del pensiero religioso. C’è a tuo avviso un punto d’incontro tra queste due dimensioni?
La ricerca filosofica, la riflessione sull’uomo e sulle sue relazioni non hanno confini. Ogni filosofia , ogni civiltà, ogni “visione del mondo” pone al centro l’uomo, le sue scelte, le sue risposte ai problemi esistenziali e materiali tipici della condizione umana. Un confronto tra le più diverse prospettive serve anche a chiarire le proprie.
Ma anarchismo e dimensione religiosa sono agli antipodi, hanno due visioni dell’uomo incompatibili!
Forse, ma Hegel dice che “con il Cristianesimo ci è divenuta familiare l’idea di un uomo perfetto”. Alla base dell’anarchismo c’è la convinzione che sia possibile un’ “Umanità nova”, un mondo nuovo senza guerre e prevaricazioni, un mondo “perfetto” che non è mai esistito, ma che si ritiene non solo possibile, ma il solo degno di essere vissuto. La formula un pò bislacca,“nella storia ma contro la storia”, vuole proprio indicare questa presenza/assenza del movimento anarchico nel tempo storico, in attesa e in preparazione di un mondo più “umano”, veramente umano: il mondo nuovo o, per usare il linguaggio degli hegeliani, “il regno di Dio in terra”.
Preti e anarchici, prospettiva libertaria e dogma religioso mirano ad uno stesso fine: il paradiso in cielo o il paradiso in terra? Non è una visione ottocentesca e un pò datata?
Anche in ambito libertario ci sono quanti, come Onfray e Berti, sostengono che la prospettiva di una radicale trasformazione dell’uomo e del mondo , la “conciliazione” tra la sua “natura” –io preferisco dire le sue “potenzialità”- e la sua esistenza è una prospettiva religiosa e superata. Non si capisce bene quale sia la “soluzione”: quella liberale/libertaria o quella dell’anarchismo qui e adesso tra pochi intimi? Occorre intendersi poi su cosa si intende per religione, mi sembra che nel mondo libertario ci sia un pò di confusione.
Religione non è sinonimo di una falsa credenza in nome di cui si nega e si stravolge la realtà, lasciandola immutata? Un’ ideologia che mentre prospetta il paradiso futuro legittima l’inferno presente?
Sono molte le definizioni che si potrebbero dare della religione. Marx sosteneva che “la critica della religione sta alla base di ogni critica”, riferendosi al principio di autorità e di gerarchia proprio del monoteismo, poi ripreso dallo Stato moderno. È quanto sostiene Bakunin in “Dio e lo Stato”, cioè la visione tipica dell’anarchismo classico, secondo il quale le categorie politiche hanno una matrice religiosa. Si tende pertanto ad una organizzazione della società e delle relazioni “pubbliche” senza Stato, oltre lo Stato, rappresentato come l’ ordine gerarchico delle relazioni che perpetua il dispotismo , cioè le diseguaglianze e le ingiustizie, tra i singoli, nella società e fra i gruppi umani più diversi.
Mi sembra che tu identifichi, quindi, religione e monoteismo: è così?
Parlare di Dio, al singolare, di un Dio personale e creatore significa necessariamente riferirsi alla tradizione giudaico-cristiana-islamica.È un dato acclarato, non una mia idea particolare.
Il politeismo greco, il buddismo, l’induismo e il taoismo, tanto per fare qualche esempio, che cosa sono? Non sono religioni?
Nel politeismo greco il termine religione non esiste, come non esiste nel buddismo, nel taoismo, ecc. Nessuna di queste “ visioni del mondo” e dell’uomo è avvicinabile con le categorie del monoteismo. L’idea di un Dio eterno, assoluto, personale, unico, esclusivo ed escludente, creatore del mondo e dell’uomo, che si è rivelato a quest’ultimo e gli ha parlato attraverso una serie di profeti, la ritroviamo solo nel monoteismo, non solo di matrice ebraica, ma pure nel mazdeismo, la religione di Zarathustra che riporta nell’Avesta le sacre scritture iraniche. Allo stesso tempo, le credenze nel “Giorno del Giudizio”, nel Paradiso e nell’ Inferno, nella resurrezione dei morti, ecc., sono del tutto estranee a contesti diversi dal monoteismo. Ad esempio, i Greci ritengono che il mondo sia increato, mentre gli Dei sono creati. Per i buddisti la rinascita è una sorta di punizione non certo una ricompensa.
Se però ci limitiamo al monoteismo, alla tradizione dell’ebraismo e dei suoi “derivati” storici, cristianesimo e Islam, valgono le critiche “tradizionali” che i pensatori e militanti anarchici rivolgono alla religione e al sacro, oppure no? Ad esempio, l’anticlericalismo ha ancora una sua ragion d’essere?
Parliamo di una realtà, quella della religione monoteistica , come pure della visione del mondo che ha ispirato, che hanno una storia di alcune migliaia di anni: vedervi dei tratti unitari, ricorrenti e immutabili è un modo per travisare una realtà differenziata nei contesti storici e geografici e tutt’ora in trasformazione. Io sono essenzialmente uno studioso, non mi interessa coniare formule o slogan, ma capire, conoscere, imparare. Non credo che tutti quelli che hanno scelto di dedicare la loro vita a Dio, attraverso il servizio del prossimo, se lo fanno in modo convinto, disinteressato, con amore e rispetto per gli altri, siano tutti da condannare come “clericali al servizio della reazione”. Non ragiono per categorie: se un prete pedofilo è da condannare ( e mettere nelle condizioni di non nuocere) non lo è in quanto prete, ma in quanto pedofilo. Il fatto che sia un prete è un’aggravante, semmai, non una colpa.
Alla fine del tuo discorso sembra esserci , almeno tra le righe, una rivalutazione del sacro e dei professionisti del sacro, dal prete di campagna al Papa.
Io credo che esista anche quella dimensione che si può definire spiritualità, presente in contesti culturali e religiosi differenti, ma pure nella stessa tradizione del monoteismo. Allo stesso tempo, la spiritualità non implica necessariamente la religione: l’idea, la convinzione che la vita dell’uomo non si esaurisca nel soddisfacimento dei suoi bisogni materiali, nella ricerca di un benessere “privato” ed escludente, questa idea critica da sola non rinvia già a una forma di spiritualità? Credere nella bellezza, nella giustizia , nella dignità dell’uomo non è una forma di spiritualità alla quale l’anarchismo non è estraneo? Quando, ad esempio, Kropotkin prospetta una società ed un uomo liberi, un mondo in cui si lavora quattro ore al giorno e poi ci si occupa della cura del sé, dello studio e dell’arte, interagendo con gli altri in modo empatico e solidale, non descrive forse un mondo ed un uomo più spirituali? E quando Errico Malatesta sostiene che l’anarchia, in ultima istanza è una forma d’amore non rinvia ad una visione della vita che trascende il dato materiale, “economico”, non caratterizza l’anarchismo come un’attitudine “spirituale”?
La storia, però, ci mostra che la religione, il cristianesimo e l’Islam in modo particolare , sono stati sempre strumenti di oppressione e di asservimento, di intolleranza e oscurantismo, non certo occasioni di crescita spirituale.
Non sono stati “sempre”, ma sono stati “anche” veicoli di miseria materiale e spirituale. Io credo, allo stesso tempo, che se nella nostra storia non ci fossero stati “Il Cantico dei Cantici” e la cattedrale romanica, la poesia di Jalal al din Rumi, la filosofia di Ibn Arabi e la Moschea blu di Istanbul, la Divina commedia e la pittura del Beato Angelico, la Pietà di Michelangelo e i suoi affreschi della Cappella Sistina, se tutto queste espressioni di fede e spiritualità non ci fossero state il nostro passato sarebbe stato più povero, ma lo sarebbe anche il nostro futuro.
1 Enrico Ferri insegna Filosofia del diritto presso l’Università Niccolò Cusano e studia da anni la filosofia libertaria, in particolare Max Stirner (di cui ha curato la traduzione italiana della biografia del Mackay, che sarà disponibile a gennaio) e la visione del mondo tipica del monoteismo, in particolare dell’Islam.