Centinaia di agenti della sicurezza USA e dell’antiterrorismo sguinzagliati per la capitale, tiratori scelti sui tetti. Centro storico e Parioli (Villa Taverna è la residenza dell’ambasciatore USA) blindati. Bonifiche degli artificieri, dei nuclei anti-sabotaggio, delle unità cinofile. Strade chiuse, divieti di sosta, linee bus deviate, fermate della metropolitana chiuse. Queste a grandi linee le misure di sicurezza per l’arrivo del presidente USA Barack Obama, in viaggio in Europa per ritessere le fila del blocco UE/NATO all’alba della nuova Guerra Fredda. Viaggio condito di ammonimenti con sfondo “militare” alla Russia per aver annesso la Crimea togliendola all’Ucraina, seguite da esortazioni a Mosca di seguire la via “diplomatica”. Ma anche impegno per concludere l’accordo di libero scambio UE-USA (il TTIP, Transatlantic Trade and Investment Partnership, che prevede come punti principali l’abbattimento delle barriere doganali, la riduzione progressiva fino all’eliminazione delle altre barriere commerciali, in particolare regolamenti e norme che differiscono fra i due sistemi economici e, per finire, la creazione di una struttura giuridica basata sull’arbitrato privato al quale possono rivolgersi le imprese quando ritengono che una particolare norma di uno Stato possa essere un impedimento alla libera circolazione di beni, capitali o servizi, con una grossissima cessione di sovranità da parte delle istituzioni pubbliche che di fatto sarebbero incapaci di prendere decisioni in contrasto con le grosse corporations multinazionali, riguardino esse scelte di carattere economico, di difesa dei diritti dei lavoratori o di difesa ambientale e dei territori e per promuovere forniture di gas scisto in sostituzione di quello russo (“l’export di gas sarà più semplice quando ci sarà l’accordo di libero scambio con l’Europa”). Tra l’altro, tanto per dimostrare quanto poco strategica e bellicista fosse la sua visita in Europa, si è detto preoccupato per le riduzioni di spese militari di alcuni paesi della Nato ( compresi gli italiani F35). Dopo aver concesso un’intervista al CorSera, dove tra l’altro tesse entusiaste lodi del “tenero e buono” papa Bergoglio, che avrebbe successivamente incontrato,e continua a raccontarci la bufala delle “missioni umanitarie”, è volato a Roma dove è atterrato la sera del 26 marzo. Ed è proprio il sovrano d’Oltretevere la prima “carica pubblica” incontrata da Obama a Roma. Incontro formale e dovuto all’apparenza, su di esso grava però l’ombra dell’opposizione di Bergoglio all’intervento militare in Siria, che ha portato il Vaticano a schierarsi di fatto con l’asse Mosca-Teheran-Pechino. Si dice che con Bergoglio vorrebbe definire un piano di azione comune mettendo da parte le aree di dissenso. Successivamente ha incontrato al Quirinale Re Giorgio, che il presidente USA considera un vecchio amico e una roccia di stabilità per il suo paese (parola dell’ambasciatore USA in Italia John Phillips).
Il premier Matteo Renzi, che trepidamente come un bambino ha atteso per incontrare la superstar, avrà questa piacere dopo Re Giorgio. Questioni sul tavolo: Ucraina ( gli USA non hanno gradito i tentennamenti del governo italiano, e l’offerta di forniture di gas è stata messa sul tavolo per far decidere gli indecisi), Libia, Iran, Siria, Afghanistan, del semestre di presidenza italiano della UE, delle riforme annunciate dal premier (molto gradite all’amministrazione USA). E’ certo che anche il MUOS, il nuovo terrificante mezzo di controllo e morte made in USA, sia stato argomento di discussione, vista la sua ormai prossima attivazione. La conferenza stampa congiunta Renzi-Obama ha segnato la fine della parte ufficiale della visita. Successivamente il presidente USA si è dilettato con la visita del Colosseo “più grande di un campo da baseball”.
Passiamo dall’altro lato della barricata. Il nostro lato della barricata. Tralasciando il ridicolo “dissenso” neofascista filoputiniano bravo solo ad attaccare qualche manifesto con Putin in stile sovietico (ullalà!), il variegato fronte antimperialista si è radunato nel pomeriggio in una via Veneto superblindata a pochi passi dall’ambasciata USA. Lì si contestava Barack Obama come capo della guerra globale permanente, impegnato in più di 70 conflitti tra dichiarati e non, col finto pretesto degli interventi “umanitari”.
Centrale la lotta contro il MUOS (il comitato di Roma tra i principali organizzatori), contro la militarizzazione di una Sicilia ormai enorme portaerei al centro del Mediterraneo e di tutti i territori sottoposti a servitù militari. Si contesta il TTIP per i motivi succitati. Presenti anche striscioni per la liberazione dei prigionieri politici come Leonard Peltier, l’attivista dell’American Indian Movement in carcere da più di trent’anni, condannato attraverso prove false create dall’ FBI per un omicidio mai commesso, e Mumia Abu-Jamal, uno degli ultimi membri delle Pantere Nere ancora in carcere. Sigle convocanti il presidio, oltre al già citato comitato cittadino NO MUOS, rete NO WAR, COBAS, PRC, Rete dei Comunisti ecc., tutto sotto lo slogan “No alla guerra globale! No alle basi militari! Stop TTIP!”. La presenza non è stata comunque significativa, e il presidio è stato relativamente breve. Ma ha segnato una nota di dissenso nella venerazione mediatica del nuovo imperatore di turno, che è solo più bravo ne l rendersi presentabile.
Almeno qualcuno sembra che abbia voluto ricordare un vecchio ma attuale slogan: “Yankee go home!”
Alberto La Grutta