Il reticolo dei cavi sottomarini, denominato anche “undernet”, è l’ultima frontiera della geoeconomia e della geopolitica. Contrariamente all’opinione comune Internet non è una rete immateriale ma la sua esistenza ed operatività dipende da infrastrutture materiali. Il dipartimento della difesa statunitense definisce lo “spazio cibernetico” come il “dominio globale all’interno dell’ambiente informatico consistente nella rete interdipendente di infrastrutture di tecnologie informatiche e dei dati in essa residenti”, incluso internet, i network di telecomunicazioni, i sistemi computerizzati ed i processori in esso incorporati. Tutte queste infrastrutture dipendono dallo spazio geografico e quindi in ultima istanza da quello geopolitico. È in questa prospettiva che i cavi in fibra ottica ed i loro percorsi fisici sono una delle componenti fondamentali.
Parlando di cavi si deve intendere cavi sottomarini. Gli oceani sono le autostrade di internet considerato che il 97% del traffico dati viaggia sui fondali marittimi. La nostra quotidianità e soprattutto il prossimo futuro verrà declinato in ogni suo aspetto dalla rete digitale, della quale i cavi sottomarini sono il veicolo principale. Non è azzardato affermare che il traffico di merci e persone che transitano sulle rotte marittime equivale, per importanza economica e strategica, alle rotte dei cavi sottomarini per lo scambio di dati. Le comunicazioni digitali sono pari per importanza alle vie energetiche degli oleodotti e gasdotti.
Il traffico transatlantico dei dati raddoppia in media ogni due anni, con un picco durante il primo lockdown. Significava è stata l’evoluzione degli attori del settore dei cavi: alle tradizionali compagnie telefoniche, i pionieri nei primi decenni del XX secolo dei posatori di cavi, si sono aggiunti nel secondo dopoguerra operatori privati, sia finanziari sia industriali e, soprattutto, a seguito dell’avvento di Internet, i giganti del WEB. La competizione per il controllo e la gestione di internet in superficie è abbastanza nota: di nozione comune è lo sforzo (non seriamente intrapreso) dagli stati europei per la tassazione ed il contenimento dei GAFA (Google, Apple, Facebook e Amazon) ma è sui mari o, meglio, sotto la loro superficie che si gioca una battaglia ancora più decisiva, ancorché poco nota. Competizione che cercheremo di commentare nei suoi tratti più essenziali.
A livello globale le alleanze di peso tra i singoli operatori sono quelle tra Orange (ex impresa statale di France Telecom) con Google e Facebook. Sta entrando in funzione il cavo sottomarino “Dunant” costruito da Google ed Orange che unisce la costa atlantica degli Stati Uniti (Virginia Beach) con Saint Hilaire-de-Riez nei pressi di Nantes con una capacità di 300 TBPS (terabite al secondo). Il cavo sottomarino più potente sarà però quello Transatlantico di Amitiè, creatura di un consorzio tra Orange, Facebook, Microsoft, l’irlandese Aqua Comms e Vodafone. Il cavo collegherà, in un percorso di 5.200 Km, il Massachusetts con l’Europa, biforcandosi in due direzioni: una verso la Gran Bretagna e l’altra nei pressi di Bordeaux.
I GAFA (le quattro sorelle del Web) sono di fatto, tramite le alleanze con gli operatori di telecomunicazioni europei, i padroni assoluti del mercato dei cavi controllando il 90% dei collegamenti transatlantici, mercato che sino a dieci anni fa era gestito per il 50% dall’Europa. L’Italia sta cercando una sua posizione all’interno del risico dei cavi: è al vaglio di Telecom Italia la possibilità di partecipare insieme a Google ed a Oman telecomunications alla costruzione del più lungo cavo, oltre 8.000 Km. denominato “Blue Raman”. Google sta investendo molto su questo nuovo cavo che va dall’Europa all’India, passando per Israele, Giordania, Arabia Saudita, Oman. La prima parte del cavo sarà realizzata da società Sparkle (gruppo Telecom Italia) e partirà dal porto di Genova per approdare in Israele, attraverso il Mediterraneo. La seconda parte, Raman, sarà gestito da Oman Telecomunications, a partire dal porto di Mumbai e, sui fondali dell’Oceano Indiano, arriverà ad Aquaba in Giordania, tagliando fuori l’Egitto.
Il “Blue Raman” dal punto di vista geopolitico sarà una soluzione innovativa in quanto non transiterà dal congestionato canale di Suez (attualmente dall’Egitto transitano 15 cavi che alimentano il WEB di un terzo della popolazione mondiale) ma arriverà in Israele, tramite l’Arabia Saudita (gli ex nemici sauditi), costituendo una innovativa seconda via di transito tra Asia ed Europa, del quale il Mediterraneo rappresenta sempre più un nodo strategico globale.
Nel contesto mondiale dei cavi il ruolo della Cina sta assumendo sempre più spessore. Huawei Marine Networks Co ha posato un cavo di 6.000 chilometri tra il Brasile ed il Camerun, oltre che lavorare al progetto di 12.000 Km, di cui parleremo in seguito, che collegherà l’Europa, l’Asia e l’Africa. La compagnia cinese sta completando i collegamenti tra il golfo della California ed il Messico. D’altra parte l’attivismo cinese nei settori dei cavi rientra nell’obiettivo generale di arrivare, entro il 2025, al controllo globale della tecnologia 5G, la cui potenzialità è strettamente connessa al controllo dei cavi sottomarini.
La vera novità sotto il profilo economico e geopolitico nelle autostrade digitali è però rappresentata dall’Africa, sempre più al centro dell’attenzione e dei progetti dei principali attori del digitale, tra i quali Facebook. La società di Mark Zucherberg è già operativa nel settore cavi sottomarini dove ha diretto progetti che collegano i mercati del Nord America, dell’Europa e dell’Asia orientale, condividendo il costo degli investimenti con le società di telecomunicazioni tradizionali, che non hanno le risorse per la posa dei cavi. Il progetto africano denominato SIMBA, dal costo previsionale di un miliardo di dollari, aggirerebbe gran parte delle coste africane per poi approdare nel Mediterraneo ed al mercato europeo. SIMBA rappresenta la penetrazione di Facebook nel continente mediante la collaborazione con società già presenti da tempo in loco quali MTN e Vodafone che già servono economie in forte espansione in Sud Africa e Nigeria. Quest’ultime potrebbero contribuire a pagare il progetto via cavo in cambio di alcune delle sue infrastrutture in fibra ottica. Il piano offrirebbe ai data center europei e asiatici di Facebook un collegamento dedicato ed affidabile ai mercati africani in crescita dove le app come WhatsApp sono già popolari.
La società ha finanziato reti regionali in economie emergenti come l’Uganda per aiutare a collegare i circa 3,8 miliardi di persone in tutto il mondo che ancora non hanno accesso a Internet. Anche altre imprese del settore stanno investendo in Africa, in particolare Google ed Huawei. Alphabet, la parent company di Google, ha realizzato cavi a fibre ottiche in diverse città ed è in trattativa per costruire un sistema di cavi chiamato Equiano lungo la costa occidentale dell’Africa. Anche la cinese Huawei ha puntato sul continente nero: attraverso una filiale che costruisce un cavo sottomarino per l’Oceano Indiano sta lanciando collegamenti via cavo con l’Africa.
L’attenzione di Facebook per il continente prende le mosse da due fattori: uno geografico e l’altro economico. La posizione continentale dell’Africa, interposta tra le Americhe, l’Asia e L’Europa ne fa uno snodo naturale per i traffici internazionali. L’aspetto economico è invece determinato dalla fine dell’era della “crescita senza sosta”. L’espansione commerciale del Web, negli Stati Uniti e in Canada, così come in Europa, si è interrotta completamente e sembra addirittura diminuire. Altre aree, come quella asiatica sono invece in espansione, e l’Africa, o meglio gli africani, rappresentano il mercato del futuro. Per Facebook è fondamentale che riesca a essere accessibile all’interno di un singolo continente così popoloso come l’Africa, dove il servizio Internet nel suo insieme sia ancora non tutto affidabile – a causa di un’infrastruttura in via di sviluppo che non sempre offre collegamenti veloci e coerenti con il resto del mondo – ma garantirebbe comunque la fruibilità di tutti i servizi di Facebook, in particolare quelli più diffusi nell’area, come WhatsApp.
L’espansione demografica dell’Africa ed un mercato che presenta enormi margini di crescita sono le leve per attirare gli investimenti dei giganti del digitale. Secondo il rapporto 2018 Global Digital l’Africa ha registrato la più alta crescita di utenti Internet, con 435 milioni utenti di internet registrati su una popolazione stimata di 1,2 miliardi di persone. Tra i maggiori progetti che riguardano l’africa vi è da segnalare il “2Africa” che vede coinvolti paesi del calibro della Cina, Francia e Gran Bretagna. Sono coinvolti i principali società internazionali del settore quali l’operatore francese Orange, China Mobile International, Facebook, il sudafricano MTN Global Connet, STC Saudi Telecom Company, Telecom Egypt, Britisch Vodafone e WIOCC West Ocean Cable Company. Il cavo, uno dei maggiori al mondi per lunghezza, 37.000 km, collegherà l’Europa occidentale al Medio Oriente ed a 16 paesi africani, attraversando il Mar Rosso, il Golfo di Aden, la costa africana dell’Oceano Indiano fino al Capo di Buona Speranza, per risalire l’Oceano Atlantico sino in Gran Bretagna. 2Africa faciliterà la diffusione della banda larga fissa oltre al 4G e 5G: l’entrata in servizio del cavo, prevista per il 2024, avrà una capacità nominale di 160Tbit/s (terabit al secondo) ed offrirà più capacità operativa di quella di tutti i cavi sottomarini che ad oggi servono l’Africa.
La competizione africana è in pieno svolgimento. Google sta cercando di imporsi come protagonista nel mercato dei cavi: ad essa si riconduce l’investimento per la realizzazione del progetto “Equiano Cable Route”. Cavo che collegherà Capo Horn a Lisbona, di rilevo è anche il cavo “Ellalink” che collega l’Africa Occidentale con la penisola iberica e la costa orientale dell’America latina, infrastruttura gestita da una società indipendente che ha come principale azionista il Marguerite Fund, entità che ha alle spalle l’Unione Europea. Va citato infine il cavo “Dare1” che circonda il corno d’Africa unendo Gibuti a Mombasa: collegherà il Pakistan al Kenia passando per Gibuti per poi approdare via Suez in Europa (sponda mediterranee francese). Il cavo sarà realizzato da SEACOM e capitali africani tra i quali The East African Marine System (TEAMS) finanziato dal governo keniota, l’Eastern Africane Submarine Cable System (EASSy) cui partecipa un consorzio di Telco Africane.
Ultimo il cavo Peace, creatura di Huawei con la collaborazione della Pakistan East Africa Cable Express. Anche questa via rappresenta un cammino sul sentiero della via della seta con l’assenso europeo, considerato che l’approdo finale è in Francia, oltre che costituire il completamento del cavo “Equiano” di Google. Di fatto tutti i progetti pongono al centro mondiale dei traffico dei cavi sottomarini il continente africano, vero e proprio snodo mondiale delle autostrade digitali. La piccola enclave di Gibuti assume nel panorama energetico e geopolitico una posizione di assoluto rilievo. Si può paragonare ad una “grande Gibilterra” un vero e proprio check point dei traffici tra Asia ed Europa che vedono Suez e l’Egitto come via obbligata.
La centralità del continente africano nell’espansione dei cavi dipende anche dalla sua fascia nord, quella mediterranea. Sul Mediterraneo convergono i paesi del Maghreb che, oltre a generare traffico in proprio, sono soprattutto i punti di arrivo del traffico generato dagli altri paesi africani più a sud. Inoltre dal canale di Suez approdano i cavi sottomarini che provengono dall’Asia. Quindi il Mediterraneo, in particolare la sua sponda africana, rappresenta un HUB non solo tecnico commerciale per i cavi ma diventa un luogo geopolitico di enorme interesse.
Si può affermare che i cavi uniti alle risorse energetiche riportano il Mediterraneo al centro del mondo, in altre parole un ritorno ai fasti del mondo classico. Se il Mediterraneo sta diventando il centro del traffico internazionale dei cavi ed uno dei luoghi più significativi della competizione mondiale tra i maggiori attori del digitale, vi è un’altra importante partita che vi si gioca, la competizione tra Francia ed Italia. Marsiglia attualmente è in posizione vantaggiosa rispetto ai competitori italiani. La città francese, forte di un minor costo dell’energia rispetto all’Italia e di una burocrazia più snella e veloce nella concessione dei permessi, è attualmente l’HUB principale del Mediterraneo per il traffico dei cavi sottomarini. Marsiglia sta sostituendo la vecchia rotta dei cavi sottomarini provenienti dall’Atlantico che, una volta raggiunta Londra, venivano poi convogliati sul continente europeo e poi, via terra, si irradiavano nel cuore del vecchio continente. Traffico ora marittimo-terrestre garantito dallo scalo mediteranno francese.
L’Italia gode invece di una posizione geografica più favorevole, proponendo Mazara Del Vallo e Catania come antagonista alla città transalpina. Al momento tra i due contendenti è spuntato un terzo incomodo, Malta, che ha registrato una significativa espansione del traffico Internet. Come spesso accade, è stata la leva fiscale a fungere da attrazione economica e commerciale: una legge maltese ha infatti garantito sgravi fiscali per i siti internet dedicati al gioco d’azzardo a patto che i server siano collocati sull’isola.
In sintesi la realizzazione delle autostrade digitali africane cambierà, probabilmente nel breve-medio termine, il ruolo economico e politico del continente nero. Probabilmente l’Africa si lascerà alle spalle l’immagine di paese “comprato”, luogo solo di investimenti mirati alla razzia di materie prime ed un mercato di sbocco per il resto del mondo. Probabilmente i cavi a fibre ottiche contribuiranno a portare l’Africa al centro del sistema economico mondiale in accordo con la centralità della sua posizione geografica. Se la “civiltà” è partita millenni fa dal corno d’Africa, attraverso le migrazioni per espandersi prima nell’odierno Medioriente e poi propagarsi al resto del globo, ora vi sarà un ritorno dell’Africa al centro del mondo. Un corso e ricorso dei cicli storici. La competizione mondiale nel settore dei cavi sottomarini sta disegnando nuovi equilibri geopolitici e nuove prospettive economiche.
Daniele Ratti