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Visioni “al femminile”

Visioni “al femminile”

AA. VV., a cura di Ann e Jeff Vandermeer, Le Visionarie. Fantascienza, Fantasy e Femminismo: un’Antologia, Roma, Produzioni Nero, 2018.

In questa rubrica abbiamo già abbondantemente trattato di “fantascienza al femminile” poiché spesso capita che le scrittrici del genere abbiano una sensibilità libertaria – in alcuni casi, come quello notissimo della compianta Ursula K. Le Guin, anche un’esplicita adesione all’ideologia anarchica. Il che è perfettamente comprensibile, dato che l’ideologia anarchica è quella più radicalmente egualitaria e, di conseguenza, chi sente sulla propria pelle l’inegualitarismo di genere è in qualche modo portata a simpatizzare per le ideologie egualitarie in genere. Molte di loro sono ora comprese nella bellissima antologia, a cura di Ann e Jeff Vandermeer, Le Visionarie. Fantascienza, Fantasy e Femminismo, uscita in traduzione italiana nel 2018 che raccoglie racconti scritti negli ultimi decenni da autrici più o meno conosciute ma tutte con un approccio “al femminile”. Non solo scritti di donne, ma scritti che tematizzano il loro genere. Se forse si può fare una critica relativa alla scelta delle autrici, forse l’approccio è stato troppo centrato sul mercato nordamericano, tralasciando pressoché tutto il resto del pianeta – Italia compresa, che vede notevoli scrittrici che avrebbero potuto avere più che meritatamente il loro posto nell’antologia.

In cosa consiste dunque nello specifico tecnico un tale approccio “al femminile”? Nell’usare il meccanismo di straniamento – che nella fantascienza tocca il suo apice – per mostrare ogni aspetto della disuguaglianza e delle differenze di genere, sia nella forma classica e generale del “e se…”, sia nella variante specifica della Utopia/Distopia: mondi altri che fanno risaltare, fungendo da sfondi evidenzianti, i temi in questione. D’altronde il tema dell’Utopia/Distopia, sin dalle sue origini, è stato utilizzato dalle classi dominate come uno strumento di riflessione indirizzato alla loro liberazione.

Gli sfondi per far scattare il meccanismo dello straniamento presenti nella tradizione fantascientifica sono sostanzialmente quattro: il mondo unisessuale di soli maschi o di sole femmine, il mondo con diversità sessuali non binarie, il mondo in cui le separazioni di genere sono portate all’eccesso e, infine, il mondo radicalmente egualitario – spesso non solo dal punto di vista del genere. Mondi che, nella postfazione, le curatrici dell’edizione italiana Durastanti e Raimo allargano dalla letteratura alle altre forme della cultura popolare – film e serie televisive in primo luogo ma anche fumetti e graphic novel. In ogni caso, anche restando nella letteratura, l’antologia non si limita alla sola fantascienza: troviamo in essa molti esempi di horror, fantasy e di fantapolitica, scritte da autrici non necessariamente inscrivibili nello stereotipo del lettore/scrittore “nerd” che, comunemente, viene ascritto al genere.

In generale, la voce al femminile su determinati temi è capace di farceli vedere non solo in un’ottica diversa ma, soprattutto, anche più vera e capace, di conseguenza, di farci cogliere la realtà delle cose. Un esempio in merito può essere, ad esempio, il testo a cura di Richard Grusin Anthropocene Feminism: “Uno straordinario esperimento nel pensare all’Antropocene attraverso il femminismo e la teoria queer. Questo libro è una risposta audace e provocatoria all’approccio mascolinista e tecno-normativo all’Antropocene così spesso adottato da tecnoscienziati, artisti, umanisti e scienziati sociali. Coniando e, per la prima volta, esplorando completamente il concetto di ‘femminismo antropocenico’, mette in luce le alternative che il femminismo e la teoria queer possono offrire per pensare all’Antropocene.”[1]

Torniamo però allo specifico: mondi unisessuali di soli maschi o di sole femmine, mondi con diversità sessuali non binarie, mondi in cui le separazioni di genere sono portate all’eccesso e mondi radicalmente egualitari: tramite il loro ruolo di sfondo straniante tutte queste scrittrici ci hanno offerto narrazioni che ci hanno aperto la mente. La fantascienza è la letteratura filosofica delle società industrializzate: ne rappresenta i timori e le speranze di fronte ad un mondo, a differenza dei tempi precedenti, in cui la nostra vita quotidiana muta continuamente. Tra le tante cose, la fantascienza ci può insegnare che il mondo in cui viviamo non è l’unico possibile, che è possibile costruire soluzioni diverse prima di iniziare a metterle in atto e, infine, ricordarci la lezione kantiana: dire che un’utopia è impossibile molto spesso non è un’analisi scientifica ma un meccanismo ideologico di chi si avvantaggia della situazione presente per depotenziare gli attacchi alla società di cui sono le classi dominanti.

Io sono un appassionato lettore del genere e credo di non sbagliarmi dicendo che questo sorta di sfondi stranianti sono davvero assai rari negli scrittori maschi – forse talvolta è presente solo il quarto, anche qui però direi che la questione di genere è abbastanza sullo sfondo. Nei testi delle scrittrici del genere, invece, il tema del potere è rappresentato a tutto tondo: si prenda ad esempio, per uscire dalla novella e passare ad una narrativa più distesa, Il Racconto dell’Ancella di Margaret Atwood,[2] dove in un mondo del dopobomba gli Stati Uniti sono divenuti uno Stato totalitario, basato sul controllo del corpo femminile, soprattutto di quello delle cosiddette “ancelle”, le poche donne ancora in grado di procreare. È un romanzo sul potere in generale: certo, in particolare sul potere degli uomini sul corpo delle donne; questi però sono fattivamente e convintamente aiutati da altre donne, vittime e complici insieme, in una metafora straniata del presente.

Testi come questi, poi, rimandano fortemente al tema dell’intersezionalità, mostrandoci come un mondo diverso e possibile possa nascere solo con il superamento delle dicotomie, sull’inclusione delle diverse identità, anzi degli “n-sessi” di deleuziana memoria e come tutto ciò non possa avvenire se non unita alla garanzia solidale del benessere individuale e collettivo, in una radicale eguaglianza politica, economica e sociale. Nel momento in cui entra nella fantascienza, la prospettiva al femminile “più che affermare in maniera esistenzialistica e moralistica il femminile, mette in discussione e decostruisce la categoria stessa di genere/gender”[3]

Anche Ursula Le Guin – e non poteva essere altrimenti – compare nell’antologia: è stata la prima ad aprire la strada a questa generazione di scrittrici, per lo meno a quelle più coscienti della loro specificità, con la sua visione libertaria e femminista dei rapporti di potere, le sue riflessioni morali di matrice kantiana, il rapporto tra progresso tecnologico e proprietà privata dei mezzi di produzione, la guerra e la sottomissione gerarchica dei popoli e dei generi, lo sfruttamento della natura, la costruzione della sessualità tra biologia e cultura, i rapporti tra linguaggio, personalità e società. Anche queste righe le devono tanto: fu lei, nel 1975, all’Aussiecon Convention a chiedere agli uomini di riflette sul come, magari inconsciamente, avessero operato per tenere fuori le donne dalla fantascienza e, soprattutto, cosa avevano perso facendolo, per poi chiedere alle donne come, magari sempre inconsciamente, avessero accettato la loro esclusione. Non posso perciò che ringraziare lei e le sue compagne per avermi/averci offerto un punto di vista che ci apre la mente in nuovi e fondamentali modi. Il titolo originale della raccolta, poi, è Sisters of the Revolution. A Feminist Speculative Fiction Anthology: in effetti, le ho sempre sentite come tali.

Enrico Voccia

NOTE

[1] https://www.upress.umn.edu/book-division/books/anthropocene-feminism (traduzione mia).

[2] ATWOOD, Margaret, Il Racconto dell’Ancella, Firenze, Ponte alle Grazie, Ponte alle Grazie, 2017.

[3] BRAIDOTTI, Rosi, In Metamorfosi. Verso una Teoria Materialistica del Divenire, Milano, Feltrinelli, 2003.

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