Vaccini, stato, capitale

Innanzitutto una premessa: non sono affatto su posizioni noVax, anzi ritengo che i vaccini siano stati una delle grandi conquiste dell’umanità, che hanno prima salvato e poi migliorato l’esistenza di miliardi di esseri umani. Ritengo, inoltre, che, insieme ad altre di tipo strettamente farmacologico, questa strada di ricerca vada battuta con sempre maggiore insistenza, soprattutto perché l’umanità va con ogni probabilità incontro a rischi pandemici sempre più gravi, alcuni dei quali potrebbero far sembrare a loro confronto l’attuale pandemia una sciocchezzuola. Si pensi, solo per fare un esempio, al rischio assai concreto che si sviluppino batteri della polmonite antibiotico-resistenti al punto tale da superare indenni l’effetto di qualunque tipo di antibiotico oggi conosciuto.[1]

Quello su cui invece concentreremo l’attenzione, partendo dalla questione dei ritardi nella consegna delle dosi vaccinali e dei contenuti – nonché della segretezza – dei contratti intercorsi tra le case farmaceutiche e gli stati, è il rapporto che si va configurando tra il potere politico e le grandi aziende multinazionali, in modo particolare dalla firma dei famigerati accordi di libero commercio dalla fine degli anni Novanta ad oggi.[2] La questione pandemica ha messo sotto i riflettori un caso specifico ma, molto probabilmente, la questione che esamineremo ha un carattere molto più generale.

La faccenda è nota: partiti i piani vaccinali di molti paesi del mondo – pressoché tutti quelli di avanzata industrializzazione – in base a quelle che potevano ben essere legittime previsioni temporali sull’arrivo delle dosi vaccinali è arrivata un paio di settimane fa la doccia fredda: prima Pfizer poi, a seguire, molte delle altre case farmaceutiche che avevano sottoscritto i contratti di fornitura (Astra-Zeneca, Sanofi-Gsk, Johnson&Johnson, CureVac) hanno annunciato, senza particolari spiegazioni, che ci sarebbero stati ritardi, anche consistenti, nelle forniture, costringendo i governi a rivedere tutte le tempistiche immaginate e per cui si erano organizzati. Un po’ tutti i singoli governi e anche l’Unione europea hanno minacciato fuoco e fiamme, azioni legali, richieste di risarcimento e quant’altro, scontrandosi di lì a poco, però, con una serie di clausole capestro che avevano sottoscritto con le stesse case farmaceutiche.

Infatti, i contratti firmati con le suddette multinazionali della farmaceutica erano stati secretati dalla Commissione europea – situazioni simili si sono però verificate un po’ dappertutto – e non se ne conosceva di preciso l’entità economica, tanto meno i prezzi dei singoli vaccini e, soprattutto, le tempistiche stimate per la loro produzione e distribuzione, ancor meno le clausole di responsabilità applicate. Risulta secretata persino l’identità stessa dei negoziatori nominati dalla Commissione che hanno ricevuto l’incarico di trattare i contratti con le industrie farmaceutiche.[3]

Partiremo da quest’ultimo aspetto, che è secondario ma particolarmente intrigante: il fatto, cioè, che i “tecnici” incaricati dell’operazione abbiano incluso i loro stessi nomi nelle clausole di segretezza. Molto prima di Andreotti, mia nonna mi diceva che pensar male è brutto ma indovini quasi sempre; d’altronde non è proprio immediato capire, se si sta concludendo un contratto senza interessi personali e, nel caso specifico, badando invece agli interessi generali dell’umanità intera colpita dalla pandemia, perché si voglia tenere nascosta la propria identità. Tendenzialmente, direi, la gran parte dell’umanità la vorrebbe invece sbandierata ai quattro venti; magari, però, ci troviamo di fronte a persone dall’alta moralità che vogliono fare il bene per il bene, restando sconosciuti. Se così fosse ci dispiace per loro, poiché una gran massa di gente che pensa male sta immaginando tutt’altro – forse allora è un bene per loro restare sconosciuti.

Torniamo però alla questione principale: in generale, quando un cliente firma un contratto di carattere economico come questo ha accesso a tutte le sue clausole, altrimenti il contratto non è ritenuto valido da pressoché tutte le legislazioni del mondo e i governi, in teoria, dovrebbero agire a nome dei cittadini del loro paese. Ora, invece, è chiaro come i governi seguano una logica liberista che porta l’istituzione a interagire con le case farmaceutiche come se fossero solo loro i due soggetti contraenti e uno, in teoria ma anche dal punto di vista formale, non fosse invece il semplice portavoce di altri che, ciononostante, vengono tenuti all’oscuro dei termini del contratto. Certo, già Platone elogiava e individuava nel diritto alla menzogna verso i cittadini uno dei caratteri costitutivi del potere politico ma, almeno formalmente, dopo le riflessioni dell’ateniese, nelle democrazie parlamentari questo diritto è stato ristretto notevolmente, sottraendogli tra l’altro in larghissima misura proprio le transazioni economiche.

In altri termini, è evidente come i governi si sentano responsabili non verso i propri cittadini ma verso le aziende multinazionali. Il “diritto alla riservatezza”, restando nell’ambito giuridico di una società capitalistica, potrebbe essere comprensibile su questioni legate al diritto d’autore, nel non voler far trapelare aspetti tecnici della scoperta che potrebbero fornire indebiti vantaggi alla concorrenza. Anche qui però, di là delle sacrosante critiche al modello capitalistico, la cosa non regge: di fronte a una situazione di emergenza pandemica tale diritto dovrebbe cedere senza se e senza ma il passo alla “open science”, in modo da ottenere il miglior risultato per l’umanità intera nel più breve tempo possibile.[4]

Detto questo, vediamo alcuni dei “segreti” trapelati inerenti a questi accordi. Innanzitutto la questione del prezzo: la segretezza di esso è chiaramente collegata al desiderio, da parte della casa farmaceutica, di non scoprire le proprie carte nei confronti di altri governi che intendono concludere altri accordi. Insomma, ci si vuole lasciare le mani libere per concludere accordi a prezzi più alti, magari concedendo in cambio garanzie maggiori in termini di tempistica delle forniture: ad esempio Philippe Lamberts, copresidente dei Verdi europei, afferma che “le voci di corridoio ci dicono che le forniture allo stato di Israele sono garantite poiché il prezzo del vaccino è più alto”[5] – in altri termini, le case produttrici starebbero rallentando intenzionalmente le forniture a determinati paesi che hanno accettato determinate regole capestro per garantirle ad altri che, in cambio di un prezzo maggiore, non le hanno invece sottoscritte.

Passiamo poi alla questione dei rischi legati alla somministrazione dei vaccini e anche qui occorre una premessa: nessun rimedio farmacologico, naturale, di origine naturale o di sintesi, è immune da rischi – chi cerca il rischio zero non dovrebbe curarsi con niente e lasciar decorrere la malattia per il suo corso naturale. Come in tutte le cose della vita, occorre mettere sulla bilancia il rischio della malattia da un lato e la probabilità che il preparato farmaceutico possa comportare danni. Dalla nascita della medicina legata alla scienza moderna a oggi, nella stragrande maggioranza dei casi, il gioco della bilancia è stato dalla parte dei preparati farmaceutici, ovviamente con le eccezioni del caso le cui responsabilità giuridiche, solitamente, sono a carico delle case farmaceutiche.

Tra le clausole secretate del contratto Pfizer/UE trapelate compare però una specifica clausola che di solito non c’è nei contratti vaccinali, tesa a proteggere l’azienda da richieste di risarcimenti o indennizzi e determinerebbe invece come ente pagante il singolo stato ove il caso si verificasse. In ogni caso se il vaccino non funzionasse l’azienda sarebbe comunque penalmente responsabile ma, da un lato, in un caso del genere una causa penale sarebbe l’ultimo dei problemi per la casa farmaceutica, dall’altro questo non ha nulla a che vedere con le reazioni avverse (chi ha reazioni avverse quasi sempre è comunque vaccinato). Tutto ciò non significa nulla dal punto di vista della sicurezza in sé del vaccino (che, se non ci hanno mentito ma nulla ce lo indica oggettivamente, è stato ampiamente testato e successivamente certificato in maniera oggettiva) ma, certamente, è un altro elemento che mostra il livello di sudditanza che hanno mostrato gli stati di fronte alle aziende multinazionali.

Infine, la tempistica. A quanto pare negli accordi sulle consegne delle dosi non ci sono appigli legali cui appellarsi, nonostante vari governi abbiano inizialmente fatto la voce grossa ventilando azioni legali: sarebbero state infatti contrattualizzate solamente le consegne trimestrali, nonostante i governi abbiamo programmato le cose a livello settimanale. Pfizer, insomma, potrebbe consegnare l’intero lotto l’ultimo giorno del trimestre senza rompere con ciò gli accordi stipulati. Inoltre, il fatto che che da ogni fiala si possano ricavare sei dosi e non cinque non significa che avremo più dosi a disposizione: al contrario, saranno consegnate meno fiale. Sul contratto pare infatti siano stabilite le quantità in base alle dosi consegnate e non al numero di fiale…

Anche se al 31 marzo, contando le sei dosi, Pfizer venisse meno agli accordi, la casa farmaceutica comunque pagherebbe solo una penale pari a un quinto del valore delle dosi ancora da consegnare fino a fine contratto: questo, poi, solo dopo che fossero fallite altre strade come il rimborso delle sole dosi non consegnate o la definizione di un nuovo calendario che permetta il recupero del ritardo. In pratica, si prospetta un nuovo “caso Benetton”, con i governi che fanno fuoco e fiamme sul momento per placare l’opinione pubblica, per poi ritirarsi in buon ordine di fronte alla logica liberista.

Enrico Voccia

NOTE

[1] A questo gravissimo rischio nemmeno un anno fa, nel numero di febbraio 2020, Le Scienze dedicava un intero speciale, cui rimandiamo per un primo approccio alla questione.

[2] Vedi VOCCIA, Enrico, “Dittatura Sanitaria? No, Dittatura del Capitale”, in Umanità Nova, anno 100, n° 34, 15 novembre 2020, p. 4 e VOCCIA, Enrico, “Soldi alla Sanità… Ma Quale? E Perché?”, in Umanità Nova, anno 100, n° 36, 29 novembre 2020, pp. 1-2.

[3] Su questo ci sono state varie interpellanze parlamentari in tutto il mondo. Vedi, per un esempio recente, https://www.europarl.europa.eu/doceo/document/E-9-2020-006302_IT.html.

[4] https://www.fanpage.it/attualita/vaccino-covid-19-perche-le-case-farmaceutiche-devono-essere-obbligate-a-condividere-i-brevetti/.

[5] https://ilmanifesto.it/case-farmaceutiche-e-ue-la-segretezza-dei-contratti-e-un-insulto-alla-democrazia/

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