Introduzione e intervista di William C. Anderson
Adattamento e traduzione J.R. e Lorcon
Traduciamo e pubblichiamo questa intervista apparsa originariamente sul sito della Black Rose/Rosa Negra Anarchist Federation a Lorenzo Kom’boa Ervin.[1] Per ragioni di spazio e di comprensione abbiamo operato un adattamento del testo. Riteniamo importante la diffusione di questa intervista in quanto Lorenzo Kom’boa Ervin è una delle principali voci dell’anarchismo statunitense, un militante la cui esperienza abbraccia gli ultimi cinque decenni di storia del paese la cui costruzione teorica e le prassi sono passate dal Black Panthers Party all’anarchismo sociale. Non siamo concordi con tutte le visioni espresse da Lorenzo Kom’boa Ervin, sopratutto sulla questione del fascismo e sull’imminente crollo degli Stati Uniti e sospendiamo il giudizio su alcune questioni, la polemica con l’Anarchist Black Cross ad esempio. Al netto di queste precisazioni, questa è un’intervista importante per comprendere lo stato dell’arte del movimento negli Stati Uniti d’America. Sull’utilizzo del termine “potere” all’interno del testo dell’intervista invitiamo a tenere conto della distinzione tra i concetti di “dominio” e di “potere”. (J.R. e Lorcon)
William C. Anderson è uno scrittore indipendente di Birmingham, Alabama e coautore di As Black as Resistance (AK Press, 2018). William C. Anderson intervista il veterano ex Pantera Nera e prigioniero politico sull’attuale crisi politica, il fascismo e la crescente rilevanza dell’anarchismo nero. È in atto una campagna di raccolta fondi per sostenere Lorenzo e JoNia Ervin, entrambi anziani e bisognosi di un supporto economico per le loro spese mediche e la vita di tutti i giorni.[2]
Il nuovo coronavirus, noto anche come COVID-19, ha evidenziato i disastri che quotidianamente il capitalismo provoca. La mancanza di assistenza sanitaria, un ambiente sicuro, alloggi e cibo sono una questione quotidiana per un segmento sempre crescente di persone vulnerabili. Ciò ha portato in molte persone un notevole interesse per l’anarchismo. I fallimenti dello Stato sono evidenti nelle soluzioni inefficaci, nell’intenzionale negligenza e nel totale disprezzo per la vita umana. Ciò pone la questione della plausibilità delle soluzioni statali. Per tutta risposta le autorità, riconoscendo i disastri in atto, hanno preferito agire come hanno sempre agito, in altre parole con la repressione: crescenti attacchi (a chiunque osasse protestare ndr) ed i soliti capri espiatori di sempre: gli anarchici. Nulla di nuovo: è uno schema tipico.
Come al solito, in virtù di interpretazioni errate e tendenziose, all’anarchismo è stata negata una rappresentazione che tenga conto della sua complessità. La complessità di varie esperienze politiche, di principi e approcci anarchici è stata ridotta allo stereotipo del lanciatore di bombe e terrorista. Anche se gli anarchici si sono organizzati prendendo parte a progetti di mutuo soccorso in tutto il paese durante questa pandemia, questo purtroppo non è ciò che l’anarchismo rappresenta per molte persone. Nel bel mezzo di una pandemia globale, l’efficacia di questo tipo di progetti associati ad altri programmi di sopravvivenza è diventata particolarmente rilevante, anche se per gli oppositori era fondamentale la necessità di attaccare queste politiche da tutte le parti. Tuttavia il crescente interesse per l’anarchismo nero è rimasto immutato.
L’anarchismo nero è stato a lungo sostenuto dalle opere di pensatori e rivoluzionari spesso trascurati. Tra loro c’è Lorenzo Kom’boa Ervin. Ho incontrato Lorenzo per la prima volta nel 2012 in un seminario organizzativo che ho aiutato a condurre insieme ad altri militanti in tutto il sud. Non ci volle molto a Lorenzo ed alla sua compagna JoNina Ervin per chiarirmi le verità dell’anarchismo. Mi hanno così avviato nel viaggio che mi ha condotto ad abbracciare completamente l’anarchismo nero.
Lorenzo ha vissuto una vita rivoluzionaria. Dopo essere stato introdotto all’anarchismo da Martin Sostre, un “avvocato di prigione”,[3] che è stato uno degli artefici del movimento per i diritti dei prigionieri per come oggi lo conosciamo, il quale ha dovuto combattere e sfuggire alle autorità statunitensi più di una volta, Lorenzo ha vissuto in tutto il mondo insegnando ed organizzando (i compagni ndr.). Questi sono solo alcuni dei motivi per cui le sue riflessioni sulla fase attuale risultano essere meritevoli di attenzione. Ho parlato con Lorenzo dell’autonomia degli afroamericani, del fascismo e di tutto ciò che è necessario per affrontare la crisi. Questa intervista è stata modificata per brevità e chiarezza.
William C. Anderson (WCA): Cosa pensi delle attuali rivolte che si stanno verificando in tutto il paese in risposta alla violenza della polizia?
Lorenzo Kom’boa Ervin (LKE): Penso che le rivolte siano buone, ma stiamo osservandone anche i limiti in quanto rivolte rivoluzionarie. Queste limitazioni consentono allo Stato di sovvertirne la natura, “normalizzando” le rivendicazioni nell’ambito delle mere riforme che lo Stato, i politici liberali e tutti gli altri, sono in grado di utilizzare contro il movimento. Questo tipo di cooptazione avviene ormai da tempo. Ho assistito a 60 anni di proteste e cosiddette “rivolte” e ribellioni sia nelle grandi città sia nei piccoli paesi come Ferguson, nel Missouri. Ho vissuto 60 anni di tutto ciò fin dal 1964 con la rivolta di Harlem a New York e quello che accadeva ha sempre avuto a che fare con la polizia. In una modo o nell’altro i poliziotti uccidono qualcuno, picchiano qualcuno o sono semplicemente entrati nella comunità ed hanno commesso ogni sorta di atrocità. Le persone quindi hanno reagito. Ciò che è successo in questo caso è che la gente si sia ribellata, abbia reagito e che abbia organizzato un fronte di protesta di massa. Poi però la governance cerca di usare la spinta della massa e proporre alcune riforme liberali, che in realtà liberali non lo sono affatto.
Quello cui assistiamo è un acuirsi od un protrarsi del terrore, del razzismo della polizia. Quindi dobbiamo chiederci: “Ok, stiamo protestando, stiamo stanando il colpevole; ma non stiamo capendo che il nostro ruolo qui ed ora è quello di trasformare la società nel suo insieme?” Non stiamo cercando di ottenere solo un po’ di “tagli ai finanziamenti della polizia” o cose del genere. Il governo non sta concedendo nulla e, anche con tutta la pressione delle proteste, non ha ancora escogitato nulla in termini di programmi per prevenire ulteriori atrocità contro i neri. Ci sono state migliaia di persone uccise dalla polizia negli Stati Uniti ed il governo ha garantito l’impunità ai poliziotti assassini.
Questa è, secondo me, una forma di conflitto sociale o di controllo fascista e dobbiamo capirlo. Stanno usando gli agenti più violenti, specialmente nella comunità nera e nelle comunità povere. Li stanno usando anche per sconfiggere qualsiasi opposizione politica di base. Li stanno usando per creare un nuovo tipo di sistema criminale col quale accusano sommariamente le persone e le sbattono in galera per lungo tempo con condanne draconiane. Questo va avanti da molto tempo. Quindi, le ribellioni sono meravigliose, è bello vedere le persone reagire.
Tu conosci il mio punto di vista, quello di un vecchio attivista di lunga data, che cerca di guardare all’essenza reale di una lotta, non solo al fatto che sta accadendo. L’orientamento della lotta oggi è molto simile a quello che ho visto nelle fasi finali del movimento per i diritti civili. Li vedi ottenere le riforme ma non ottenere la trasformazione del sistema. Questa è la differenza tra rivoluzionari e riformatori: noi vogliamo distruggere completamente lo Stato. Non possiamo organizzarci allo stesso modo in cui ci siamo organizzati negli anni ’60, non possiamo organizzarci allo stesso modo in cui ci siamo organizzati anche solo 30 o 20 anni fa. Dobbiamo aprire un nuovo terreno politico e avere una nuova teoria politica e nuove tattiche politiche.
WCA: Che tipo di consiglio daresti ai giovani radicali che vogliono trasformare questa società? Che consiglio daresti a coloro che sono politicizzati e che cercano una direzione su come fare le cose che ritieni debbano essere fatte?
LKE: Noi come attivisti, come organizzatori, dobbiamo rendere noi stessi e le nostre comunità ingovernabili. So che hai già sentito questo termine. Significa esattamente quello che dice. Dobbiamo fare in modo di creare un nuovo tipo di sistema politico nostro, che si tratti di doppio potere o di democrazia diretta rivoluzionaria od in qualunque modo vogliamo chiamarlo in questo momento. Dobbiamo creare quel tipo di movimento, un movimento antifascista di massa da un lato e, dall’altro, dobbiamo avere la capacità, su vasta scala, di costruire una capacità di sopravvivenza di massa basata sulla comunità, basata su cooperative nel ghetto per ospitare chi si trova senza casa, ricostruire le città e prendersi cura dei bisogni materiali dei proletari. Dobbiamo essere in grado di costruire tutto ciò.
Non sono contrario ad alcuni di questi gruppi che stanno nascendo perché, sebbene non siano radicali, potenzialmente potrebbero trasformarsi in qualcos’altro. Ciò che però deve accadere è che dobbiamo raggiungere le masse dei pauperizzati urbani con questi programmi. Stiamo combattendo per mettere il potere nelle mani delle persone in una nuova società. Presumibilmente, i rivoluzionari sanno alcune cose in alcune aree dell’organizzazione che la gente non sa. Quindi dobbiamo addestrarli, dobbiamo equipaggiarli per essere indipendenti dall’attuale struttura politica. Penso anche che il Black Panther Party in questo avesse ragione: abbiamo bisogno di programmi di sopravvivenza e dobbiamo andare oltre quello che si aveva. Dovremmo cercare di costruire l’economia di sopravvivenza in questo periodo, proprio adesso.
Dovremmo passare da questo periodo nel quale ci sono solo alcune persone che capiscono o praticano il mutuo soccorso mentre le masse non lo fanno. Quindi dobbiamo andare oltre il “semplice aiuto”, per lavorare verso una sorta di economia diversa, un’economia di sopravvivenza che si indirizzi sulla via del pieno comunismo anarchico. Forse è il nome che conosciamo, come anarchici ma, in alcune parti del mondo, la chiamano “economia solidale” per la sopravvivenza al capitalismo. Comunque si decida di chiamarla dobbiamo ottenerla, così da non essere totalmente dipendenti dallo Stato capitalista. Non pretendo di sapere tutto ma conosco alcune cose e, in particolare, so cosa non funzionerà: non funziona quando permetti agli stessi poliziotti corrotti e razzisti di affermare che sono stati riformati o hai gli stessi politici che affermano: “Beh, questo non è lo stesso sistema, non abbiamo mai trovato un modo per depotenziare la polizia ma la stiamo riorganizzando, quindi sii paziente!” Lo stesso George Jackson, prigioniero radicale in California e membro del Black Panther Party negli anni ’60, ha affermato che tali riforme della polizia o delle prigioni non sono altro che l’ulteriore ascesa del fascismo. Aiutano il fascismo a diventare accettabile per la gente.
Ci occupiamo di questo da anni, perché avrete certamente notato come la polizia ha utilizzato diversi tipi di guerra psicologica e pseudo campagne come Weed and Seed[2] o la “polizia di prossimità” nel corso degli anni. Quella roba è stata progettata per conferire più potere alla polizia nelle comunità più problematiche. Sono misure di controllo e profiling razziale e dobbiamo capire cosa è accaduto fino ad oggi. Trump è solo il culmine o la fase finale della loro costruzione del fascismo. Hanno costruito il sistema carcerario che è il più grande del mondo. L’hanno costruito anni fa. Hanno iniziato ad usare la polizia paramilitare anni fa, specialmente nella comunità nera.
Devi porti alcuni interrogativi critici su come sia mai stato possibile consentire che ciò accadesse in un momento in cui hai in giro tutti questi cosiddetti anti-razzisti ed antifascisti, almeno di nome, che però non fanno nulla per far fronte a questo tipo di lotta fascista. Vanno in strada e combattono contro qualche nazista ubriaco, una parodia di campagna antifascista. Ora abbiamo bisogno di molto di più di questo. Abbiamo bisogno della capacità di avere una massa di base, non solo giovani ma comunità, un ampio segmento sociale. Abbiamo bisogno che quella massa di base si aggiunga a un nuovo tipo di politica con il controllo diretto delle persone, piuttosto che di politicanti, predicatori o chiunque altro. Dite ai giovani di costruire movimenti dal basso. Costruire movimenti di resistenza e costruire un movimento abbastanza ampio da non poter essere controllato dallo stato, in modo che sia ingovernabile come accennavo poc’anzi. In questo momento ingovernabile significa molte cose per le persone nel movimento: significa il tipo di tattiche in cui ti impegni per strada, significa come la comunità è organizzata per non dipendere da politici, significa un boicottaggio di massa delle corporazioni capitaliste, una nuova economia di transizione e molto altro.
Una cosa che non mi stancherò mai di ripetere alla gente è che non possiamo organizzarci come facemmo negli anni ’60, non possiamo organizzarci come facemmo 30 o 20 anni fa. Dobbiamo aprire un nuovo terreno politico e avere una nuova teoria politica e nuove tattiche politiche. Questi non provengono da una persona o da un gruppo da solo, deve essere deciso dalle persone stesse.
WCA: Puoi parlarci un po’ del motivo per cui hai avviato Black Autonomy e di cosa si tratta?
LKE: Black Autonomy è stata un’iniziativa scaturita dal tentativo di affrontare il fatto che all’interno del movimento anarchico c’erano pochissime persone di colore. Black Autonomy è stato pensato anche per essere un gruppo di pressione contro il razzismo all’interno del movimento anarchico. A quel tempo, gli anarchici bianchi negli Stati Uniti non stavano realmente indirizzando la loro azione politica verso la comunità nera o verso i militanti neri. Ad essere sinceri, in quel periodo (il movimento anarchico ndr) non era un vero e proprio movimento antirazzista. Alla fine sono giunto alla conclusione che quello che avremmo dovuto fare era creare una tendenza afroamericana/nera all’interno del movimento anarchico, abbastanza forte da reggersi da sola. Questa è stata la stessa ragione per cui ho iniziato a scrivere Anarchism and the Black Revolution, un libro che sollevava le contraddizioni sulla razza, il colonialismo e l’oppressione e invitava gli anarchici ad elevare la loro coscienza. Non l’avevano mai considerato un problema od una questione centrale prima di allora; non hanno mai pensato agli afroamericani a meno che non stessero cercando di cooptare i neri all’interno di una linea di tendenza, neanche questo però stava di fatto accadendo quando sono arrivato nei primi anni ’70.
Negli Stati Uniti, il lavoro e le condizioni di vita dei neri sono sempre stati diversi da quelli della popolazione bianca, risalendo fino alla schiavitù. Qualcosa che lo stesso Marx ha definito “piedistallo” per la creazione del capitalismo negli Stati Uniti; la schiavitù nera. Ho cercato di convincere gli anarchici a comprendere il fenomeno e a pensarlo in modo più critico, essi però si risentirono parecchio con me per quanto andavo dicendo. Quindi abbiamo creato il nostro costrutto ideologico e la nostra organizzazione, che non era certamente perfetta, creata sotto auspici tutt’altro che provvidi, ma l’abbiamo creata. Fronteggiava la paura, il senso di colpa e all’ostilità degli anarchici bianchi, i quali di fatto non diedero alcun vero sostegno a Black Autonomy. Abbiamo creato quella che era essenzialmente un collettivo ad Atlanta. Siamo quindi giunti a costituire una federazione nazionale di dieci città e un gruppo a Londra.
Ad Atlanta si discuteva sulla direzione da prendere e dalla strada arrivavano i suggerimenti sulla necessità di organizzare la comunità nera contro le condizioni di miseria e segregazione sociale. Abbiamo iniziato a organizzarci dopo l’assassinio, da parte della polizia del P.D. di Atlanta, di un fratello di nome Jerry Jones nel 1995, abbiamo anche iniziato a organizzarci contro il tentativo del governo della città di sottrarre il sistema di trasporto pubblico ai poveri e ai lavoratori del centro città per darlo ai benestanti residenti della periferia.[3] Avrebbero aumentato così tanto le tariffe che le persone che vivevano in città non sarebbero state in grado di permettersi l’uso dei mezzi pubblici. Così abbiamo fondato il Movimento per la sopravvivenza dei poveri e da questo è nata l’Atlanta Transit Riders Union. Stavamo combattendo contro le autorità che gestivano il trasporto pubblico ed abbiamo iniziato a sollevare contraddizioni su razza, classe e povertà che si annidavano da anni negli uffici delle autorità cittadine. Quella è stata una campagna di successo. Siamo stati in grado di respingere per anni gli aumenti delle tariffe. Le abbiamo propinate ai ricchi, al governo della città e alle corporazioni, invece che ai poveri o ai lavoratori che non avevano altre opzioni per spostarsi.
La stessa Black Autonomy era un’organizzazione anarchica ma comprendeva anche che la sua politica era basata sulla realtà dell’oppressione dei neri negli Stati Uniti ed in tutto il mondo. Ci siamo organizzati attorno alle cose che vediamo accadere ancora oggi: la detenzione di massa di persone di colore e omicidi da parte della polizia o dei vigilantes fascisti. Ci siamo organizzati in diverse città negli anni ’90 e anche negli anni 2000. La manifestazione anti-klan del 2013 a Memphis, nel Tennessee, è stata la più grande manifestazione antifascista di quell’anno con 1.500-2.000 persone. Da anni ci organizziamo in diverse città contro il terrorismo poliziesco.
Così Black Autonomy ha iniziato ad organizzarsi, proponendo idee che possano raggiungere i giovani e cercando di combattere le carceri in quanto istituzioni. Non solo per combattere i giudici e tutta questa spazzatura istituzionale ma anche per affrontare il fatto che le carceri siano sistematicamente utilizzate come strumento di oppressione dei neri e dei poveri. Sfortunatamente, non siamo stati in grado di coagulare attorno a noi forze sufficienti su questa faccenda per costruire un movimento di base contro la detenzione di massa. Abbiamo cercato di farci aiutare da gruppi come la Croce Nera Anarchica ma abbiamo fallito quando si sono uniti alla sinistra autoritaria.
WCA: Perché pensi che l’attuale amministrazione si stia concentrando sugli anarchici e sugli antifascisti?
LKE: Trump ha bisogno per prima cosa di un capro espiatorio. Gli Antifa sono disposti a combattere questi fascisti per strada e lo fanno da un po’ di tempo. Quindi Trump è in grado di utilizzare quella “violenza” per giustificare le sue politiche repressive e diventerà più aggressivo col passare del tempo. Penso davvero che voglia perseguirli fin nei tribunali federali per “tradimento”. Vogliono tatticamente proporre gli Antifa come “nemici dello Stato”. Penso che avrebbe usato il Dipartimento di Giustizia e la sua squadra di scagnozzi federali per cercare di distruggerli ormai se non fosse stato per il fatto che ha dovuto candidarsi e non ha avuto le mani completamente libere. Penso che Trump sia convinto – in una certa misura può essere anche vero – che molte delle cose che stanno accadendo per strada siano dovute agli anarchici che sembrano avere riscosso un sostegno di massa.
Il fatto è che, per quasi 100 anni, il governo ha sempre visto gli anarchici come una seria minaccia. Negli anni passati ci sono sempre state ondate di repressione ai danni degli anarchici, anche se negli ultimi tempi gli anarchici non hanno fatto molto per giustificare questo tipo di repressione. Sono sorpreso che stia arrivando ora ma non sono sorpreso in un certo senso, perché siamo un comodo capro espiatorio in quanto tendenza più pericolosa a sinistra. I comunisti? Oh i comunisti sono tutti esauriti! (risate) Sono tutti esauriti e corrono per una carica o altro. Non lo dico per dire, ma in questo momento ci sono molti elementi comunisti che flirtano con lo Stato ed i capitalisti.
Il Dipartimento di Giustizia e l’FBI vogliono fare del movimento di protesta per i neri un capro espiatorio, in quanto non sono ancora stati in grado di farlo con il movimento nero in sé, anche se si sono inventati questo cosiddetto “programma di sicurezza” dello Stato qualche tempo fa, col quale stavano cercando di perseguire gli attivisti neri, sai, “estremisti.” Il movimento di protesta sta spingendo il governo mettendolo spalle al muro ma non è in grado di soffocarlo. Ciò di cui abbiamo bisogno è il tipo di movimento rivoluzionario che possa abbattere lo Stato e creare una nuova società tutti insieme.
WCA: Volevo chiederti della crescente popolarità dell’anarchismo nero. Ci sono molte persone di colore che stanno diventando più interessate all’anarchismo e molte di queste si stanno interessando al tuo lavoro. Vorresti parlare del perché pensi che stia accadendo? Vorresti anche dire qualcosa di ciò che speri possano trarre dal tuo lavoro e dall’anarchismo nero?
LKE: In primo luogo, per me è stata una sorpresa persino scoprire che c’erano nuove tendenze anarchiche, tendenze anarchiche nere, sulla scena. Questo è frutto del lavoro svolto con Black Autonomy. Qualunque errore abbiamo potuto commettere nel costruire una tendenza di massa anni fa, parla di quel lavoro. Penso che se non avessi scritto “Anarchism and the Black Revolution” e fatto tutte le altre esperienze coi compagni con cui ho lavorato, la gente non avrebbe nemmeno saputo delle idee dell’anarchismo nero.
Io sono per un anarchismo che si sostanzia nella lotta di classe. La mia prospettiva è che l’anarchismo proviene dal movimento socialista; è infatti socialismo autonomo o socialismo libertario. Quelle stesse idee del socialismo fondate su autogestione e autogoverno proposte da Bakunin; non a caso il movimento anarchico faceva parte del primo movimento comunista internazionale. Quindi la mia idea è che, se le persone vogliono avere una prospettiva anarchica o un’idea politica anarchica nera, devono capire che dobbiamo costruire un movimento che dia il potere agli sfruttati. Non è solo un termine artistico, stiamo combattendo non per avere un partito, una setta o una leadership. Stiamo combattendo affinché le persone sul campo, dal basso, possano iniziare a costruire una nuova vita tanto per se stesse quanto per una nuova società. Sono in corso svariati dibattiti su come potrebbe essere quella società o su quali fasi transitorie di lotta e costruzione di una nuova società si debbano attraversare.
Credo che dovremo giocoforza attraversare una fase di transizione. Ora, in questo preciso momento, si tratta di organizzare comunità rivoluzionarie, non solo “proteste pacifiche” per fare appello al governo. Dobbiamo adottare un nuovo modo di pensare la resistenza e la ricostruzione delle comunità, in modo da essere ingovernabili da parte dello Stato. Dobbiamo pensare alle persone che costruiscono comuni rivoluzionarie ed altre forme di entità politiche indipendenti. In questo momento dobbiamo pensare all’arrivo di milioni di senzatetto e parlare di come dar loro un posto dove vivere. Come trattiamo il governo per costringerlo a fornire quelle risorse e come lottiamo contro il governo per impossessarci completamente degli alloggi? Il governo ti farà la guerra, che tu sia pronto o no.
Riconosco che una tendenza di massa che utilizza la non violenza in una certa fase storica può respingere il governo ed è quello che sta accadendo in questo momento. Sì, il movimento di protesta sta respingendo il governo, spingendolo contro il muro, ma non lo schiaccia. Ciò di cui abbiamo bisogno è il tipo di movimento rivoluzionario possa schiacciarlo e creare una nuova società tutti insieme. Queste organizzazioni di cui stiamo parlando sono soffocate dalla coscienza piccolo borghese, dall’organizzazione piccolo borghese, dalla leadership piccolo borghese e così via, queste spinte creano un certo tipo di movimento che non arriverà al punto di “fare tutto” come si diceva un tempo. Penso davvero che abbiano costruito dei limiti alla loro capacità o alla loro volontà di rovesciare lo Stato o addirittura di parlarne. La cosa divertente è che dobbiamo continuare a pensare a cose del genere, rovesciare lo Stato, non ottenere riforme. Non voglio dire che non dovresti mai ottenere delle riforme se le puoi avere immediatamente ma, in questa fase, siamo andati troppo oltre. Questo momento è un momento rivoluzionario e sono successe alcune cose per renderlo così, non solo le proteste.
Il sistema stesso vacilla a causa del virus COVID-19. Tutte ciò che sta accadendo sta mettendo lo Stato in un delle posizioni più deboli nelle quali si sia mai trovato. Anche Trump o chiunque si impadronisca dello potere e cerchi di creare uno stato fascista non lo fa da una posizione di forza. Non stanno quindi cercando di imporre la dittatura da una posizione di forza, stanno cercando di imporla da una posizione di debolezza e paura. Ecco perché ho detto che dobbiamo costruire una forza alternativa e radicale, in modo che possa poi funzionare in un modo del tutto diverso dal passato, per rovesciare l’intero sistema. Non più quindi il dualismo Democratici o Repubblicani. In ultima analisi, Trump potrebbe volere una dittatura personale. Ma l’altro ragazzo [Biden], è un agente dello Stato ed è un oppressore a pieno titolo. Ha aiutato a portare il sistema carcerario al punto in cui si trova. La sua compagna di corsa, Kamala Harris, beh, lei è una democratica tanto quanto lui. È altrettanto favorevole all’uso della polizia e del governo contro i poveri. Dobbiamo essere in grado di istruire masse di persone su queste cose mentre creiamo un’alternativa, in modo che non si lascino ingannare. Abbiamo bisogno di una nuova società e di un nuovo mondo.
Note
- https://blackrosefed.org/ungovernable-interview-lorenzo-komboa-ervin-anderson/
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https://www.gofundme.com/f/support-revolutionary-elders-lorenzo-komboa-ervin
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Nel testo originale “jailhouse lawer”, un detenuto autodidatta in questioni di diritto penale e carcerario, che cerca di ottenere il rilascio attraverso manovre legali o che consiglia i compagni detenuti sui loro problemi legali.
- Weed and Seed è un programma del Dipartimento di Giustizia. La strategia Weed and Seed segue un duplice approccio: le forze dell’ordine locali e i pubblici ministeri cooperano per “estirpare” (o diserbare) i crimini violenti e l’abuso di droghe, e il “seeding” (la semina) porta nell’area servizi sociali che comprendono prevenzione, intervento, trattamento e rivitalizzazione del quartiere. Una componente di polizia collega le strategie di diserbo e semina: gli ufficiali ottengono cooperazione e informazioni dai residenti dell’area, mentre vengono assistiti e consigliati sulle procedure di rivitalizzazione delle risorse della comunità.
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Va compreso che negli anni che vanno dai ’70 ai ’90, in molte aree urbanizzate del Stati Uniti i centri erano occupati da opifici e palazzine per operai, il centro era quindi ben lungi dall’essere il centro città stile europeo, ndr.