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Meridionalismo e Anarchia

Meridionalismo e Anarchia

La crisi è alle nostre spalle”. “Prevedo un nuovo boom economico” ed altre pillole profetiche ed esilaranti fino a poco tempo fa venivano propinate dal governo in carica… Previsioni che i vari centri studi dell’economia nazionale hanno ridimensionato, pur mantenendo un atteggiamento tutto sommato lievemente ottimista: “la crescita del prodotto sarà pari a +1,2% nel Centro-Nord e +0,7% al Sud” spiega il rapporto Svimez del 2019.

Se il paese tutto arranca, il meridione sprofonda nella depressione totale. Considerando il dato storico del mezzogiorno (dal 2008 al 2014) registriamo un calo del -13,2% del PIL a fronte di un calo del centro nord che è pressoché la metà: del 7,2%.[1]

Il divario si approfondisce e ci sono forti dubbi sull’aumento dei consumi delle famiglie, grazie anche al fatto che ad un aumento del debito pubblico non corrisponde una diminuzione proporzionale del debito privato.[2] L’aumento dell’IVA e la decurtazione dell’assegno pensionistico per chi aderisce a quota cento faranno il resto.

Questo non vuol dire che il reddito di cittadinanza – come qualunque forma di redistribuzione del reddito a vantaggio delle classi povere – di per se non sia una misura valida, quello che si sottolinea è che gli obiettivi statali di riduzione del tasso di disoccupazione, di crescita economica e di rilancio degli investimenti pubblici e privati, sono ancora una chimera.

A questo punto una parentesi è d’obbligo: quello che stiamo descrivendo è l’incapacità dello Stato di contrastare qualsiasi crisi economica, se non con l’aumento dello sfruttamento e di altre manovre lacrime e sangue sulla pelle dei lavoratori. I riferimenti ai dati governativi e di altri centri studi economici li presentiamo al solo scopo di osservare la situazione complessiva con gli occhi dell’avversario e non per auspicare un “rilancio dell’economia”, che nella loro ottica si otterrà sempre a vantaggio dei padroni ed a discapito dei lavoratori e degli sfruttati.

Ritornando alla “questione meridionale” ed all’approfondirsi del divario fra nord e sud del paese, nel rapporto Svimez del 2018 si legge: “A metà 2018, il numero di occupati nel Mezzogiorno è inferiore di 276mila unità rispetto al livello del medesimo periodo del 2008, mentre nel Centro-Nord è superiore di 382mila unità. Un dato che fotografa chiaramente come la crisi abbia aperto uno squarcio nel tessuto economico e sociale del Sud, solo parzialmente rimarginato dalla ripresa”, con un tasso di occupazione che risulta “ancora due punti al di sotto del 2008 nelle regioni meridionali (44,3% nel 2018, era 46% nel 2008) mentre ha recuperato i livelli 2008 nel Centro-Nord (65,9%)”.[3]

Mentre i buffoni al governo si preoccupano dei flussi migratori e di contrasto all’immigrazione nessuno di loro, nemmeno lontanamente, si azzarda ad accennare all’ondata “emigratoria” che investe il sud: negli ultimi 16 anni hanno lasciato il Mezzogiorno un milione e 883 mila residenti: la metà sono giovani di età compresa tra i 15 e i 34 anni.[4] In poche parole, immaginiamo una città con il doppio degli abitanti di Napoli, svuotata dall’oggi al domani: uno scenario post-apocalittico alla Richard Matheson nel suo I am Legend, con la differenza che in questo caso non sono rimasti più nemmeno i vampiri.

La ricetta miracolosa doveva consistere nella messa in rete dei centri per l’impiego con l’ausilio di nuovo personale di assistenza e guida alla ricerca di lavoro (tutor, navigator, ecc.) anch’essi del resto assunti con contratti precari (ricordiamo che il RDC è una misura sperimentale che dura solo due anni, poi bisognerebbe trovare nuove risorse…). Benissimo! Vediamo qualche esempio: “Al Centro per l’impiego [CPI] di Bari, spesso le stampanti non funzionano, così gli operatori dei Cpi non possono compilare i formulari che servono alla profilazione di quanti vanno a cercare un lavoro o un sussidio. (…) In Italia, al netto di qualche esempio virtuoso, I CPI non sono adeguatamente finanziati. In Germania vengono investiti annualmente 3.700 euro per disoccupato, 1.300 euro in Francia, 250 euro in Spagna, 100 euro in Italia”. Ad affermarlo non è un pericoloso rivoluzionario anarchico ma l’assessore al bilancio del comune di Brindisi, Cristiano D’Errico.[5]

In tutto il sud la situazione è assolutamente desolante, con personale insufficiente, uffici vuoti, pc obsoleti e senza internet, persone in cerca di lavoro trattati come sudditi costretti a fare i nottambuli fuori gli uffici dei centri per l’impego.[6] Legare il reddito di cittadinanza, che dovrebbe essere una misura incondizionata e di sostegno ai più disagiati, alla ricerca del lavoro, in un contesto quale il mezzogiorno d’Italia non può far altro che creare dei mostri. Sul fronte industriale, infatti, il sud assiste ad una ecatombe di chiusure, delocalizzazioni e dismissioni (Al MISE ci sono 210 tavoli di crisi che coinvolgono oltre 200.000 lavoratori), non ultimo il caso Whirpool a Napoli, la chiusura di Mercatone Uno con le varie filiali al sud, la questione Ilva non ancora risolta ecc. ecc. Sul fronte lavorativo in generale assistiamo ad una sterminata massa di precari e di working poor, fenomeno che al sud assume aspetti a dir poco allarmanti.[7]

Da questo punto di vista l’autonomia differenziata delle regioni del nord si incanala nel solco del neo-indipendentismo contemporaneo richiesto dai “ricchi”, ovviamente con le dovute differenze, infatti per il momento si parla appunto solo di “autonomia”. Parliamo comunque di un fenomeno globale o quantomeno europeo, basti pensare alla Catalogna in Spagna, alle Fiandre in Belgio ed alla Baviera in Germania: tutte zone economicamente più ricche del resto dei territori dei rispettivi paesi, cui fa da contraltare chi invece ammicca a un indipendentismo nostalgico e meridionalista, persino nelle amministrazioni locali, magari ammantato da una retorica vagamente “di sinistra”.[8]

A fronte di uno scenario del genere, il rischio è quello di scivolare verso una sorta di meridionalismo stucchevole e nostalgico, che si appiattisce sull’aspirazione ad una nuova “piccola patria” indipendente, che rivendichi, con tanto di neo governo e neo-stato “ciò che ci spetta di diritto”.

Da anarchici la nostra critica allo stato-nazione , invece, coglie nel segno , spazzando via qualunque reminiscenza di questo tipo. Qualsiasi formazione statuale imperialista facente parte del cosiddetto “occidente sviluppato “ è sempre stata caratterizzata da aree interne più o meno depresse rispetto ad altre maggiormente sviluppate da un punto di vista industriale, economico ecc. (alcune le citavo prima). “Il colonialismo interno” ha sempre rappresentato l’altra faccia del colonialismo o dell’imperialismo “esterno”, elemento fondante dello stato imperialista in quanto tale. L’inganno e la distorsione percettiva di chi assolutizza la forma “stato nazione” come l’unica possibile, ripercorre invariabilmente, anche se in un anelito di liberazione, la stessa dinamica sfruttatrice statuale. Sbarazzarsi di modelli precostituiti ed interiorizzati richiede uno sforzo non indifferente: questo è comprensibile ma, almeno fra compagni, è necessario fare chiarezza una volta per tutte.

Abbattere l’idea di Stato (soprattutto quella interiorizzata nella nostra coscienza) è il primo passo per immaginare e costruire una società realmente federalista, fatta di liberi produttori e lavoratori, scevra dalle logiche di sfruttamento e di dominio di alcune regioni su altre, del nord sul sud, dell’ovest sull’est ed in definitiva dell’uomo sull’uomo.

Flavio Figliuolo

NOTE

[1] http://lnx.svimez.info/svimez/wp-content/uploads/2019/05/2018_11_08_rapporto_slides_bianchi.pdf

[2] https://www.econopoly.ilsole24ore.com/2018/08/02/contro-una-certa-retorica-del-debito-pubblico-e-privato/

[3] http://lnx.svimez.info/svimez/wp-content/uploads/2019/05/2018_11_08_rapporto_linee_app_stat.pdf (pag.12).

[4] http://lnx.svimez.info/svimez/wp-content/uploads/2019/05/2018_11_08_rapporto_linee_app_stat.pdf (pag.15).

[5] http://www.brindisireport.it/blog/opinioni/assessore-comunale-brindisi-cristiano-derrico-denuncia-situazione-centri-impiego.html

[6] https://www.youtube.com/watch?v=KuhyqO4qqvU&t=11s

[7] http://lnx.svimez.info/svimez/wp-content/uploads/2019/05/2018_11_08_rapporto_linee_app_stat.pdf pagg. 17 – 18.

[8] https://www.huffingtonpost.it/2019/02/18/autonomie-luigi-de-magistris-entro-questanno-referendum-per-napoli_a_23671663/?utm_hp_ref=it-autonomia

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