Con l’organizzazione e la mobilitazione, si sovverte il potere politico ed economico.
Lo stato non è in grado di risolvere i nostri problemi di lavoratori. Questa affermazione può essere rafforzata a livello storico e a livello attuale. Quest’anno sono trascorsi 100 anni dallo storico sciopero della “Canadiense”,[1] in cui, dopo una lunga battaglia, è stata raggiunta in Spagna l’istituzione della giornata di otto ore.
Non crediamo nella mitizzazione di certi eventi storici ma in ciò che di concreto ci insegnano le lotte e le esperienze passate che hanno condizionato la realtà attuale. La consideriamo un esempio per rafforzare la nostra convinzione della sua importanza, dato che questa vittoria è stata raggiunta attraverso la mobilitazione e l’organizzazione, al di fuori del potere politico statale e non attraverso la benevolenza dei poteri economici e politici. Inoltre, oggi è quasi un lusso avere una giornata lavorativa di 8 ore al giorno e 40 ore settimanali.
Guardando alla situazione attuale, anche essendo meno ambiziosi ed alquanto possibilisti, possiamo citare come esempi quello del movimento 15M,[2] che è riuscito a risvegliare le coscienze ed è stato l’ispiratore dei movimenti assembleari come la Piattaforma per le vittime del debito (PAH), che ha conseguito delle conquiste in risposta alla violenza che le banche esercitano contro gli sfrattati, o la lotta femminista attorno alle manifestazioni dell’8 marzo, che ha sovvertito la narrazione dominante, ha reso visibile il vero problema della disuguaglianza delle donne nel mondo del lavoro e della violenza sociale esercitata dalla società patriarcale, scompaginando gli ordini del giorno dei partiti politici.
È questo tipo di mobilitazione ad aver ottenuto successo nel cambiare il panorama sociale. Sul posto di lavoro, lo sciopero è lo strumento migliore dei lavoratori per ottenere miglioramenti o difendere le condizioni di lavoro contro le aggressioni dei padroni, come nello sciopero della canadienese e della conquista delle 8 ore. Le organizzazioni e le mobilitazioni sociali al di fuori del potere politico istituzionale sono riuscite a fermare l’emorragia di sfratti, conquistare la dignità delle donne e contrastare la narrazione del potere dominante. È importante sottolineare che mentre queste mobilitazioni hanno luogo nessun partito ha fatto assolutamente nulla per i diritti politici e sociali dei lavoratori. Anzi, hanno legiferato contro. La riforma del lavoro non è stata abrogata, la legge bavaglio non è stata abrogata, il sistema pensionistico continua a vacillare, la salute privata viene incentivata rispetto a quella pubblica, la legge sulla procedura civile, la legge sulla procedura penale ed il diritto penale sono stati rafforzati in peggio, il codice penale rafforzato in relazione all’occupazione per incoraggiare sfratti esecutivi, ecc.
La classica denuncia che gli anarchici fanno contro lo Stato non è nuova. A fronte degli esempi fatti in precedenza, continuiamo ad affermare con assoluta certezza che lo Stato si limita a legiferare a beneficio degli interessi del potere economico. Un potere economico liberale che vive a spese del sudore dei lavoratori di tutto il mondo, che ha ricevuto la migliore istruzione nelle scuole d’élite, che è organizzata, che sa come influenzare le alte sfere politiche nel perseguimento dei suoi interessi , contro gli interessi di coloro che generano realmente la ricchezza di cui essi godono: noi lavoratori.
Attraverso le elezioni e la democrazia rappresentativa viene così legittimato l’ingranaggio del dominio del potere politico ed economico ed il monopolio della violenza. La storia ci mostra che le conquiste sociali sono state ottenute organizzandosi, combattendo per strada, nei posti di lavoro, nelle aule scolastiche, ecc. e che andare a ruota del potere politico ed economico conduce solo alla perdita di diritti, alla sconfitta ed alla distruzione del pianeta.
Parola e potere. Nulla esiste al di fuori dalla narrazione dominante.
Niente esiste al di fuori del potere dominante. I discorsi, sia degli anarchici che di qualsiasi altro movimento sociale o ideologia che cerchi di superare il capitalismo, vengono emarginati se si pongono al di fuori del potere dominante.
In televisione, alla radio, sulla stampa o in digitale v’è una narrazione uniforme che viene continuamente ripetuta in tutti i mezzi di comunicazione. Nei social network, se una volta c’erano spazi nei quali poteva emergere un contro-discorso, questo è già stato annichilito. Bufale e altre fake news finanziate dal potere economico, propagano il razzismo e lo smarrimento e distolgono ogni tipo di attenzione dal discorso sul potere.
La narrazione fornita dai media è molto più potente e sviluppata rispetto a quasi mezzo secolo fa. Che lo Stato eserciti il monopolio della violenza non è qualcosa che noi anarchici abbiamo improvvisamente inventato, lo hanno già affermato vari autori di sociologia classica del diciannovesimo secolo. Ma quando utilizziamo questa affermazione per argomentare e dimostrare le ingiustizie nei confronti delle accuse indiscriminate e degli arresti di manifestanti per legittimi diritti che sono persino costituzionali, veniamo umiliati e disprezzati praticamente senza altra argomentazione che non sia quella della legittimazione data dal voto. E se cerchi ancora di giustificare la tua posizione, si arroccheranno ancor di più , ti indicheranno come il colpevole dei problemi che ci assillano, ti chiameranno pazzo, ti umilieranno e ti disprezzeranno. Tutto ciò che non fa parte di questa struttura di pensiero e di azione verrà classificata in senso negativo, con tutto il peso di possibili pregiudizi, e quindi esclusa. Questo perché attraverso un insieme di regole inconsce, la narrazione dominante determina i limiti del nostro pensiero e azione. Così, si stabilisce da subito che può parlare e chi no. Nonostante tutto, non crediamo che il modo migliore per affrontare questa situazione sia attraverso l’isolamento o vuoti slogan. Crediamo che la narrazione dominante possa essere sovvertita e superata con idee ferme e una pratica coerente con il nostro modo di pensare. Le elezioni danno loro legittimità rispetto alle regole della democrazia rappresentativa, ma una pratica forte e coerente nel tempo è la chiave per costruire alternative economiche socialiste e raggiungere l’uguaglianza sociale.
Supporto, potere e legittimazione: elezioni.
All’interno delle regole del gioco della democrazia rappresentativa, la legittimazione è cruciale per un certo partito affinché possa occupare il potere politico. Durante il periodo storico assolutista – ed0 in Spagna fino a non molto tempo fa – i monarchi (e Franco in Spagna) trovarono legittimità in una divinità, in Dio. Ciò che due o tre decenni fa è stato definito “potere popolare” fa parte di quel processo di legittimazione che i partiti politici necessitano per governare i moderni Stati nazione. È in nome di questo sostegno dato dai votanti alle elezioni che possono formulare ed eseguire obiettivi politici. Non importa quali siano gli obiettivi politici: i partiti creano programmi per convincere l’elettore. Dopo il rituale, non hanno più bisogno di alcuna giustificazione con gli elettori quando si tratta di esercitare politiche che contraddicono tutto quello che avevano promesso.
Per quanto riguarda il votare, una parte decisiva della narrazione dominante è determinata dal sentimentalismo. Attraverso il processo rituale dell’elezione e la partecipazione al voto, le persone intrecciano legami emotivi decisivi con lo stato. Molte persone possono lamentarsi quotidianamente della repressione, di ostacoli burocratici, ecc. ma continuano ad andare alle urne a causa di quel legame emotivo con lo Stato, sperando che le cose cambino. Questo legame con lo Stato, questo simbolo che è l’atto del voto, sacralizza la legittimità del potere politico. Oltre questo legame sentimentale, lo Stato è un insieme di istituzioni supportate da un processo di legittimazione. Attraverso il suo simbolismo, esso si perpetua nel tempo. Il potere economico continua ad essere sostenuto attraverso il potere dello Stato, della narrazione dominante e del monopolio della violenza. Gli uomini d’affari, per rimanere ancorati al potere, invocano il nazionalismo ed usano il razzismo per dividere la classe lavoratrice mentre continuano a vivere dal lavoro di tutti noi.
Astensione o no, la cosa importante è la mobilitazione.
Come anarchici chiamiamo all’astensione attiva. Cioè non partecipare al rituale della democrazia rappresentativa ed a non dimenticare tutto per molti anni, fino alle prossime elezioni. Noi sosteniamo che le cose cambiano attraverso l’organizzazione, la mobilitazione e la sovversione in tutti i settori economici e sociali che riguardano la nostra vita. Siamo anche realistici e ci rendiamo conto che le cose non cambieranno per non andare a votare un giorno ma crediamo che la presa di coscienza di ciò che sta accadendo intorno a noi è necessaria, dal momento che spetta a tutti porre fine all’ingiustizia sociale e alla disuguaglianza economica. La concezione dello stato e della religione sono molto simili: è la visione del mondo e di una realtà con cui siamo stati educati da quando eravamo giovani. Sono concetti che rappresentano un dogma di fede, oltre il quale non possiamo indagare, poiché le cose sono così perché così è stabilito. Ciò è rafforzato da schemi culturali ereditati dal concetto di stato-nazione nato nel diciannovesimo secolo, che ci rende parte di un’ideologia e un ordine sociale stabilito dal potere politico ed economico nel corso dei secoli.
Noi anarchici siamo contrari a quest’ordine sociale inculcatoci fin dall’infanzia. Contrariamente a quanto afferma la narrazione dominante, non siamo antisociali o violenti; Al contrario, sosteniamo il mutuo appoggio tra gli esseri umani come il miglior meccanismo di lotta. Inoltre, cerchiamo di sovvertire l’economia capitalista dalle sue fondamenta e/o costruire strutture orizzontali e federaliste per creare alternative socialiste di produzione. È lo Stato e il capitalismo che esercitano il monopolio della violenza, fomentano conflitti armati, creano strutture di ineguaglianza e dominio e incoraggiano una vita individualista, nichilista e distruttiva, per ottenere il massimo profitto con il minimo sforzo.
Per porre fine alla disoccupazione ed all’insicurezza del lavoro, per lottare contro la privatizzazione della salute e dell’istruzione, per difendere le giuste pensioni che derivano dal lavoro svolto durante le nostre vite, per porre fine alle guerre che devastano il mondo, per porre fine alla deforestazione e la distruzione del pianeta e, in definitiva, per porre fine alle disuguaglianze economiche e sociali generate dallo Stato e dal capitalismo, abbiamo solo l’organizzazione, la mobilitazione e il lavoro propositivo e costante al di fuori dei partiti politici e delle strutture di potere dominanti.
“È nella natura dello Stato porsi, sia per se stesso che per i suoi soggetti, come oggetto assoluto. Servire la sua prosperità, la sua grandezza, la sua potenza, è la virtù suprema del patriottismo. Lo Stato non riconosce altra possibilità: tutto quello che gli serve è buono, tutto quello che è contrario ai suoi interessi è dichiarato criminale, ecco la morale dello Stato.”
“È per questo che la morale politica è stata in ogni tempo, non solo estranea, ma assolutamente contraria ad ogni morale umana. Questa contraddizione è una conseguenza forzata del suo principio: lo Stato, nonostante sia una parzialità, si pone e s’impone come il tutto, esso ignora il diritto di tutto quello che non è se stesso, che si trova al di fuori di sé, e quando lo può, senza mettersi in pericolo, lo viola. Lo Stato è la negazione dell’umanità”. (M. Bakunin) [3]
Collettivo Tierra*
NOTE
[1] https://it.wikipedia.org/wiki/Sciopero_della_Canadiense. N.d.T.
[2] Noto anche come “movimento degli indignados”. N.d.T.
[3] Vedi Bakunin, Michail, Opere Complete, vol.VII, La Guerra Franco-Tedesca e la Rivoluzione in Francia (1870-1871), pp.292-298, Catania, Anarchismo, 1993.