Non è che ci sia molto da dire. Le cifre sono talmente grandi da risultare insopportabili, così come ineffabile è il sentimento di rabbia mista a dolore per l’ennesima carneficina nel Mediterraneo. Settecento, ottocento, o novecento non sono e non possono essere soltanto dei numeri. Nel naufragio di domenica 19 Aprile sono morte centinaia di donne, uomini e bambini; talmente tanti che, forse, non si saprà mai con esattezza. Mentre inquirenti e soccorritori interrogano i ventinove superstiti alla ricerca di ogni informazione utile, a noi non resta che l’enorme disgusto per una storia che si ripete, uguale a se stessa, da troppo tempo.
La dinamica, poi, è sempre quella. Una notte di paura e di freddo, accalcati come bestie fin sotto coperta, nella stiva: merce umana caricata a forza e abbandonata a se stessa. Poi la chiamata, forse con un telefono satellitare. La Guardia costiera italiana inoltra la richiesta a una portacontainer portoghese che si trova poco lontano. Non ci vuole molto, la salvezza sembra vicina. Non appena si profila la sagoma della nave amica, l’entusiasmo e la paura scoppiano in movimenti incontrollati. Centinaia di persone che si dimenano, la ressa, le urla, il peschereccio che dondola paurosamente, ed è praticamente un attimo. Lo scafo che si rovescia e tu resti là sotto, per sempre, insieme a tutti gli altri.
Puntuali, come ogni volta, le reazioni del mondo politico, la cui oscenità aggiunge, se possibile, orrore a orrore. Si passa dall’atteggiamento ipocrita e demagogico di Matteo Renzi, al cinismo idiota e livoroso di Matteo Salvini. Il primo si scaglia contro i trafficanti di esseri umani, i nuovi schiavisti contro i quali ingaggiare una guerra senza esclusione di colpi. Benissimo. Peccato che Renzi faccia finta di non sapere che la clandestinità, gli scafisti, le rotte dell’immigrazione illegale sono il prodotto delle leggi che da quasi vent’anni impediscono la libertà di movimento a milioni di persone.
Dall’altra parte, Salvini e i soliti razzisti da quattro soldi blaterano le solite cose: creare un blocco navale, difendere i confini, affondare i barconi prima della partenza. Fosse per loro, le bagnarole cariche di persone andrebbero speronate dalle corvette della Marina militare, così come per altro avvenuto in passato, con dinamiche più o meno accidentali.
Nessuno, da destra a sinistra, prende mai in considerazione la questione centrale che sta alla base del problema. Vastissime aree del pianeta sono incendiate da guerre, conflitti, terrorismo. Milioni di persone sono ostaggio della povertà endemica, dell’assenza di prospettive in paesi martoriati dallo sfruttamento e dalle politiche neocoloniali dei governi occidentali. A tutto questo l’Unione europea ha sempre risposto con la blindatura dei confini, ritenendo di non dover mai fare i conti con la massa di diseredati che vivono alle nostre porte e che reclamano anche loro il diritto a una vita degna di questo nome.
Tutte che le volte che abbiamo scritto di “Fortezza Europa” intendevamo proprio questo. Tutte le volte che nelle nostre manifestazioni abbiamo denunciato la criminalità delle leggi repressive scatenate contro gli immigrati, ci riferivamo a questo sistema che genera criminalità. Quando c’è un approccio proibizionista a un fenomeno, la naturale conseguenza è la speculazione criminale sul bisogno che viene vietato dalla legge. Prendersela soltanto con gli scafisti, dunque, è un esercizio ipocrita che serve a sollevare dalle proprie responsabilità i soggetti istituzionali che rendono possibile questo enorme scempio dell’umanità.
Adesso, i grandi dell’Europa si affretteranno a organizzare riunioni a Bruxelles per battersi la mano sul petto e promettere che tutto questo non succederà mai più. E invece continuerà a succedere, finché ci saranno le frontiere e queste leggi a rendere la vita impossibile a milioni di persone.
TAZ laboratori di comunicazione libertaria