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Virus per la guerra. Per un approccio antimilitarista alla questione dei biolaboratori.

Virus per la guerra. Per un approccio antimilitarista alla questione dei biolaboratori.

Parlando con un amico giornalista è venuto fuori il suo stupore perché, dopo l’esplodere dell’epidemia di COVID, non c’è stata nessuna mobilitazione contro le sperimentazioni sui virus, paragonabile a quella contro il nucleare dopo la tragedia di Chernobyl, nel 1986.

Non esiste alcuna certezza che il virus responsabile dell’epidemia sia uscito dal laboratorio di massima sicurezza di Wuhan, in Cina, come non esiste nessuna certezza che ciò non sia avvenuto.

Nonostante la comunità scientifica abbia spesso negato la possibilità di fuga dal laboratorio con livello 4 di biosicurezza, l’inchiesta dell’OMS che esclude la fuga del virus dal laboratorio è stata considerata solo un primo passo dal direttore generale dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, e non esaustiva.

Nel marzo di quest’anno il direttore del FBI, Christopher Wray, ha rilanciato l’ipotesi che la pandemia sia il risultato di un errore o di una fuga dal laboratorio di Wuhan, definendola “molto probabile”, e ha accusato il governo cinese di ostacolare l’inchiesta. L’FBI non ha comunque portato nuovi elementi, perché gran parte dell’indagine rimane classificata.

L’origine naturale o artificiale del virus è ormai parte della propaganda di guerra che contrappone la Cina e gli USA: la Cina, ad esempio, accusa gli Stati Uniti di aver portato loro il virus in Cina in occasione dei campionati mondiali militari che, guarda caso, si sono svolti proprio a Wuhan nell’ottobre del 2019. A questo proposito è bene sapere che nell’estate del 2019 gli Stati Uniti furono costretti a chiudere il più importante centro per la guerra batteriologica, quello di Fort Detrick nel Maryland, per il rischio di rilascio di patogeni nell’ambiente. Ora l’attività che vi si svolge è molto limitata.

L’uso dell’origine artificiale del virus nella contesa interimperialistica riduce questo tema ad una delle tante bufale che si sono succedute in seguito allo scoppio della pandemia. In realtà è molto più dirompente.

Anche se spesso viene portato come argomento per rafforzare l’opposizione ai vaccini (esisterebbe un complotto per produrre nuovi virus e relativi vaccini che arricchirebbero Big Pharma), se la pandemia è stata provocata da un virus fuggito da un laboratorio ciò significa che la pandemia non è stata un’invenzione dei governi per sperimentare tecniche di controllo sociale. D’altra parte lo scambio di accuse tra il governo cinese e quello statunitense mettono in evidenza la reale pericolosità di queste ricerche e del loro uso militare; inoltre è bene sapere che nei laboratori di Wuhan molte potenze delocalizzavano le loro ricerche più pericolose: l’istituto di virologia di Wuhan ha legami molto stretti con il Galveston National Laboratory statunitense, il Centre International de Recherche en Infectiologie francese e il National Microbiology Laboratory canadese. Attaccare la Cina, quindi, potrebbe significare mettere in piazza le ricerche che questi prestigiosi istituti conducevano in quel paese anziché nel proprio. Le ripetute accuse alla Cina infine potrebbero essere proprio degli avvertimenti perché non renda pubblico quello che è veramente successo nel 2019.

Si tratta solo di ipotesi, naturalmente, ma che si basano sulla reale pericolosità di quegli istituti, pericolosità aggravata dalla segretezza e dalla struttura gerarchica imposta con particolare rigidità dal controllo militare.

Questa stessa pericolosità viene ripresa ed amplificata dalla variegata galassia che ha dato vita alle mobilitazioni no green pass, mescolando insieme pericoli della ricerca, influenze internazionali finanziarie e militari, transumanismo. Mettere nello stesso calderone il laboratorio di Trieste e quello di Pesaro, insieme a Wuhan e a Fort Detrick non contribuisce a fare chiarezza, e la mancanza di chiarezza viene spiegata con il mistero che circonderebbe queste istituzioni. In Toscana, ad esempio, sono convocate due manifestazioni contro due progetti di laboratori di cui non si sa assolutamente nulla, forse perché sono segretissimi o forse perché il progetto esiste solo nella testa di chi ha promosso le manifestazioni. In questa confusione cercano di ottenere consensi i nemici del transumanismo, convinti che al momento se ne prepari l’accettazione grazie alla passività e alla complicità attraverso strumenti sociali e politici come loro considerano la teoria dell’essere umano fluido, la parità gender, le tematiche lgbtqia+, la modifica di leggi e linguaggio ( per esempio l’uso dell’asterisco o della schwa) oppure i propagandisti degli stati in guerra.

Alla fine, l’unico contro cui non si lotta è quello più pericoloso, il laboratorio di Sigonella. Il 12 dicembre del 2019 si è concluso il trasferimento nella grande base aeronavale USA della Sicilia del Naval Medical Research Unit (NAMRU) 3, il reparto sanitario d’élite della Marina degli Stati Uniti che svolge ricerche e test su virus e batteri e concorre alla produzione di vaccini e farmaci antivirali precedentemente dislocato al Cairo, in Egitto.

Probabilmente è proprio l’incidente al laboratorio di Fort Detrick che ha accelerato il trasferimento, ed ora a Sigonella probabilmente si fanno quelle ricerche troppo pericolose per essere condotte negli Stati Uniti, e troppo delicate per essere condotte al di fuori dello stretto ed esclusivo controllo dell’apparato militare. Chi opera a Sigonella è al di fuori del controllo dello stato italiano, degli organismi rappresentativi USA e di qualsivoglia interferenza.

Ce n’è abbastanza, credo, per mettere la lotta contro i centri militari di ricerca biologica al centro della mobilitazione antimilitarista.

Tersite

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