L’anno è cominciato con un bella dichiarazione di intenti da parte del governo, fare propaganda spicciola sulla pelle nostra, a partire dalla finanziaria approvata a fine 2023.
Che sia chiaro, qualsiasi governo che possa trovarsi nello stesso periodo storico difficilmente riuscirebbe a fare altrimenti, certo cambierebbe forse il modo in cui si sarebbero affrontati i grandi temi di attualità, ma un bilancio difficilmente riesce a scostarsi da una somma zero se non si modificano drasticamente gli orizzonti verso cui si naviga. D’altronde se la magia non esiste, restano però gli abili giochi di prestidigitazione: incrementare una voce ed abbassarne un’altra, il trucco risiede nel catalizzare l’attenzione solo sui bisogni al centro dell’attenzione.
Accorpare i primi due scaglioni per il pagamento delle aliquote IRPEF appiattendoli al 23% sembrerebbe una cosa banale detta così, suona invece molto meglio se definita come “taglio al cuneo fiscale”, una operazione di marketing che non è sfuggita alla critica delle opposizioni che hanno prontamente evidenziato come la manovra favorisca in realtà i redditi più alti. Purtroppo però non hanno ravvisato un altro problema ben più grave e immediato, distanti come sono dalla quotidianità dai lavoratori e dai disoccupati:
l’IVA schizza al 22% sulla bolletta del gas e torna al 10% su prodotti per la prima infanzia e per le donne.
Questo governo, fin da quando era all’opposizione ha fatto sempre un gran parlare di investire sulla natalità italica, sulle famiglie, ma poi i fatti sono ben altri. Non possiamo accontentarci di una decurtazione del canone RAI o di un aumento dei soldini sul welfare aziendale:
Prima di tutto dovremmo pretendere un servizio pubblico che funzioni, scuole di ogni ordine e grado che non cadano a pezzi, con i servizi di riscaldamento funzionanti ed antisismiche. Ospedali e pronto soccorso con il giusto organico, senza ricorrere a stratagemmi per obbligare il personale anziano a non andare in pensione.
Poi abbiamo bisogno di un lavoro. Sicuro. Che ci dia un salario degno delle nostre vite.
Tutto il resto sono solo abili stratagemmi per favorire e nascondere detassazioni e benefit per la classe padronale di un paese che fatica a darsi un ruolo industriale e gioca al ribasso con le spese pubbliche da decenni, auto-sabotando i sistemi di pubblico servizio, rendendo i privati l’unica scelta politica accettabile da una società classista e resa incapace di reagire anche solo allo sperpero di tempo e denaro pubblico per il ponte sullo stretto.
In fondo vogliamo solo una banale quotidianità, quella che molti di noi non hanno più ormai da molto tempo, tra cassa integrazione dilagante anche in contesti industriali grandi per una cittadina provinciale come Jesi (CNH), chi ancora attende di tornare ad avere un lavoro, senza un reddito su cui poter contare (IMR ex Caterpillar) o chi fugge da una guerra, dalla crisi climatica, dalla povertà e dall’ignoranza.
Purtroppo nessuno ha la bacchetta magica. Per non essere più insultati da manovre farlocche e giochi di prestigio non possiamo che costruire un fronte compatto di rivendicazione salariale a difesa di tutti. Per un mondo migliore, senza magie.
FAI – Federazione Anarchica Italiana
sez. “M. Bakunin” – Jesi
sez. “F. Ferrer” – Chiaravalle