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Torino. Una Barriera contro i militari.

Torino. Una Barriera contro i militari.

Per la prima volta dopo più un mese i soldati dell’operazione “Strade sicure” non hanno bivaccato nello spiazzo tra corso Palermo e via Sesia. All’arrivo degli antimilitaristi, si sono allontanati per l’intero pomeriggio.
La piazza smilitarizzata ha mutato subito aspetto: si sono avvicinate diverse persone che abitano il quartiere e scelgono la solidarietà ed il mutuo appoggio.
Una ragazza ci avvicina e ci dice, guardando la fermata dell’autobus: «Qui servirebbero più mezzi, invece attese infinite e sovraffollamento. E pretendono che paghiamo il biglietto». Il discorso scivola sui costi dell’avamposto militare di fronte ai continui tagli ai servizi essenziali.
Una signora in auto si ferma e ci grida: «Andate via, voi non siete di questo quartiere!». La gran parte di noi vive in Barriera: tanti ridono in faccia a questa tizia, che invece di fermarsi a parlare, ci apostrofa come estranei, stranieri. Il segno chiaro che “straniero” è ormai il paradigma universale dell’esclusione.
Passa un anziano nato in Marocco, che da tanti anni abita in questo spicchio di città. In un misto di italiano e francese ci dice: «Qui manca il lavoro, manca la casa, non servono i militari, serve che tutto sia di tutti, serve il socialismo».

Un altro signore, che ha vissuto a lungo in Centro America, ci chiede della situazione, vuole sapere dei Mercatali di piazza Foroni, che appoggerebbero la militarizzazione del quartiere. Il discorso si allarga. Una compagna parla della trasformazione in atto in città, delle ex fabbriche che partoriscono supermercati, dei piccoli negozi di prossimità che chiudono, perché non reggono la concorrenza della grande distribuzione, del sapore agre della paura del domani, della difficoltà a contrastare scelte tanto grandi, lontane, strutturali. Meglio pensare che tutto dipenda dai pusher stranieri, dai tossici. Sappiamo bene che spostare il mercato illegale per dare fiato a quello legale non basterà a fermare la china sulla quale, pezzo a pezzo, scivolano gli ultimi tasselli di una città di mercati e negozietti. A chi governa invece il mercato illegale serve, perché è un’arma di distrazione di massa dai veri problemi delle periferie. Per questo il proibizionismo è uno dei capisaldi delle politiche securitarie.
Arriva una ragazza con tre rose gialle. Ci dice che il fioraio le buttava ed era un peccato. Così oggi, tra le pizzette del panettiere e i libri, spuntano anche i fiori.
Arriva altra gente: si parla, si scambiano informazioni, ci si riconosce come affini. Poi di fronte alla primavera che fugge ci spostiamo alla FAT, dove il canzoniere antimilitarista di Alba avvia a degna conclusione la giornata.
Per qualche ora ci siamo ripresi un pezzetto di quartiere ridotto da un mese a bivacco per super pagati professionisti della guerra. La guerra ai poveri. La stessa a tutte le latitudini.

Assemblea antimilitarista

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