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Sciopero generale

Sciopero generale

Le rivendicazioni elencate nella dichiarazione dello Sciopero Generale del 26 ottobre sono la riproduzione, quasi automatica, dei contenuti già espressi nei Sciopero Generali precedenti già dichiarati dai sindacati conflittuali non firmatari del famigerato accordo del 2014, cioè Cub, SI Cobas, Sgb, Slai Cobas e USI. Sono un decalogo irrinunciabile che sicuramente saranno ripetuti ossessivamente fino al raggiungimento degli obbietti stessi.

Questo sciopero nasce da un documento unitario che ha articolato ed argomentato tutte le rivendicazioni elencate frutto di una attenta elaborazione all’interno degli stessi sindacati conflittuali promotori dello sciopero. Un documento che è stato utile per organizzare assemblee di preparazione dello Sciopero Generale in tante località. L’USI ha partecipato a Milano sia a quello cittadino che a quello nazionale svoltosi nella stessa località. Questo ha anche permesso di allargare il fronte delle manifestazioni durante la giornata dello sciopero, tra cui le più rilevanti si sono svolte a Milano, Torino, Padova, Firenze, Roma, Napoli, Taranto, Palermo, Catania e presidi annunciati a Trieste, Modena, Parma e tanti altri luoghi.

Il momento particolarmente difficile che stiamo attraversando lo conosciamo tutti. A Milano quando nella mattinata il corteo si è mosso da Largo Cairoli abbiamo fatto un sospiro di sollievo quando abbiamo visto, malgrado la minaccia del tempo e l’influenza che gira, una partecipazione molto soddisfacente sotto le bandiere della CUB, di Sgb, dell’USI, del SI Cobas, dello Slai Cobas, dell’Unione Inquilini e altre formazioni presenti. Sicuramente, rispetto ad occasioni precedenti, la visibilità del SI Cobas era molto minore in quanto, come ha spiegato il loro rappresentante dal palco, nella mattinata erano impegnati nei picchetti davanti alle aziende della logistica, legate alla loro scelta di organizzare un corteo a Roma, trasportando con i pulman i manifestanti, nella giornata del 27 ottobre, contro il razzismo e contro la repressione messa in atto dal governo.

Erano rappresentati nel corteo milanese vari settori lavorativi e di situazioni di lotte sia aziendali che per il diritto alla casa, di studenti per il diritto alla scuola, contro i tagli annunciati. Sfilava lo striscione della RIMAFLOW “Reddito Lavoro Dignità Autogestione” sotto minaccia di sfratto. C’era anche lo striscione della Rete Operai Sociali “Dignità per il lavoro educativo: uniamo la lotta”.

La presenza dell’USI si faceva notare sventolando le bandiere del “gatto selvaggio” con la scritta “né servi, né padroni”. E’ stata anche un occasione per la diffusione del proprio giornale “Lotta di Classe”. Consistente era la presenza del blocco rosso/nero assieme ai compagni anarchici, della Federazione Anarchica Milanese e libertari vari dietro lo striscione “Per la Rivoluzione Sociale/ Solidarietà Internazionale”.

Nello spezzone USI durante il tragitto del corteo, a tratti, si sentiva la voce dal megafono che gridava gli slogan dei temi della giornata di lotta: “La borsa è una rapina! Ci porta alla rovina!”, “Più salari, più pensioni: tutti uniti contro i padroni!”, “Il progresso deve essere per tutti: lavorare meno, lavorare tutti!”, “Lotta, lotta, lotta e continua a lottare ora e sempre sciopero generale!”,“Il diritto di sciopero non si tocca, lo difenderemo con la lotta!”, “La repressione non passerà, lotta dura sarà!”, “Basta spese militari: più scuole, più case, più ospedali”!, “Né servi, né padroni: dieci, cento, mille autogestioni!”ecc.

Dopo essere passato per le vie principali del centro il corteo termina in piazza San Babila dove i manifestanti si sono distribuiti e dal camion diventato un palco per i comizi finali si dà notizia che lo sciopero è riuscito (non solo nei trasporti, ma anche in altri settori importanti) e in molte città si sta manifestando come a Milano. Interviene il rappresentante della CUB che oltre ad esprimere soddisfazione per l’esito dello sciopero e della manifestazione milanese rivendica il diritto ad una rappresentanza diretta e vera nei luoghi di lavoro, senza sottoscrivere accordi che negano il diritto di sciopero, mentre attualmente sono i padroni che decidono con quali sindacati conviene trattare, terminando sulla necessità di tenere alta la bandiera della lotta. Segue l’intervento di un lavoratore di una cooperativa di Genova portando la testimonianza di una lotta fatta di occupazione degli spazi aziendali come risposta alla chiusura della stessa azienda. Interviene un rappresentante dell’Unione Inquilini portando il dramma delle famiglie sotto sfratto e rivendicando il diritto alla casa a fronte delle tante abitazioni vuote, mentre le istituzioni sono latitanti nella soluzione del problema. Il rappresentante di Sgb riprende il tema della democrazia nei posti di lavoro accusando di tradimento i firmatari dell’accordo del 10 gennaio 2014 che nega i diritti di una vera rappresentanza, terminando con l’affermare che solo con la lotta si possono ottenere i risultatati delle rivendicazioni. Interviene il rappresentante dell’USI affermando: “Assistiamo al grande accanimento di questo governo con cui dà la caccia agli immigrati identificati come il principale problema sociale, diffondendo razzismo e fascismo in questo paese. Sono perfino andati a perseguitare la comunità e il sindaco di Riace dove con gli immigrati avevano risolto il problema dello spopolamento. Forti con i deboli e deboli con i forti. Se fosse solo impiegata la metà di tanto impegno nel recupero della grande evasioni fiscale, invece di premiarli con i condoni, avremmo risolto gran parte dei nostri problemi.” Il passaggio successivo precisa: “Ma quando si tratta di toccare gli interessi veri del padronato ci si ferma di colpo, al di là degli slogan gridati. Il cosiddetto Decreto Dignità che non esitiamo a chiamare “decreto della vergogna” né è una chiara dimostrazione, perché non ha cancellato una sola legge che produce precarietà e si sono rimangiati la promessa elettorale di reintrodurre l’art. 18, per cui le lavoratrici e i lavoratori si possono continuare a licenziare tranquillamente.” Si arriva alla conclusione: “Ormai l’abbiamo capito da tanto, tanto tempo che se vogliamo ottenere le nostre conquiste e per un mondo migliore senza più sfruttamento possiamo contare solo sulla nostra forza, sulla nostra lotta.”

La considerazione che mi viene da fare è che la coalizione dei sindacati conflittuali che si è creata in seguito al rifiuto del famigerato accordo che nega i diritti, principalmente quello dello sciopero, oggi ci permette di essere l’unica forza in grado di proclamare uno Sciopero Generale e scendere in piazza per contrastare un governo così scellerato.

Approfitto dello spazio offerto per fare altre considerazioni attinenti alla situazione che stiamo attraversando e all’opportunità di questo sciopero.

Prendiamo in considerazione l’infame circolare del Ministro salvini inviata ai Prefetti con l’indicazione esplicita ed immediata di buttare fuori quanti occupano case ed edifici, spesso abbandonati al degrado, mettendo in mezzo alla strada intere famiglie senza minimamente occuparsi di dare una soluzione abitativa. Con ciò vantandosi di essere difensore della “sacra proprietà privata”. Sacro è un vocabolo che non ci appartiene, per noi esistono diritti inalienabili come quelli di chi lavora, al reddito, alla casa, alla salute, all’istruzione. Tutti diritti calpestati dai vari governi con l’aggravante, per il governo in carica, che con il Decreto Sicurezza si punisce con anni di galera, da 4 a 6, chi lottando per i propri diritti partecipa ad un blocco stradale o a un picchetto ai cancelli dove lavora. Una negazione dei nostri diritti che va respinta con tutte le nostre forze possibili.

Una considerazione sulla manovra del governo che al momento ha incontrato la bocciatura della Commissione Europea. Di questa c’importa poco, ma quello che c’importa molto è che per i tanti miliardi previsti dalla manovra, le cui finalità sono ancora molto oscure, non si tocca un solo euro dai profitti delle imprese, ai quali anzi si offre una riduzione di tasse, né si vanno a tassare i grandi patrimoni. Né si vanno ad eliminare le enormi spese militari, che anzi vengono raddoppiate, per mantenere missioni sparse in tutto il mondo e nell’acquisto di micidiali armi da guerra.

Questo significa una sola ed evidente cosa: si aumenteranno e di molto i prelievi dalle tasche di chi lavora, più di quanto è stato fatto fin’ora. Tutto questo scenario dimostra più che mai quanto è stata necessaria la scelta dello Sciopero Generale e che debba essere solo un punto di partenza.

Enrico Moroni

Qui la cronaca del corteo di Torino

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