a cura di Gruppo Anarchico Galatea – FAI Catania
Articolo pubblicato il 15 Agosto sul canale telegram di “Resistenza Femminista Anti-Militarista” (Feministskogo Antivoyennogo Soprotivleniya (FAS) (Феминистского Антивоенного Сопротивления (ФАС))
Per l’autunno, un gruppo di deputati sta progettando di introdurre un progetto di legge che toglie l’aborto dalle procedure presenti nell’assicurazione sanitaria obbligatoria – fatta eccezione per gli aborti terapeutici.
Il progetto propone di rimuovere le ragioni sociali dell’aborto, come lo stupro, la privazione o la restrizione dei diritti dei genitori, la reclusione, ecc.
In questo modo, il governo restringe sempre più i diritti e le libertà delle donne che hanno subito abusi: una sopravvissuta ad uno stupro traumatizzata non potrebbe più contare sullo Stato e sarebbe costretta a trovare i soldi per pagare un aborto in una clinica [privata].
Con lo scoppio della guerra, il desiderio del governo di vietare l’aborto si è intensificato.
Il Patriarca Kirill, parlando al Consiglio della Federazione, ha proposto di vietare gli aborti nelle cliniche private. L’aumento del numero di aborti illegali (che equivale ad un aumento di donne morte), ha suggerito [il Patriarca], dovrebbe essere ignorato.
Da Marzo, gli ospedali e le farmacie stanno lottando per avere disponibili i contraccettivi orali e i farmaci per l’interruzione volontaria di gravidanza.
Allo stesso tempo, le donne si scontrano sempre più spesso con una ginecologia punitiva e stigmatizzante a partire dalle consultazioni: gli operatori sanitari di Tjumen’ (città della Russia siberiana occidentale, ndt) sono addestrati ad una consulenza pre-aborto manipolativa in cui si “tengono conto dei valori tradizionali”; nelle cliniche a pagamento vengono proposti questionari e moduli per il consenso informato abusanti.
La dimostrazione obbligatoria dell’embrione all’ecografia prima dell’aborto, la «settimana del silenzio», la hotline che scoraggia gli aborti piuttosto che informare [correttamente] e la pubblicità contro l’aborto con lo slogan «Non abbandoniamo i nostri», sono già delle terribili realtà.
Come può lo Stato affermare di volersi occupare del “diritto alla vita” se non può occuparsi delle donne già in vita e dei loro figli?
Questa legge appare particolarmente cinica sullo sfondo di una guerra su larga scala.
Qualsiasi guerra rende le persone più povere, e le donne lo sono doppiamente: la differenza di stipendio tra uomini e donne in Russia, prima della guerra, oscillava tra il 5% e il 70%; è difficile immaginare quanto sia maggiore adesso il divario.
Dato che le donne hanno molte meno probabilità di ricoprire posizioni elevate, è statisticamente più probabile che vengano licenziate. Il crescente grado di violenza, insieme all’impoverimento, è un mix che colonizza le opzioni riproduttive delle donne. Con questa legge, lo Stato ammette di voler colonizzare il corpo delle donne e usarlo indifferentemente per creare nuovi soldati.