Prima di Piazza fontana

Paolo Morando – Prima di Piazza fontana (La prova generale) – Edizioni Laterza, 2019
25 aprile 1969 ore 19 : una bomba esplode nel padiglione della Fiat alla fiera campionaria di Milano provocando venti feriti.
Stesso giorno : ore 20.40 , sempre a Milano scoppiano altre bombe.

(dal testo) :
Sono più d’una le esplosioni a devastare l’Ufficio cambi della Banca Nazionale delle Comunicazioni, che si affaccia sulla galleria superiore della Stazione centrale, al livello dei binari. la seconda esplosione è avvenuta almeno trenta secondi dopo la prima, la terza pochi secondi appresso”.
Le indagini si concentrano, senza esitazione verso gli anarchici.
Tutto questo rappresenta uno degli antefatti principali a quello che avvenne il 12 dicembre a piazza fontana.
Paolo Morando, col suo libro, grazie alla sua capacità di ricerca, che ha pochi eguali nel giornalismo di inchiesta, ci regala un testo che può definirsi il necessario prologo al pamphlet “La strage di stato”.
Gli anarchici Braschi, Della Savia, Faccioli e Pulsinelli , nonchè Feltrinelli, Giovanni Corradini e la moglie Elian Vincileoni , i giovani Clara Mazzanti e Giuseppe Norscia verranno accusati di strage, detenzione di esplosivi attentato a scopo terroristico ed altri reati.
Grazie alla ricostruzione puntuale di Morando che alterna stralci di articoli della stampa dell’epoca, documenti tratti dagli archivi storici di stato, documenti inediti, trascrizioni degli interrogatori in tribunale, tra cui quello di Valpreda (il processo si protrasse fino al 1971 ed oltre), il quadro che si delinea è chiaro ed inquietante allo stesso tempo, già prima del tragico 12 dicembre.
Le confessioni iniziali di Braschi, Della Savia e Faccioli furono estorte dopo minacce e torture, come si evincerà poi in fase di dibattimento. I testimoni dell’accusa continuarono a contraddirsi e alcuni, come l’informatrice Zublena, furono addirittura ritenuti psicologicamente labili. Alcuni verbali redatti dalla polizia erano falsi o inesistenti ecc.
Perché quelle confessioni?, viene chiesto in Tribunale a uno degli accusati. Risposta: «Avrei confessato anche di avere ucciso Kennedy per quel che mi era stato fatto e quel che potevano ancora farmi».
Morando, con un ritmo da romanzo thriller, ricostruisce l’ambiente storico e i personaggi principali dell’ufficio affari riservati e della questura di Milano, fra cui Allegra e Calabresi che contribuirono ad una evidente ed enorme montatura che condusse addirittura il pm Scoppelliti a pronunciare sentenze di assoluzione per quasi tutti i reati attribuiti agli imputati.
Riportiamo, uno stralcio dell’interrogatorio a Valpreda ascoltato in qualità di testimone sui suoi rapporti con Braschi :
[…] Pubblico ministero: Vorrei che si desse lettura dell’interrogatorio del Braschi alla polizia nel quale l’imputato ammise di aver lasciato intendere al Valpreda di essere l’autore degli attentati di Livorno e Genova.
Valpreda (accalorandosi): Spiego io alla giuria democratica quello che accade in Questura. Ci sono di solito tre persone: un commissario che interroga con fare quasi civile, un secondo che ha invece le vesti del “duro” e un terzo che fa l’insinuante e ti vuol far credere che se ammetti una certa circostanza che sta loro a cuore ci pensa poi lui a tirarti fuori.
Pubblico ministero: Questo non c’entra, stiamo ai fatti.
Valpreda (gridando): C’entra sì! Perché a me non contestarono un regolare verbale del Braschi cui avrei potuto rispondere, mi dissero solo che bastava che io lo accusassi, che al resto pensavano loro. Fu una classica provocazione della polizia!
Pubblico ministero: Queste cose lei non le ha mai dette.
Valpreda: Le dico ora. Dove dovevo dirle, facendo una conferenza stampa?
Presidente: Si calmi.
Valpreda: Ma che calmo! Sono sedici mesi che mi trovo in galera innocente!
Presidente: Lei qui è sentito come testimone.
Valpreda: Già, ma non sono trattato come testimone.
Presidente: Per me basta così. Nessun’altra domanda da fare?

Lo scenario che precede piazza fontana è dissezionato da Morando fin nei minimi dettagli processuali dove già era evidente il ruolo del ministero degli interni tramite l’ufficio affari riservati, il ruolo della questura di Milano e della magistratura : in poche parole dello Stato, che vedeva fra le sue file ex fascisti e agenti del controspionaggio (il questore di Milano Marcello Guida nel 1937 fu nominato vice direttore della colonia penale di Ponza, nel 1939 della colonia di confino politico di Ventotene e poi, promosso commissario, ne divenne direttore ; Federico Umberto D’Amato iscritto alla loggia massonica P2 tessera numero 1643, già sovrintendente alla Segreteria speciale Patto Atlantico che rappresentava l’anello di congiunzione dell’Italia con la NATO e gli Stati Uniti).
Un libro che come dicevamo è propedeutico all’illuminante opuscolo di controinformazione “la strage di stato” , che contribuisce in maniera encomiabile a testimoniare come gli anarchici siano stati additati, fin da tempi non sospetti, dalla stampa di regime e dallo stato eversivo, come il capro espiatorio della strategia della tensione ovvero del terrorismo di stato, con l’obiettivo ormai dichiarato di schiacciare il movimento operaio, le lotte degli anarchici e della sinistra extraparlamentare che proponevano una società di liberi ed uguali. I nazifascisti di ordine nuovo , veri responsabili delle stragi, ne son venuti fuori con assoluzioni o con fughe all’estero grazie alla complicità dei servizi segreti. Lo stesso giudice Guido Salvini affermò che il termite strage di stato è l’unico legittimo poiché : “In molti casi uomini delle istituzioni ostacolarono il lavoro dei magistrati, fabbricando false piste, occultando reperti, agevolando l’espatrio di ricercati. Non si trattò di singole mele marce”.1
Il lavoro di Morando oltre a ricostruire le trame, i depistaggi e le stragi che hanno caratterizzato il periodo degli anni 60 e 70 con una vera e propria guerra civile sotterranea fra lo stato reazionario e fascista ed il movimento rivoluzionario, riesce a dimostrare senza tema di smentita che i vertici delle istituzioni e non (come si vuol far intendere attraverso una informazione tendenziosa) alcuni suoi apparati “deviati”, furono in prima persona, nelle più alte cariche, responsabili di omicidi e stragi che si protrassero fin oltre gli anni ‘80, in nome del capitalismo e dell’anticomunismo.

Flavio Figliuolo

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