Alla fine a vincere è stata la saggezza studentesca, quel misto di torva ostilità, diffidenza e spirito di autoconservazione che caratterizza chi sa di fronteggiare il nemico ad armi impari.
Le tracce della maturità 2023 ce l’avevano messa tutta per attirare nello scivolosa spirale del conformismo di regime, ma gli studenti, in altissima percentuale, hanno sentito odore di bruciato ed evitato la trappola. Le sette tracce proposte quest’anno all’ombra del governo Meloni, che della campagna ideologica e quindi della scuola ha fatto un terreno di trincea, si caratterizzavano, sia pur in varia misura e con varie sfumature nemmeno tanto dissimulate, per la riproposizione della triade dio-patria-famiglia.
Si cominciava con una invocazione a Dio e al creazionismo desunta dall’opera dell’ineffabile Quasimodo; questa la prima traccia di analisi del testo. Si procedeva poi con la tematica della dissoluzione della famiglia: brano di partenza “gli Indifferenti” di Moravia, da analizzare alla luce della critica antiborghese tipica di tanta retorica fascista. Le scelte potevano poi orientarsi sui giudizi politici espressi da Oriana Fallaci riguardo alla responsabilità decisionale nei processi storici; oppure sul valore del concetto di nazione a partire da un testo di Chabod, in realtà solo un pretesto per immergersi nelle acque purificatrici del sano bagno nazionalista. La vera perla era però rappresentata dalla lettera-documento datata 2021 con cui alcuni accademici mettevano alla berlina il ministro Bianchi, in carica all’istruzione fino allo scorso settembre, reo di non aver inserito gli scritti nelle ultime tornate di maturità a causa del covid. Il candidato era invitato a dare addosso al ministro Bianchi e a tessere il panegirico degli esami scritti, reintrodotti in questa sessione, sotto questo governo, esami che gli studenti stavano appunto svolgendo in quello stesso momento. Insomma, il metatema: una situazione quasi surreale. Ragazze e ragazzi che stanno sudando su un esame scritto, che detestano con tutte le loro forze la situazione in cui sono costretti in una torrida giornata di fine giugno, a cui viene imposto di tessere le lodi della prova che stanno svolgendo e della fatica che stanno facendo: roba da matti.
Bianchi è stato un ministro pessimo, ma che Valditara pensi di poter giocare sulla piaggeria studentesca in giorno d’esame per poter denigrare il suo predecessore è cosa a cui sarebbe stato difficile arrivare anche solo con la fantasia. E invece è successo. Forse la manifestazione più evidente di quanto il regime si sia manifestato in quel 21 luglio alla popolazione studentesca italiana nata nel 2004.
Gli studenti tuttavia, come dicevamo, non hanno abboccato; hanno individuato lestamente altre due tracce che non puzzavano troppo di regime e si limitavano ad essere stantie nella loro apparente modernità: c’era Piero Angela che dissertava sulla importanza dell’innovazione e della distruzione creativa con cui fare posto al nuovo; c’era Belpoliti che si dilettava di tessere un innocuo elogio dell’attesa nel tempo di WhatsApp. Quale migliore occasione per prodursi nel grande nulla evitando il trappolone teso dalle altre tracce?
La stragrande maggioranza degli studenti si è fiondata su queste proposte. Certo, la distruzione creativa è stata generalmente interpretata in modo piuttosto piatto, senza voli che portassero verso un respiro rivoluzionario che pure ci stava, magari in ambito artistico o musicale. Certo, l’attesa è stata romanticamente elogiata senza riferimenti polemici a quella ben nota e poco elogiabile attesa che ci viene imposta quando dobbiamo fare una colonscopia col servizio sanitario pubblico e ci mandano al marzo 2025. Ma tant’è.
Non sapremo mai se i voli pindarici non si siano realizzati perché i giovani d’oggi sono poveri di spirito bla bla bla, oppure perché l’istinto di autoconservazione e la diffidente ostilità verso i momenti istituzionali, come appunto è l’esame di stato, abbia indotto, oltre che ad evitare abilmente le tracce più compromettenti, anche a trattare piattamente e prudentemente le tracce più sicure.
Non sapremo mai se gli studenti del 2004, di cui si doveva misurare la maturità in quelle mattine estive, erano persone prive di mente fervida o se avevano già strutturato, con maturità eccezionale, l’arte della resistenza.
Patrizia