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Libertà di movimento e diritti a pezzi

Libertà di movimento e diritti a pezzi

Il 10 gennaio è ricorso l’anniversario del giorno buio di un anno fa quando, a Tripoli, centinaia di rifugiat*, che occupavano da esattamente 100 giorni la piazza sotto le finestre degli uffici dell’UNHCR, venivano violentemente sgomberat* dalle milizie libiche…centinaia di persone arrestate e tuttora imprigionate nei centri di detenzione libici, altr* fatt* sparire; fu una delle tante violenze inaudite che colpiscono le persone migranti a cui viene rifiutata ogni protezione. Questa giornata nera è stata ricordata, il 10 gennaio di quest’anno, in varie città europee, quale fine di una rivolta, certo, ma non come fine della lotta, al contrario!

Già il 2 ottobre 2022, infatti, il gruppo “Refugees in Libya”(RiL), autorganizzatosi e al centro della rivolta dei 100 giorni, aveva trovato la forza di tenere un presidio permanente davanti all’UNHCR di Tripoli, dopo che il giorno precedente, le forze di polizia libiche avevano rastrellato casa per casa i quartieri, a caccia di migranti. Nel quartiere di Gargarish furono arrestati più di 5000 migranti. Fu l’ennesimo episodio di rastrellamento, ma anche la goccia di violenza che ha fatto traboccare il vaso e avviare all’azione! Da allora RiL chiede una protezione effettiva per le persone migranti detenute e l’evacuazione dalla Libia, che venga loro riconosciuto il diritto di chiedere asilo e che l’HCR assuma il suo mandato ufficiale di protezione delle persone migranti o sfollate.

Per 100 lunghi giorni e notti la venerata istituzione onusiana non ha offerto nessuno aiuto, né dato una risposta alle persone accampate davanti alla sua sede. In realtà, una risposta l’ha data: ha traslocato…lasciando la piazza e dunque campo libero alle milizie libiche che, immediatamente, si sono abbatute sulle persone adunate nel sit-in!

Qualcun* è riuscito a scappare e ad arrivare anche in Europa, come David Yambio, rifugiato sud-sudanese di 27 anni, che dopo vari anni in Libia e dopo aver tentato più volte la fuga verso l’Italia, è riuscito ad attraversare il Mediterraneo e ad ottenere l’asilo in Italia. David è una figura essenziale di questa rivolta. E’ lui che per primo ha cercato di rendere coscienti dei loro diritti i/le migranti trattat* come bestie schiavizzate, a cominciare dal diritto ad essere trattate come persone. David racconta che l’esperienza di vivere sotto la costante minaccia dei lavori forzati, della tortura o dello stupro, annichilisce talmente il senso di dignità delle persone che la gente non ha più né la forza di lottare, né quella di rivendicare alcunché. La vita diventa un tentativo di sopravvivenza individuale affidato al caso. È stato fatto un lungo lavoro per ridare il senso del diritto e la volontà di lotta collettiva. E’ così che si è organizzato “Refugees in Libya” (RiL) e che si è occupato la piazza davanti all’HCR. Cento giorni e notti documentati da tanti video che David riusciva a mandare di volta in volta ad Abolish Frontex (AF), sperando che potessimo fare pressione anche in Europa, per far sentire la loro voce oltre Tripoli.

Le pressioni le abbiamo fatte e ancora le facciamo. AF ha raccolto e diffuso questi video; il senso dell’urgenza e il sostegno da parte dei collettivi solidali è stato totale. È stato anche creato il gruppo “Solidarity with refugees in Libya”(SoliRil) per amplificare le voci di RiL tramite un canale Twitter, un sito web e una raccolta fondi, indispensabili a questa lotta1.

AF è una rete decentrata e autonoma, costituita da diversi collettivi solidali. Il suo scopo è quello di mandare avanti campagne d’informazione e di azione per la regolarizzazione delle persone migranti, per la fine delle detenzioni, delle deportazioni facendo appello alla libertà di movimento per tutt*. Oltre alla denuncia del regime di militarizzazione e di morte alle frontiere europee, il suo obiettivo principale è già racchiuso nel nome, cioè l’abolizione di Frontex, l’agenzia europea di controllo delle frontiere. Frontex è solo la punta dell’iceberg che tiene in piedi il regime di morte alle frontiere dell’UE e le strutture del potere coloniale e capitalista. Perciò Frontex non va né “migliorato” o riformato, né sostituito, ma va distrutto. E’ come il capitalismo, non lo si può cambiare, lo si deve distruggere! Antirazzismo, decolonizzazione, giustizia sociale, uguaglianza, libertà di movimento costituiscono il tessuto-base delle campagne di AF per una società in cui le persone siano libere di muoversi e di vivere.

Oltre alle campagne puntuali che si svolgono in uno o più paesi, AF cerca di far convergere le energie su almeno 2 giornate internazionali di azione l’anno.

La giornata di dicembre è diventata di una settimana intera, andando dalla “Giornata mondiale dei diritti umani” del 10 alla “Giornata mondiale dei diritti dei migrant*” del 18. La campagna portava il titolo: “The EU’s Nobel Peace Prize 10 years on: Project Failed!” Nel 2012, infatti, l’Ue aveva ricevuto il Premio Nobel per la pace per aver contribuito a pacificare l’Europa durante 60 anni. Sul blog di AF si può invece leggere: “Dieci anni dopo, l’UE spende più soldi in armi che mai2…”

È così che tra RiL, SoliRil e AF, attivist* di tutta Europa e anche del Nord Africa si sono ritrovati il 9 dicembre 2022 in Svizzera per una prima giornata di presidio davanti alla sede centrale dell’UNHCR a Ginevra per poi proseguire, il giorno dopo, in corteo per la città, denunciando la violazione dei diritti umani, il regime di morte e di tortura riservato a* migranti…

Neve, pioggia e temperature sottozero non hanno scoraggiato nessun*. Ricordando Tripoli, è stata occupata l’entrata degli uffici per circa 10 ore, fatta una conferenza stampa, i cui interventi hanno ribadito le denunce all’UNHCR, chiamato “HCR – UNFAIR, the Refusal Agency”. Per il presidio e la manifestazione, sono state create delle locandine e delle bandiere con sfondo blu e filo spinato su cui campeggia una mano in segno di ALT.

Il presidio UNFAIR ha voluto accendere i riflettori su una delle ingiustizie attuali più brucianti che colpisce le persone migranti: il sequestro e la detenzione arbitraria (in questo caso in Libia) di persone che hanno il diritto fondamentale di essere protette e di chiedere asilo. E’ tempo di esigere dall’UNFAIR-HCR che rispetti il suo mandato e attui l’evacuazione immediata delle persone rifugiate bloccate in Libia.

A fine giornata una piccola delegazione di attivist*, tra cui David Yambio, è stata ricevuta da un dei “Senior Advisor for MENA Region”, Alex Tayler, consigliere per la zona Medio Oriente e Nord Africa, il quale pur mostrando un’empatia “politicamente corretta” e capendo le “doglianze” espresse, ha ammesso di non poter fare molto di più. All’UNHCR, in buona sostanza, sono totalmente consapevoli di ciò che accade nei centri di detenzione libici e sanno di essere “UNFAIR”. Pur ammettendo di non svolgere il loro mandato, non si possono permettere di perdere i loro finanziatori, dando ad intendere che l’UNHCR altro non è che uno strumento essenziale all’esternalizzazione delle politiche anti-migranti degli Stati occidentali.

L’udienza del 9 dicembre è terminata senza alcuna promessa da parte del rappresentante dell’UNHCR, che avrebbe comunque avuto il sapore dell’ipocrisia.

L’indomani, nella “Giornata internazionale dei Diritti Umani”, è partita da “Place des Nations”, (proprio sotto la scultura della “Sedia rotta”3 di fronte alla sede delle Nazioni Unite) una grande manifestazione. Un corteo vivo, partecipato e rumoroso che per ben 3 ore ha attraversato le vie principali della città, riempiendo lo spazio con musica, cori, grida di protesta e slogan, tra i quali ricordiamo:

“UNHCR stop being as you are / We are here and we will fight, freedom of movement is everyone’s right / Stop deportation, no border, no nation / No one is illegal”…E anche “A bas l’État policier / Stop Dublin / Ohlala, Ohlélé, Solidarité avec les sans-papiers”…

Un complesso arrivato dalla vicina Francia ha caricato l’energia con percussioni, tromboni e fiati vari, eseguendo anche una versione di Bella Ciao! Alla fine, ci si promette che il prossimo corteo arriverà a Bruxelles. In effetti, le proteste internazionali che uniscono varie città oltre alle grandi capitali come Roma, Bruxelles, Berlino, Londra e Parigi, si stanno moltiplicando, segno che la consepevolezza sugli abusi efferati compiuti sulla pelle dei migrant* sta crescendo.

Va inoltre rilevato che, sebbene la protesta di “UNFAIR” fosse rivolta all’HCR e agli organismi onusiani, essa sia comunque da ascrivere al contesto delle proteste contro Frontex e la Fortezza Europa, come anche alla campagna di lotte contro i Memorandum tra Italia e Libia del 2017, tra Danimarca e Rwanda del 2021 o tra Regno Unito e Rwanda del 2022. Fu proprio il governo italiano Gentiloni-Minniti, targato PD, il precursore di tali accordi!

Questo tipo di accordo è chiamato “Memorandum of understanding”(MoU), in termini giuridici equivale a una “soft law”4 (una legge morbida), in contrapposizione a una  “hard law” (legge dura). Un MoU costituisce una specie di “protocollo d’intesa”! Si potrebbe pensare che non trattandosi di una “hard law” possa essere cambiato o vi ci si possa rinunciare facilmente…Nient’affatto! Paradossalmente e in maniera perversa, pur essendo un MoU, a tutti gli effetti, un accordo tra governi, esso in quanto informale, permette ai contraenti di aggirare agevolmente gli obblighi legislativi di un trattato vero e proprio.

Per esempio, il MoU Italia-Libia non è mai stato formalmente votato dalle Camere parlamentari e viene tacitamente rinnovato ogni 3 anni. L’accordo sancisce che l’Italia debba fornire aiuti economici e supporto tecnico alle cosiddette autorità e guardia costiera libiche (GCL), al fine di ridurre il traffico di migranti nel Mediterraneo; in cambio la Libia si impegna a migliorare le condizioni dei propri centri di accoglienza per migranti… Di conseguenza, solamente il finanziamento degli “aiuti” alla Libia viene votato ogni anno dal Parlamento. Questo, in teoria. A luglio scorso, senza alcun passaggio in Parlamento, il decreto di rifinanziamento alla guardia costiera libica è stato approvato dalla sola Commissione Esteri e Difesa! Come se non bastasse, il 16 ottobre, appena un giorno dopo le proteste contro il rinnovo del MoU (svoltesi di nuovo a Parigi, Berlino, Roma, Milano, Barcellona e parecchie altre città europee), il governo italiano ha fornito 14 nuove motovedette alle milizie libiche! Passato sotto il silenzio più assordante delle istituzioni il termine di scadenza del 2 novembre 2022 per la disdetta dell’accordo, il MoU Italia-Libia verrà rinnovato automaticamente e per altri 3 anni il 2 febbraio 2023.

Il MoU, nel quale si fa sempre menzione della cosiddetta GCL benché non esista nessun corpo unitario, ma solo numerose milizie locali che hanno obiettivi ben diversi del soccorso in mare, fu contestato fin dall’inizio dalle ONG, da tutte le associazioni solidali, da Amnesty international e persino dall’UNHCR stesso…

David Yambio spiega bene come i campi di detenzione siano “amministrati” dalla GCL, la stessa che riprende i migranti in mare, che li rimanda nei lager, li tortura, li stupra e poi, spesso dietro nuovo pagamento, li rimette in mare per riprenderli di nuovo…come in un girone infernale. David ha provato 4 volte la traversata prima di riuscire ad arrivare in Italia; arriva perfino a chiedersi a cosa servano i pochi corridoi umanitari, se per far passare 500 persone, 5000 sono lasciate morire? Il suo è un grido di disperazione!

Il fenomeno non è affatto marginale: nel 2022, l’UNHCR stima che oltre 800’000 persone detenute in Libia hanno bisogno di aiuti umanitari5.

L’UNHCR e l’UE hanno operato una scelta chiara: quella di innalzare muri, di controllare e di difendere attivamente le frontiere – Frontex non è solo un’agenzia corrotta, ma un vero e proprio esercito europeo – anziché di proteggere le persone e i diritti umani fondamentali. E così facendo, hanno creato dalla Manica al Mediterraneo, passando per la rotta balcanica, il più grande cimitero d’Europa, come ricordato anche dagli attivist* di Parigi, Dunkerque, Londra e Roma (il 24 novembre scorso ricorrenza del naufraggio nella Manica).

In Europa si è scelto di negare i diritti alle persone. In Italia, con l’estrema destra al governo, questa scelta si è pure rafforzata e coI decreto sicurezza anti-ONG appena entrato in vigore, si sono raggiunti apici di perversione. Dato che non si possono chiudere i porti “legalmente”, si è deciso di burocratizzare le procedure e di operare con sanzioni unicamente amministrative, molto più efficaci a bloccare i soccorsi. Così facendo si evita il diritto civile e quello penale (molto lento tra denunce, grado di giudizio e ricorsi, anche se provenienti dallo Stato) e si trasferiscono i compiti amministrativi ai prefetti (dunque al Ministero dell’Interno), i quali applicheranno semplicemente, a loro discrezione, dei regolamenti già scriteriati di per sé. E’ la stessa logica della soft law; si sta cercando di aggirare gli obblighi legali. Se già non si può negare apertamente il soccorso in mare, che è obbligatorio, lo si può “regolare” con blocchi amministrativi. Non appena vengono raccolti dei migranti da un barcone, si deve fare rotta diretta verso il porto che sarà assegnato il più a nord possibile…Nel caso in cui poi si dovesse avvistare una seconda barca, si dovrà tirar dritto, pena il sequestro della nave! Assurde inutili crudeltà!

Non posso concludere, senza ricordare che chi riesce ad approdare in Italia ha superato solo la prima tappa di questa lotta per il diritto a spostarsi, il più delle volte per trovare un altro inferno di repressione e di sfruttamento.

Parlare di diritti umani, alle persone migranti, sembra quasi derisorio, pura ipocrisia. In questo terzo millenio, sempre più persone sembrano sentirsi rassicurate dai programmi populisti dell’estrema destra; programmi che legittimano il razzismo, l’autoritarismo, il nazionalismo e che negano i diritti fondamentali. Questo “bisogno di sicurezza” arriva a giustificare le politiche migratorie violente, l’esternalizzazione delle frontiere e l’esternalizzazione delle politiche anti-migratorie degli Stati, quando si tratterebbe solo di capire e di riconoscere che da una parte o dall’altra di una qualsiasi frontiera ci sono le persone, le popolazioni; sfruttate e violate nei loro diritti dal potere rappresentato dagli Stati nazionali e dal Capitalismo grande  (finanziario) e piccolo.

Marlène del gruppo Bakunin

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