Oggi è il 7 novembre, l’anniversario della Rivoluzione d’Ottobre. Il colpo di stato che novantotto anni fa portò al potere il governo provvisorio controllato dai bolscevichi e distrusse quello che restava dello stato borghese in Russia, rappresentò il primo passo verso la liquidazione del potere dei Soviet che si era andato affermando nel collasso del potere prima zarista e poi democratico borghese. Il Governo nato dalla Rivoluzione d’Ottobre farà uscire in pochi mesi la Russia dal conflitto mondiale, soddisfacendo la più alta aspirazione dei contadini e degli operai.
Quanto succede in Russia dal febbraio all’ottobre del 1917 dimostra che non tutte le ciambelle riescono col buco, nemmeno gli intrighi delle corti e delle cancellerie dei paesi imperialisti. Dalla spontanea aspirazione alla pace delle masse popolari nasce il rifiuto della guerra e dal rifiuto della guerra al rifiuto della società che l’ha prodotta il passo è breve, e in Russia questo passo viene compiuto dalla spontaneità popolare. La diserzione in massa si accompagna all’occupazione delle terre e delle fabbriche, dall’armamento degli operai e dei contadini per difendere le conquiste fatte contro la reazione del governo centrale e delle truppe mercenarie ad esso fedeli.
La posizione di opposizione alla guerra, che la maggior parte degli anarchici ha tenuto dallo scoppio della guerra ha una tragica e luminosa conferma: quello che avviene in Russia avviene in Italia, avviene in Francia, avverrà in Germania l’anno successivo e porterà alla fine del conflitto. Gli appelli del Papa, le trattative diplomatiche, lo stesso intervento degli Stati Uniti non riescono là dove invece riesce la ribellione dei militari di leva, degli sfruttati, dei ceti popolari. L’azione diretta, l’autorganizzazione, la solidarietà internazionale degli sfruttati – le bestie nere della Seconda Internazionale socialdemocratica – impongono la pace ai governi guerrafondai e sanguinari.
Il movimento antimilitarista oggi in Italia.
Parlare di movimento antimilitarista oggi in Italia, forse è eccessivo, però sono numerose le iniziative che, da un capo all’altro del paese, più o meno partecipate, combattono questo o quell’aspetto del militarismo, manifestazioni che spesso devono misurarsi con la violenza dell’apparato repressivo dello Stato. Dal movimento NO Muos a quello contro gli F-35, le manifestazioni contro le esercitazioni e le servitù militari in Sardegna, fino ai presidi e ai volantinaggi, testimoniano l’esistenza e la vivacità dell’opposizione ad una politica che accresce la tensione internazionale, un’opposizione di cui il movimento anarchico è parte e spesso promotore.
Un tema comune è l’opposizione alla NATO: le esercitazioni Trident Juncture hanno visto manifestazioni di protesta in molte località, che il governo non ha minimamente preso in considerazione, pronto ad accontentare i circoli militari e i comandi delle truppe di occupazione.
In questi anni la NATO ha visto crescere il proprio ruolo, il proprio impegno bellico: l’Iraq, l’Afghanistan sono campi di battaglia in cui l’apparato bellico della NATO è stato messo alla prova contro la resistenza dei popoli occupati.
Il maggior impegno della NATO è nel vortice del Medio Oriente: il ruolo dell’Iraq, nella strategia della NATO, non ha solo un ruolo legato ai giacimenti petroliferi. L’Iraq collega i paesi del Golfo Persico, gli Emirati e l’Arabia Saudita, alla Turchia, tutti fedeli alleati dell’imperialismo angloamericano. Per questo la NATO e i suoi alleati in Iraq combattono l’influenza dell’Iran e della Siria, per questo il governo turco può condurre la sua guerra interna contro gli oppositori e le popolazioni curde con il sostanziale appoggio dei governi occidentali. La guerra in Turchia è stata scatenata dal governo e dal presidente Erdogan, gli attentati di Suruc e di Ankara sono episodi dell’aggressione dello Stato, che si articola poi nella repressione, negli omicidi mirati, nei bombardamenti dei centri abitati dai curdi. Ma operazioni che coinvolgono le forze armate e i servizi segreti della Turchia, strettamente connessi e dipendenti dai servizi e dalle forze armate statunitensi, non possono essere state decise solo ad Ankara.
La guerra oggi assume sempre più l’aspetto di una guerra degli Stati contro le popolazioni civili. Afghanistan, Iraq, per non parlare di Israele, della Siria e dell’Egitto, ne sono esempi. La Turchia sta rapidamente evolvendo i quella direzione. Un evoluzione che si vede anche in Italia: l’operazione Mare Nostrum, ora Frontex-Triton, che vede l’uso di navi da guerra, droni e truppe speciali per “accogliere” migranti e rifugiati, i militari nelle strade con la scusa della minaccia terroristica, mentre non si fa niente per debellare i centri internazionali del terrorismo. Ma l’esempio più clamoroso sono i militari a guardia della TAV e nella Terra dei Fuochi, questo schieramento dimostra che scopo dei militari è l’ordine pubblico, e dimostra la volontà del Governo di arrivare fino alla guerra civile per imporre scelte dissennate e autoritarie.
Questa politica non nasce dalle scelte estemporanee di una maggioranza parlamentare, ma è il risultato di una lunga pianificazione; una pianificazione che vede uno stretto legame tra la NATO e il FMI, tra la politica di guerra e quella di austerità. Agli stati, al settore pubblico viene affidato un ruolo insostituibile nel sostegno al capitalismo, nella politica di rapina a mano armata a danno degli sfruttati e dei ceti popolari. In Italia questa politica è agevolata dal vincolo dei trattati internazionali previsto dalla riforma della Costituzione, attuata nel 2001.
Il ruolo degli anarchici oggi.
Il movimento anarchico è stato presente e spesso promotore delle iniziative di questi giorni, ma è urgente passare da iniziative locali e su temi specifici ad un vero movimento antimilitarista, per un movimento unito, autonomo e di massa. La crescita dell’astensionismo, che le forze sparpagliate della sinistra vedono come il fumo negli occhi, pongono agli anarchici nuovi compiti: la pregiudiziale astensionista è una premessa indispensabile per far uscire questo movimento dal ceto politico, per farlo essere qualcosa di più da una semplice sommatoria di forze che vedono nei movimenti solo un trampolino per il loro successo elettorale; in questo senso l’astensionismo rappresenta anche una salvaguardia contro le divisioni provocate dalle campagne elettorali. All’interno del movimento ogni forza politica, ogni corrente ideale deve avere la possibilità di partecipare, ma senza provocare divisioni, senza cercare di controllare il movimento stesso. E questo è possibile se il movimento si costruisce attorno a due strategie tipiche dell’anarchismo: l’autorganizzazione e l’azione diretta.
Tiziano Antonelli