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La Borsa esulta per la catastrofe proletaria

La Borsa esulta per la catastrofe proletaria

Segnali di ottimismo giungono dall’Istituto di Statistica, prontamente amplificati dal Governo e dalla Confindustria. Aumenta la fiducia dei consumatori, mentre cresce la produzione industriale, soprattutto per merito delle esportazioni, l’ISTAT prevede un aumento dello 0,1% del prodotto interno lordo. Gli occupati a gennaio 2015 sono 131 mila in più rispetto all’anno precedente, mentre il tasso di disoccupazione giovanile è sceso al 41,2 dal 41,4 di dicembre.
Per l’ISTAT comunque non si tratta di un’inversione di tendenza: il tasso dei posti vacanti, un dato che anticipa l’andamento degli occupati nel prossimo futuro, nei settori dell’industria e dei servizi è rimasto stabile nel quarto trreimestre del 2014, attorno allo 0,5%. La stazionarietà dellindicatore, che perdura dallultimo trimestre del 2013 spiega l’Istituto di statistica , riflette la fase di stagnazione che si osserva dal lato della domanda di lavoro. 
Le dimensioni di quello che si pu definire un vero e proprio disastro, un catastrofe per la classe operaia e per i ceti popolari, sono testimoniate dagli stessi dati portati a dimostrazione della ripresa economica: l’aumento dell’occupazione soprattutto per i contratti a termine e per quelli a tempo parziale; mentre l’aumento della produzione industriale trainato solo dalle esportazioni, la domanda interna langue, sia per la domanda delle famiglie i consumi privati sono ulteriormente calati nel 2014 -, sia per la domanda delle amministrazioni pubbliche, in calo dello 0,2%. A questo si pu aggiungere la stima che un italiano su quattro a rischio povert.
La Borsa esulta proprio per questa catastrofe: esulta perch gli sfruttati sono costretti ad accettare i ricatti dei capitalisti, esulta perch la quota di reddito destinata alle classi privilegiate aumenta sempre di pi, mentre diminuisce quella destinata ai ceti popolari, esulta perch si prepara a nuove occasioni per svaligiare le casse dello Stato.
La crisi economica stata l’occasione per un gigantesco sabotaggio della produzione e della distribuzione, operato dai capitalisti con l’appoggio del Governo e delle banche, per distruggere il movimento operaio e cinquant’anni di conquiste e miglioramenti delle condizioni di vita e di lavoro delle masse popolari. La scuola, la sanit, i servizi pubblici sono disorganizzati; la disoccupazione si diffonde, e con essa la miseria e la sfiducia. Tutti i mezzi di comunicazione ne parlano, i sindacati, i partiti, la gerarchia cattolica e il suo capo, persino i servizi segreti segnalano i pericoli che derivano dalla miseria crescente degli sfruttati.
E tutti si lamentano che non viene fatto niente.
Ma non vero! Quella che sta seguendo il governo una vera e propria politica industriale.
Questa politica ruota attorno all’abbassamento del prezzo della forza-lavoro al di sotto del suo valore. Dentro questa formula scientifica ci sta il lavoro a termine e quello a tempo parziale, ci stanno i licenziamenti, il taglio ai salari. Ci sta soprattutto l’azione del governo per diminuire i diritti, per reprimere le lotte, per colpire i lavoratori pi combattivi.
Accanto a questo c’ l’espansione sui mercati esteri, che vuol dire contrazione dei consumi interni, soprattutto di quelli popolari; produzioni di qualit, che vuol dire produrre per il lusso, produrre per una societ in cui i ricchi siano sempre pi ricchi; grandi opere, che vogliono dire continuo saccheggio del pubblico erario, progetti preparati dai politici per spartirsi i finanziamenti con i gruppi economici e finanziari che li sostengono, finanziamenti che attingono ai soldi sottratti con le tasse e i tagli alla spesa. Questo non il risultato delle cieche forze dell’economia e del mercato, il risultato di una precisa volont, la politica industriale. L’Expo di Milano rappresenta la celebrazione della vittoria di questa politica.
La vittoria della borghesia la catastrofe; la ripresa produttiva la catastrofe,la vittoria della chiesa, dei circoli militari, delle classi privilegiate la catastrofe della classe operaia e dei ceti popolari. La nazione di cui parla Matteo Renzi, l’opinione pubblica, non comprendono la classe operaia, la classe operaia deve solo produrre il pi possibile e consumare il meno possibile; ma di questo gli operai sono pi coscienti di quanto sembri: all’indifferenza della societ ufficiale nei loro confronti, gli operai rispondono con il rifiuto, con il rifiuto dell’apparato politico nel suo complesso. Per la prima volta nella storia dell’Italia unita, l’astensione costituisce la prima forza politica; gli operai sono il gruppo sociale pi consistente fra gli astensionisti; l’astensione l’opzione politica pi seguita nella classe operaia. Si tratta di trasformare questo rifiuto in una protesta politica, in lotta e organizzazione; i lavoratori hanno pi fame di politica che di lavoro o di reddito, e l’unica politica che li pu soddisfare ormai una politica rivoluzionaria.
Ma la politica rivoluzionaria non l’apologia piccolo borghese della violenza, la presa di coscienza degli sfruttati e delle loro organizzazioni, la presa di possesso dei mezzi di produzione e di distribuzione; un inventario, il pi possibile accurato, delle fabbriche abbandonate, delle terre incolte, della case sfitte, dei mille bisogni dei ceti popolari, ed adoperarsi per far incontrare gli uni e gli altri, per soddisfare i bisogni del popolo.
E’ un programma semplice, a conoscenza di tutti, ma che nessun governo ha l’interesse di applicare, e che pu essere applicato solo dal basso, a partire dal quartiere, dalla fabbrica, dal campo. E’ un programma che solo gli sfruttati, i lavoratori potranno mettere in pratica. Gi oggi, quel poco che stato fatto contro la crisi economica, stato fatto solo grazie al sacrificio dei lavoratori. Domani, una volta spezzato l’ordinamento giuridico che protegge la propriet privata, sarà tutto più facile.
Tiziano Antonelli

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