INFORMAZIONE RISERVATA. A proposito di libertà di stampa

La recente vicenda di Cecilia Sala, la giornalista italiana incarcerata in Iran senza un’accusa precisa e uscita poi dal carcere, con soddisfazione di chi, come me, ritiene che in carcere non ci debba stare nessuno, aldilà di altre considerazioni è stata usata in Italia per rilanciare la narrazione sulla libertà di stampa e di informazione. Libertà di stampa e di informazione che sarebbe maggiormente tutelata dai governi che fanno parte del blocco imperialista, a cui appartiene anche l’Italia, mentre sarebbe minacciata dai governi del blocco imperialista a cui appartiene la repubblica islamica dell’Iran. Come è facile comprendere, il tema della libertà di informazione sta particolarmente a cuore a chi si adopera per far uscire un periodico che si ispira all’ideale anarchico come Umanità Nova aggirando lacci e lacciuoli di una normativa che risale all’epoca fascista, prodotto diretto delle leggi fascistissime, varate per trasformare il governo Mussolini in regime all’indomani del delitto di Giacomo Matteotti, con l’obiettivo di mettere a tacere l’ondata di sdegno popolare sviluppatasi in conseguenza del truce assassinio del deputato socialista.

Lasciamo da parte l’ovvia constatazione che la libertà di informazione esiste solo per chi può permettersi di controllare media sociali, tv, giornali, quindi in realtà esiste solo per le multinazionali dell’informazione; quale sia la condizione della libertà di informazione nel cosiddetto Occidente ce lo svela, fra l’altro, la vicenda di Julian Assange, perseguitato per anni per aver reso pubblici i crimini di guerra degli Stati Uniti e soprattutto per aver rivelato che tali crimini erano a conoscenza dei vertici militari e dell’autorità politica a stelle e strisce. E anche l’Italia non se la passa bene.

In un articolo uscito l’ottobre scorso su una pubblicazione del Reuters Institute for the Study of Journalism dell’università di Oxford si afferma che “ci sono segnali di un potenziale arretramento democratico, spronato da iniziative di governo che potrebbero creare un futuro meno pluralistico per i media nazionali”. Da questo punto di vista, le dichiarazioni fatte dalla presidente del consiglio Meloni in una recente conferenza stampa lasciano trasparire la sua volontà di marciare con decisione verso l’instaurazione di un regime autoritario mascherato di paternalismo. L’informazione continuerà ad essere libera a patto che sia responsabile e disponibile ad un dialogo costruttivo con il governo: spetta al governo decidere se l’informazione sia responsabile o meno e il dialogo costruttivo si traduce nel non mettere ostacoli agli ukaze di Palazzo Chigi. In queste parole si sente l’eco di quanto affermava Mussolini, che definiva il giornalismo italiano sotto il regime fascista “perché, nell’ambito delle leggi del Regime, può esercitare, e le esercita, funzioni di controllo, di critica, di propulsione”.

Ricordo che l’assalto fascista alle organizzazioni del movimento operaio fu favorito nel 1920 dall’arresto, su ordine del governo di Giovanni Giolitti esponente della sinistra liberale, con l’accusa di insurrezione per numerosi esponenti del movimento anarchico, fra cui l’intera redazione di Umanità Nova, che allora usciva quotidianamente. La reazione dei socialisti legalitari e dei comunisti autoritari fu tiepida e la mancanza di solidarietà di allora fu una delle cause che portarono alla vittoria del fascismo.

Non c’è bisogno di andare in Iran per battersi per la libertà di stampa.

Avis Everhard

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