Il 10 novembre in moltissime città italiane si sono svolte iniziative di contrasto al disegno di legge Pillon e al pacchetto sicurezza. La mobilitazione è stata lanciata dall’assemblea nazionale che NonUnadiMeno ha tenuto un mese fa a Bologna, nelle giornate del 6 e 7 ottobre, e costituisce una tappa importante nel percorso verso la manifestazione nazionale del prossimo 24 novembre a Roma, giornata internazionale contro la violenza di genere. Se il pacchetto sicurezza è piuttosto noto, per le costanti strombazzate razziste di chi governa e per le ricadute che comunque prevede in termini di ordine pubblico, repressione, provvedimenti antisgombero etc, meno conosciuto è senz’altro il disegno di legge proposto dal ministro leghista Pillon nello scorso settembre. La proposta vuole entrare nel merito delle separazioni e dell’affido dei figli con una serie di misure che renderebbero assai complicato e costoso il procedimento della separazione e del divorzio, con penalizzazioni massicce soprattutto per le donne e i figli. Del resto, scopo dichiarato esplicitamente dal ministro Pillon, esponente di spicco della cordata del Family day e dell’intergruppo parlamentare Vita famiglia e Libertà (Lega, Forza Italia, Fratelli d’Italia), è quello di depotenziare l’istituto del divorzio per riaffermare la famiglia tradizionale. E infatti, che bisogno c’è di scomodare la macchina referendaria, con tutti i rischi e le complicazioni che comporta, quando una serie di misure possono essere altrettanto efficaci? Il disegno di legge si incardina sul principio della bigenitorialità perfetta. In caso di separazione, il mantenimento dei figli deve essere matematicamente diviso a carico dei due genitori; l’assegno di mantenimento non esiste più e le spese devono essere quantificate e rendicontate tramite fatturazione, che si tratti del conto del dentista o del pezzo di focaccia comprato al mattino prima di andare a scuola. Altrettanto salomonica la spartizione dei tempi, che deve prevedere almeno 12 pernottamenti consecutivi presso ciascun genitore, senza tener conto di tipologia di lavoro, trasferte o altro, pena la decadenza della genitorialità. Il sistema rigido così congegnato, lontano da qualsiasi elasticità anche in caso di separazione consensuale, è sottoposto al presidio obbligatorio di uno sceriffo, perché, “pena l’improcedibilità” della separazione, i genitori di minorenni devono fare un percorso di mediazione familiare a pagamento (con costi rigorosamente ripartiti fra i due genitori). Manco a dirlo, Pillon è mediatore familiare e il disegno di legge prevede la creazione di un albo dei mediatori familiari presso il Ministero della giustizia. Insomma, il senatore è uomo previdente e pensa al futuro.
E’ ovvio che questo percorso a ostacoli penalizzi principalmente le donne che desiderano separarsi, poiché spesso soggetti economicamente meno forti per una serie di motivi determinati dalla società patriarcale e sessista in cui viviamo: il 50,7% delle donne non ha un’occupazione che determina reddito stabile e altissima è la percentuale di donne che smettono di lavorare con la nascita dei figli, dovendosi far carico di un welfare che non c’è. In questa situazione di ricatto economico diventa problematico iniziare un percorso di separazione costoso e non poter contare su un assegno di mantenimento. Ma c’è un aspetto ancora più grave. Sappiamo che il 77% delle violenze sulle donne avvengono in ambito familiare. La difficoltà a separarsi, ad uscire dalla famiglia, vorrà dire quindi, in molti casi, una maggiore difficoltà ad uscire da situazioni di violenza. E al riguardo il disegno di legge specifica che finché la violenza non è comprovata, quindi presumibilmente finché non sia pervenuta una sentenza, le bambine e i bambini dovranno sottostare all’affido paritetico con rapporti obbligati col genitore violento. Le donne che denunciano violenze subite dai mariti inoltre non possono intervenire con i figli mettendoli in guardia ed esortandoli a proteggersi, almeno fino ad emissione di sentenza, perché il loro comportamento potrebbe configurare una manipolazione di minori, con il rischio di perdere la responsabilità genitoriale e di vedersi sottrarre i figli dai servizi sociali.
Insomma, questo disegno di legge rappresenta chiaramente un percorso a ostacoli discriminatorio e pesantissimo che colpisce in primis le donne e i bambini, ma anche i padri responsabili, che sono costretti a standardizzare il rapporto con i figli secondo le indicazioni del mediatore familiare e non secondo le esigenze e le necessità che ogni rapporto richiede. Un disegno di legge che merita l’opposizione e il contrasto che sta ricevendo tramite le mobilitazioni di piazza e le iniziative che si stanno svolgendo in tutta Italia. Sta a tutte e tutti noi vigilare attentamente per evitare qualsiasi utilizzo strumentale da parte di coloro che ne vogliono semplicemente fare una campagna di opposizione al governo. La logica patriarcale e sessista che attraversa questo disegno di legge non è monopolio esclusivo di questo governo, che ne è solo un interprete più becero di altri. E’ una logica che viene da lontano e che va combattuta sia quando è apertamente e smaccatamente evidente, come in questo caso, sia quando riveste panni apparentemente più decenti ma propaganda con forza il valore della famiglia tradizionale, della gerarchia tra i sessi, della fissità dei ruoli.
Per contrastare questa logica, in tutte le sue manifestazioni, per contrastare la violenza che pretende di attraversare le nostre vite, di negare l’autodeterminazione e la libertà sarà importante, oltre all’impegno quotidiano, essere in piazza a Roma il prossimo 24 novembre.
Patrizia Nesti