Ad una una settimana dalla morte di Pietro Ingrao la commozione deve lasciare il posto alla riflessione politica, il sentimento alla razionalità. Questa riflessione sull’azione politica di Ingrao si accompagna a quella sulla parabola del comunismo nel secolo scorso e nei primi lustri di questo. Milioni di proletari si sono mobilitati, tanti di loro sono morti, vedendo nel comunismo la realizzazione dei loro ideali di libertà e di eguaglianza sociale. Bande di avventurieri e di arrivisti si sono impadroniti di questi ideali e, attraverso l’organizzazione autoritaria e la tattica elettorale, ne hanno fatto lo sgabello x le loro carriere.
Le dittature temporanee e le fasi transitorie con le quali, dopo le insurrezioni vittoriose, è stata imbrigliata la spinta emancipatrice della classe operaia, hanno aperto la strada alla restaurazione del capitalismo.
Così, di tradimento in tradimento, quelli che erano divenuti i padroni del comunismo sono giunti all’abiura definitiva.
Pietro Ingrao per gran parte della sua vita ha condiviso queste scelte, legandosi alla banda, quella di Stalin, che allora sembrava vittoriosa. Questo legame non si è mai interrotto, nemmeno quando il PCI è diventato PDS, e grazie a questo legame Ingrao è arrivato ai gradi più elevati delle istituzioni borghesi.
Dietro la commozione per la morte di Pietro Ingrao c’è la nostalgia per il vecchio partito comunista ed i suoi successi elettorali. Inseguendo quel fantasma, i residui raggruppamenti comunisti autoritari continuano a dividersi, mascherando le lotte intestine con incocludenti appelli all’unità, mentr i loro esponenti, per continuare ad aver visibilità, si accodano a questa o quella lista borghese.
Il risultato della tattica parlamentare è questo: non solo in nessun paese è stato posto fine al capitalismo per mezzo delle elezioni, ma i partiti comunisti stanno sparendo dai parlamenti, mentre la maggioranza dei proletari ha perso ogni fiducia nella tattica parlamentare, come dimostrano la diffusione e la composizione dell’astensionismo.
Il comunismo, l’abolizione della proprietà privata e del lavoro salariato, la messa in comune dei mezzi di produzione e dei prodotti, rappresenta l’unica alternativa al modo di produzione capitalistico. Il comunismo, fino dall’antichità, ha rappresentato per le masse sfruttate un modello di organizzazione sociale, all’indomani dell’insurrezione vittoriosa, basato sulla comunione dei mezzi di produzione, del godimento in comune dei frutti del comune lavoro, non certo una particolare forma di governo o un particolare modo di ragionare, al di fuori della logica del profitto individuale e del mercato. Ma perché questa alternativa torni ad essere patrimonio delle più vaste masse sfruttate, si deve liberare dalle fallimentari ipotesi di fasi transitorie e dittature temporanee, deve combattere la tattica elettorale, che ha provocato divisioni e cedimenti e aperto la strada ad arrivisti e avventurieri, di fronte a cui l’onestà personale di militanti come Ingrao poco ha potuto.
Tiziano Antonelli