La vicenda della nave Sea Watch fa emergere un quadro ben preciso della situazione sia dell’isola di Lampedusa che dei migranti che cercano di abbandonare la Libia per raggiungere l’Europa.
Intanto la guerra per procura che le potenze globali e regionali si stanno facendo in Libia ha fatto completamente degenerare il sistema di gestione coatta e repressiva dei migranti; come il bombardamento del 3 luglio dimostra, ormai non si tratta solo di prigioni, torture, stupri, vendite di schiavi, ma di pericolo di morte (e morte effettiva) sotto gli attacchi di una o dell’altra fazione in guerra per il controllo del territorio. Non sussiste alcun motivo perché un solo migrante debba essere trattenuto in questo inferno che solo il cinismo e la debosciatezza degli Stati europei tutti poteva prevedere e pianificare a suon di milioni di euro pagati alle bande armate libiche.
L’aver fatto concentrare l’attenzione dei media e dell’opinione pubblica sulla Sea Watch e sulle ONG ha solo il significato di voler eliminare dei testimoni scomodi di quanto avviene nelle coste libiche e nel Mediterraneo. Ma non solo. L’isola di Lampedusa subisce una pesante e costante militarizzazione da parte della NATO, e questo va di pari passo con la facciata turistica di un’isola che si vorrebbe normale, ma che in realtà vive nella precarietà e nella carenza storica di servizi sociali. Di questo non si deve parlare, perché il farlo disturberebbe il teatrino salviniano messo in atto dal Ministro e dai suoi seguaci nella stessa isola.
Occhi puntati sulla Sea Watch, quindi, per occultare il fatto inoppugnabile che barche e barchini dal Nord Africa approdano a Lampedusa quotidianamente, assicurando quelle quote di forza-lavoro senza diritti e a bassissimo costo ai leghisti padani e agli affaristi campani, pugliesi, calabresi e siciliani amici della Lega, per le loro produzioni industriali o agricole.
La disobbedienza della nave comandata dalla capitana Carola Rackete ha aperto un nuovo fronte, che scompagina i piani del governo gialloverde italiano. Il celodurismo, le minacce, le falsità del Ministro dell’Interno, e la bagarre che ancora si continua a imbastire si scontrano con la semplice verità dei fatti: c’è una guerra in Libia e nel Mediterraneo, a cui l’Italia non è estranea, a cui Lampedusa non è estranea; e c’è una guerra nella guerra, quella ai migranti, che ha assunto i toni di una campagna di odio razziale per una meschina caccia di voti e di consensi. E c’è chi, come gli immigrati in fuga dalle loro terre e dal caos libico, e tutti i solidali con loro, fa della resistenza attiva e della disobbedienza, una pratica e un esempio che possono dimostrarsi vincenti. Noi stiamo con loro.
Federazione Anarchica Siciliana