I figli degli uomini

I figli degli uomini (Children of Men) – 2006 diretto da Alfonso Cuarón. Dall’omonimo romanzo del 1999 della scrittrice britannica P. D. James.

Londra 2027, notiziario: “Ratificata la legge sulla sicurezza nazionale. Dopo 8 anni i confini britannici restano chiusi. Continuerà la deportazione di immigrati illegali”. “Il mondo è oggi sconvolto per la morte di Diego Ricardo, la persona più giovane del pianeta. Baby Diego è stato accoltellato all’esterno di un bar di Buenos Aires dopo essersi rifiutato di firmare un autografo (…) aveva 18 anni, quattro mesi, sedici ore e otto minuti”.
Da ormai 18 anni l’umanità è destinata inesorabilmente all’estinzione. Un virus sconosciuto ha reso sterile tutto il genere umano e non esiste cura conosciuta. Il film è ambientato in una Londra sconvolta da violenze ed attentati di frange nazionaliste, da vere e proprie stragi di Stato per infondere terrore fra la popolazione e da un’atroce guerra fra profughi ed esercito. Ogni cittadino non britannico viene deportato in campi profughi immensi: si tratta perlopiù di stranieri europei (si intuisce fra gli immigrati l’accento tedesco, francese o dell’est europeo).
Theo Faron, un ex attivista per i diritti civili, ora impiegato statale, si ritrova suo malgrado coinvolto in un’operazione condotta da un gruppo di ribelli (i pesci) che lottano per i pari diritti degli immigrati, la cui leader, Julian, è la sua sua ex moglie. Il compito affidatogli, dietro compenso, è di procurare un’attestato di transito (una sorta di permesso di soggiorno) per una donna profuga, grazie alla sua amicizia di lunga data col ministro della cultura.
Nel romanzo viceversa i ribelli sono un gruppo di 5 persone, tra cui due donne e un prete, che lottano anch’essi, con metodi non violenti, contro la pratica del “trapasso” ovvero il suicidio collettivo apparentemente volontario degli anziani e contro la deportazione degli immigrati.
La scrittrice di libri gialli P. D. James (membro permanente della camera dei lord britannica, morta nel 2014 a 94 anni), autrice dell’omonimo romanzo, manifesta una forte visione moralista cristiana, che nel film emerge a tratti ma che è sovrastata da uno scenario distopico e decadente oltre che da alcuni elementi che anticipano il presente: si fa riferimento ad una pandemia polmonare che nel 2008 ha colpito il mondo ed una delle vittime risulta essere proprio il figlio del protagonista; inoltre è evidente il riferimento ad una brexit ante-litteram con caratteristiche altrettanto cruente ed una recrudescenza del nazionalismo che dilaga anche all’interno dei campi profughi.
La missione del gruppo rivoluzionario dei pesci in realtà risulterà essere decisiva per le sorti dell’intera umanità: il rifugiato che dovranno accompagnare dall’organizzazione internazionale non governativa “progetto umano” è una donna di colore incinta. Fra cospirazioni interne al gruppo rivoluzionario che intende utilizzare il nascituro come viatico per scalzare il potere dittatoriale (Julian, la loro leader, viene uccisa in un agguato di gang giovanili , in realtà organizzato dagli stessi pesci) e tentativi di eliminare lo stesso Theo, il film si sviluppa in uno scenario a metà fra mondo post atomico e pre-industriale.
Il bambino che nascerà nel campo profughi, in una sordida stanza di un edificio diroccato, rappresenta l’unica speranza di un mondo destinato alla fine. Nell’edificio dove imperversa una guerra fra esercito e ribelli, il pianto del bambino è l’unico suono capace di far zittire temporaneamente il suono delle armi. Per un alcuni minuti che nella sequenza filmica appaiono interminabili, tutto rimarrà sospeso. Un silenzio attonito ed irreale riunisce per un attimo tutta l’umanità che si ferma a contemplare il neonato.
Il film, come del resto il romanzo, che parte da ottime premesse per illustrare quello che possiamo descrivere come un futuro probabile, più che distopico in senso stretto, si perde spesso in citazioni e riferimenti evangelici: una sorta di settima profezia che lascia il campo ad “una ultima possibilità”. Ad una speranza per il genere umano affidata ad un novello Bambin Gesù.
Non di meno le scene ed i personaggi più significativi, oltre al protagonista che mette al centro la scelta umana rispetto a quella orientata al potere politico o economico, va evidenziato il personaggio di Jasper, l’amico che offrirà riparo a Theo: un anarchico che vive nei boschi e che è stato in gioventù un famoso giornalista e fumettista, interpretato dal grande Michael Caine, rimandano ad una sorta di messaggio libertario ed umanista, incentrato sulla lotta che coinvolge tutto il genere umano di là di qualsiasi fazione politica, militare o nazionale.
Nel romanzo, il bambino nasce in un capanno di legno, dove è Julian (che non è l’ex moglie di Theo, ma un membro dei pesci) a partorire, assistita da Theo. I due saranno raggiunti dal dittatore britannico in persona (cugino del protagonista e suo compagno di giochi d’infanzia ) che li blandisce con promesse di potere e di rinascita nazionale.
Il tema della lotta fra il bene ed il male, tanto cara a parte della letteratura anglosassone, assume nel romanzo connotazioni quasi bibliche. Il libro di P. D. James, seppur costruito tecnicamente bene, con maestria e con descrizioni da grande scrittrice, in questo caso segna il passo rispetto alla sceneggiatura cinematografica che risulta superiore dal punto di vista sia della trama narrativa che dell’ambientazione (beninteso, questa è la mia personale opinione) .
Ricordiamo infine a titolo di cronaca che I figli degli uomini è stato insignito del premio Saturn Award come miglior film di fantascienza nel 2007.

Flavio Figluolo

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