Voto di condotta e repressione giovanile
Fra le varie nefandezze del governo Meloni è senz’altro da rilevare l’insieme di misure volte a colpire i giovani sia nei contesti istituzionali, come quello scolastico, che nei contesti sociali più diffusi. E se considerevole è stata l’eco del Decreto Caivano sulla cosiddetta delinquenza giovanile, assai meno si parla di un intervento come la riforma del voto di condotta. Inizialmente congiunto con il disegno di legge 924 sulla riforma dei tecnici e dei professionali, di cui abbiamo trattato già su queste pagine, la riforma del voto di condotta ha poi preso le mosse autonomamente come disegno di legge 924 bis e sta procedendo da un paio di mesi nel proprio iter parlamentare. Si tratta di un’altra perla che si aggiunge ai numerosi interventi in materia scolastica caratterizzati dalla volontà punitiva di questo governo e del ministro Valditara, quello che ha avuto spesso modo di vantare l’umiliazione degli studenti come modello educativo.
L’esigenza propagandata per riformare il voto di condotta è quella di far fronte a numerosi episodi di “intemperanza” più o meno marcata verificatasi nelle scuole e ripristinare quella che con termine vagamente (ma poi nemmeno tanto) mafioso è definita dal ministero dell’istruzione e del merito la cultura del “rispetto”.
Nonostante i mielosi corsi di formazione su disagio giovanile, accoglienza, benessere scolastico, ascolto etc. a cui vengono forzatamente sottoposti i docenti di ogni ordine e grado, poi per rapportarsi alle varie problematiche le uniche modalità che arrivano come indicazioni operative sono quelle che utilizzano il canale repressivo: ordine e disciplina da imporre con pugno duro.
Vediamo quindi che cosa prevede questo disegno di legge, ormai prossimo all’approvazione che lo renderà operativo dal prossimo anno scolastico. Innanzitutto il voto di condotta viene introdotto anche alle scuole medie in sostituzione dell’attuale giudizio; un cinque in condotta comporterà la bocciatura, esattamente come è già alle superiori, e il cinque, secondo le nuove direttive, potrà essere assegnato non solo per atti particolari e violenti, ma anche per gravi violazioni del regolamento di istituto, anche se commesse nella prima parte dell’anno scolastico.
Una misura che sembra pensata ad hoc per le occupazioni. Ed è infatti proprio nelle scuole superiori che si intensifica l’azione repressiva. Alle superiori, dal prossimo anno, un sei in condotta comporta di essere rimandati a settembre, come se la condotta fosse una vera e propria materia con tanto di programmi da recuperare; da notare che comunque il 6 è un voto di sufficienza e quindi la non promozione a giugno nonostante un voto sufficiente è un abuso vero e proprio, ma questo prevede la norma. Chi prende sei in condotta, quindi, deve presentarsi nella sessione di settembre con un elaborato su temi di ” cittadinanza attiva e solidale “; dall’esito di questo esame riparatore/ atto di pentimento dipende l’ammissione alla classe successiva.
Ma evidentemente non basta punire i più “vivaci”: e infatti il disegno di legge mira anche a ricattare gli studenti che si trovano in una fascia di comportamento comunemente ritenuta assai soddisfacente, nei confronti dei quali vengono aumentate le richieste disciplinari di obbedienza cieca e assoluta. Infatti, coloro che hanno meno di nove (!) in condotta avranno una decurtazione del credito scolastico spettante per il profitto. Per capire meglio: negli ultimi tre anni delle superiori alla media dei voti scolastici conseguiti a fine anno, cioè al profitto, viene assegnato un punteggio che poi costituisce base di credito per il voto finale di esame di maturità. Dal prossimo anno una valutazione di condotta inferiore a nove, quindi anche il comunissimo otto riportato dalla maggior parte degli studenti, interverrà pesantemente ad abbattere il profitto.
Il disegno di legge ovviamente propone l’ampliamento della casistica che determina l’abbassamento del voto di condotta, nel quale rientrano mancanze di vario genere, non solo atti violenti, bullismo e gravi trasgressioni, ma anche, ad esempio, avere l’abitudine di arrivare tardi a scuola, o semplicemente tenere un atteggiamento passivo e non cooperativo. Irrigidimento anche sul fronte delle sospensioni brevi e di quelle più lunghe: in entrambi i casi addio alla salutare distanza dalla scuola e via libera invece ad attività rieducative di regime, da svolgere a scuola in caso di sospensione fino a due giorni, presso enti rieducatori esterni convenzionati se i giorni sono più di due. Al termine, sempre la produzione di un elaborato da sottoporre al consiglio di classe su temi di cittadinanza attiva e solidale, che figuri da atto di contrizione e ravvedimento vario.
Quello che sta avvenendo nella scuola con la riforma del voto di condotta riverbera ciò che in generale avviene nel più vasto ambito sociale, con azioni di governo che fino dall’insediamento, nell’autunno 2022, si sono caratterizzate per accanimento brutale e vendicativo contro le giovani generazioni. Se proviamo a fare una rapida carrellata di tali interventi, anche solo a memoria, possiamo mettere in fila una delirante sequenza che vede invenzione di nuovi reati o aumenti di pena per reati già previsti, molti dei quali specificamente riferiti al mondo giovanile. Si va dal decreto anti rave che ha caratterizzato gli esordi del governo, con i chiari riferimenti alle occupazioni illegali e i relativi aumenti delle pene previste, all’introduzione del reato di imbrattamento di muri, al rafforzamento del Daspo urbano, esteso anche ai giovani tra i 14 e i 18 anni per una vasta serie di reati minori definiti “giovanili”. Sono state incrementate le pene per violenze contro il personale scolastico. È stato introdotto il controllo dell’accesso dei giovani ai siti porno: la stragrande maggioranza di violenze sessuali viene commessa da adulti in contesti familiari, ma l’ineffabile ministra della famiglia Eugenia Roccella ritiene di intervenire sui minorenni. Particolarmente inquietante l’introduzione fino dai 14 anni (erano 12 anni nella stesura originale!) dell’avviso orale del Questore per minori ritenuti pericolosi: una misura legale restrittiva, legata al procedimento di ammonimento; una misura finora riservata a soggetti ritenuti a vario titolo pericolosi per la collettività, che viene estesa a quattordicenni turbolenti, per i quali tra l’altro, se legati a reati di droga, può scattare il divieto di possesso e uso di cellulari e servizi telematici.
Molte di queste disposizioni sono state raccolte nel decreto Caivano, espressamente rivolto alla punizione della delinquenza minorile e delle baby gang con l’indicazione generale di punire il reato di un minorenne come quello di un maggiorenne. La recente sentenza di Napoli ne è stata la esplicitazione evidente: un omicidio senz’altro terribile è stato punito infliggendo una pena senza precedenti all’omicida minorenne.
Cavalcando l’onda di fatti di cronaca estremi il governo porta avanti la sua politica di imposizione brutale dell’ordine nel silenzio dei partiti di opposizione, timorosi di alienarsi quella parte di opinione pubblica, ritenuta maggioritaria, che chiede vendetta e pugno di ferro. Senza alcun reale investimento sociale, senza alcun miglioramento delle condizioni di vita, senza alcuna alternativa culturale, affermando continuamente i disvalori di forza, violenza, machismo, gerarchia e sopraffazione tipici della matrice fascista di questo governo, la strada scelta è quella della criminalizzazione dei giovani, la più semplice e la più pericolosa, quella che estende il modello punitivo adulto alle giovani generazioni, riducendo il numero di anni destinati alla crescita della persona e aumentando quelli destinati alla punizione e alla marginalizzazione sociale. Una criminalizzazione e una volontà repressiva che certamente non si ferma ai casi limite, ma che è concepita proprio per estendersi su tutti gli ambiti dell’esistente e riportare a disciplina e dominio tutto ciò che è possibile, anche il quotidiano, anche l’ordinario. Anche il voto di condotta a scuola.
Patrizia Nesti