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Francia. La battaglia per le pensioni.

Francia. La battaglia per le pensioni.

Giovedì 19 gennaio si sono svolte manifestazioni in tutta la Francia e si stima che si siano mobilitate quasi due milioni di persone, sia nella capitale e nelle grandi città, sia in municipalità molto più piccole, dove non si vedeva una tale mobilitazione da quasi trent’anni.

I governi di qualsiasi schieramento politico, si susseguono e si somigliano. Tutti dichiarano, dopo aver giurato che non avrebbero toccato nulla, che l’equilibrio finanziario del sistema pensionistico è minacciato e che lo si deve riformare: non c’è alternativa! Da una riforma all’altra, l’età legale di pensionamento è ora di 62 anni e il numero di anni o trimestri lavorativi (cioè in cui sono stati versati i contributi) per ottenere una pensione completa è in aumento. Quindi, senza essere un genio delle cifre, tutti capiscono che si dovrà lavorare di più per ottenere di meno.

Negli ultimi anni, i fondi pensionistici sono stati equilibrati e persino redditizi. Tuttavia, preoccupati per il nostro futuro, i nostri saggi governanti gridano alla catastrofe e annunciano che tra due o tre anni, se non si interviene, si prospetta la rovina. Ma hanno una ricetta per evitare il disastro. La ricetta è semplice e di buon senso, dicono, poiché l’età media della popolazione sta aumentando, è logico che si lavori di più. Quindi la galera salariale sarà prolungata di due anni: non si uscirà più a 62 anni, ma a 64! Inoltre come se non bastasse, per ricevere il massimo della pensione si dovrà dimostrare 43 anni di lavoro retribuito!

La povera gente che ha imparato a contare, perché è stata costretta a farlo per tutta la vita, fa rapidamente la somma dei vantaggi e degli svantaggi. E poi vedono bene, guardandosi intorno, che per i loro padri, madri e amici che fanno i lavori più faticosi, per quelli la durata della vita non aumenta, anzi tende a diminuire. E dunque i poveri, che non sono così stupidi come sembrano pensare i governanti, cominciano a capire che, a furia di lavorare più a lungo, finiranno per crepare a bocca aperta come il corridore di Maratona, mentre varcano un traguardo che viene spinto sempre più indietro. Al massimo, si darà loro il tempo di riprendere un po’ di fiato prima di esalare l’ultimo respiro.

Quindi, poiché il crimine giova sempre a qualcuno e poiché coloro la cui aspettativa di vita media è in aumento sono gli appartenenti alle classi privilegiate, i ricchi per dirla in breve, la povera gente comincia a capire di essere presa per i fondelli. I poveri capiscono che le pensioni, che forse non riceveranno mai, serviranno per pagare le pensioni dei più agiati. Chi sta meglio perché con stipendi più alti, gode anche di migliore salute…

Il presidente Macron ha fatto di questo disegno di legge, molto ideologico, una priorità, un segno della sua volontà di riforme. Sostiene di averne acquisito la legittimità grazie alla sua rielezione, poiché questo progetto era nel suo programma. Probabilmente dimentica che ha incassato solo il 20% dei voti registrati al primo turno delle elezioni presidenziali del 2022, allorché gli astensionisti hanno superato il 28%. Bella legittimazione! Il disegno di legge sarà presentato al Parlamento entro la fine del mese. Le opposizioni di sinistra promettono una battaglia procedurale. Il governo dispone di una maggioranza relativa e deve trovare alleati di circostanza, piuttosto a destra, anzi, molto a destra. I negoziati a cui Macron sostiene di essere disposto si svolgeranno solo ai margini, con l’obiettivo di intaccare l’unità dei sindacati. Una tale unità non si vedeva da tempo. Oggi tutti i sindacati, dai più radicali ai più riformisti, si oppongono a ritardare l’età di pensionamento.

Un’altra mobilitazione è prevista per il 31 gennaio e si può prevedere che sarà molto seguita. Tuttavia, a parte i giorni di mobilitazione, la protesta non ha ancora portato ad altre forme di azione. Le dimostrazioni di forza, che queste manifestazioni di massa costituiscono, non minacciano direttamente il governo. Questi cortei due volte a settimana producono immagini spettacolari per la televisione, ma non turbano l’economia. Non determinano un rapporto di forza, anche se in alcuni settori di attività, l’energia, i porti e i moli, il trasporto ferroviario, si comincia a parlare di scioperi rinnovabili. Il ripetersi di mobilitazioni su larga scala è molto probabile. Ma è probabile che questa vox populi non venga ascoltata, se non in modo marginale, solo per soddisfare i media dominanti che la trasmetteranno.

Come si esprimeranno la rabbia e l’amarezza che indubbiamente sorgeranno da quello che sarà percepito come un disprezzo da tutte e tutti coloro che, non avendo più nulla da perdere, potrebbero decidere di continuare la lotta? È un po’ in questa maniera che iniziò la rivolta dei “Gilet Gialli”. Ci sono battaglie che continuano, anche dopo l’adozione di una legge, fino alla vittoria. La storia non è quindi già scritta, e sono certamente le piazze che saranno in grado di condizionarne l’esito.

Nicolas Gr Gaston Leval, della « Fédération Anarchiste »

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