In questi giorni la Francia è il paese europeo dove i numeri della “seconda ondata” della malattia da Covid-SARS-2 sono decisamente maggiori, specie rispetto alla situazione italiana, e la gravità della situazione si è palesata da più tempo (chiudiamo queste note il 18 ottobre 2020: nel frattempo è purtroppo probabile che la situazione, con l’avanzare dei freddi autunnali, peggiori parecchio anche in Italia): di conseguenza la riflessione sulla questione pandemia e dintorni è partita con anticipo rispetto alla penisola italica, dove sta esplodendo in questi giorni.
Quelle che seguono sono due testi che provengono dalle maggiori organizzazioni libertarie francesi e, a nostro avviso, colgono i due aspetti fondamentali della questione: cosa fare nell’immediato ed il rinnovato senso della necessità di una società egualitaria ed autogestionaria in questi frangenti.
Il testo della Fédération Anarchiste coglie il primo aspetto. Come abbiamo evidenziato spesso su queste pagine, pressoché ovunque la dinamica del capitalismo ha eliminato gradualmente negli ultimi decenni tutte le conquiste sociali dei “trent’anni gloriosi” – nella fattispecie ha ridotto al lumicino i vari sistemi sanitari pubblici, innalzando così il livello di letalità della malattia. Sempre come abbiamo denunciato a più riprese su queste pagine, poi, i governi hanno profittato della situazione per approfondire il divario tra le classi sociali e, come dicono i compagni francesi della Fédération Anarchiste, messo in atto “una prova di obbedienza su larga scala” che, di là della spesso effettiva necessità sanitaria, dubitiamo fortemente che non vogliano sfruttarla in seguito, a pandemia finita, per il controllo sociale di popolazioni alle prese con una crisi economica che si preannuncia senza precedenti. Le loro riflessioni sul “che fare” nell’immediato in un simile contesto ci sembrano sostanzialmente condivisibili.
Anche il testo dei tre compagni dell’Union Communiste Libertaire riprende in maniera più analitica una tematica affrontata su queste pagine: la superiorità, anche rispetto alle questioni pandemiche, di una società egualitaria ed autogestionaria. Lo fa, come dicevamo, in maniera analitica e non ideologica, andando a mettere in luce anche gli eventuali punti critici: in merito, aggiungerei solo il fatto che il problema sollevato rispetto alla necessaria unanimità o quasi rispetto alle prescrizioni sanitarie non è affatto risolto mantenendo in piedi la società gerarchica. Infatti, abbiamo tutti sotto gli occhi il differente comportamento tra le nazioni, con non pochi governi “negazionisti” e che si comportano di conseguenza – con ripercussioni, data la globalizzazione, che non si limitano alle popolazioni che governano in maniera diretta.
Anche il “rapporto con la scienza” è molto più problematico nell’attuale stato di cose: ad esempio, quando sento parlare di “dittatura sanitaria” il termine mi appare decisamente improprio – infatti, se davvero si fossero state seguite alla lettera le indicazioni sanitarie in termini di pandemia, i comportamenti dei governi, anche di quelli non “negazionisti”, sarebbero stati ben diversi. Quello che vediamo, infatti, è molto più un tentativo di non seguire tali indicazioni per salvaguardare gli interessi delle classi dominanti.
In effetti, sempre come avevamo scritto su queste pagine, dal punto di vista dell’epidemiologia statistica le probabilità che non si verificasse una “seconda ondata” erano molto basse: il minimo che si potesse fare era prepararsi adeguatamente: invece i governi di tutto il mondo, nessuno escluso, sembrano aver puntato tutto sulla minima probabilità che, in questo caso specifico, la cosa si sarebbe sostanzialmente fermata alla prima ondata. La cosa non è affatto strana: prepararsi adeguatamente avrebbe comportato – tramite l’accumulo di scorte da redistribuire gratuitamente, di sussidi alla popolazione colpita dalle conseguenze economiche delle strette sanitarie, l’assunzione di nuovo personale soprattutto nei trasporti e nella sanità e, quindi, un parziale ritorno ai livelli di welfare di decenni fa, ecc. – una redistribuzione della ricchezza, in termini sia di reddito diretto sia di reddito indiretto, a favore delle classi meno abbienti. Insomma, per i governi di tutto il mondo, una tale eventualità era vissuta come un incubo ed hanno giocato tutto sulla remota possibilità che gli andasse bene o, in alternativa, come si vede in questi giorni, scaricare tutto il peso sulle classi popolari.
Un peso anche in termini di colpevolizzazione: nella fattispecie, in questo momento, si dice a destra e a manca, purtroppo anche tra la gente comune, che la colpa di tutto non è nell’inazione dei governi ma nella nostra vita privata: nell’andare in vacanza, nel fare festa, nel mangiar fuori casa, nel fare attività fisica… In realtà, tutto ciò era ampiamente prevedibile e se ne sarebbe dovuto tenere ampiamente conto: l’essere umano è un animale sociale ed è impossibile, salvo misure draconiane ma anche in questo caso non oltre un certo periodo di tempo, impedirgli di frequentare i suoi simili. Tant’è vero che i colpevolizzatori stessi – imprenditori, giornalisti, uomini di spettacolo televisivo e politici in primo luogo – sono vittime come tutti noi della malattia – in questi giorni si sta parlando di Montecitorio come vero e proprio focolaio, segno evidente che i rimproveri che queste categorie fanno al resto della società dovrebbero farli anche a se stessi.
In ogni caso l’articolo è estremamente interessante e, insieme al primo, lo presentiamo a seguire dopo l’articolo della Fédération Anarchiste. Speriamo di aver fatto delle buone traduzioni dalla loro lingua e buona lettura.
Enrico Voccia
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CONTRO IL LORO MONDO VIRALE : MUTUO SOCCORSO E SOLIDARIETA’
Fédération Anarchiste
Nel contesto di una pandemia, lo stato e il capitalismo gettano la maschera. Eliminazione continua del numero di posti letto ospedalieri da anni, anche di terapia intensiva, cattiva gestione delle scorte di attrezzature protettive e di cura, aumento dei costi per gli utenti, privatizzazione dell’offerta di assistenza e carenza strutturale di personale nel servizio pubblico: i governi che si sono succeduti, più preoccupati di portare avanti il loro programma liberale che di soddisfare i bisogni della popolazione, hanno creato l’incapacità dello Stato di affrontare la pandemia di Covid-19. Peggio ancora, la crisi è stata utilizzata per rafforzare il controllo sulle popolazioni, il quale inoltre si rivela spesso anche discriminatorio. La perennizzazione dei vari stati di emergenza offre tutti i mezzi legislativi ed umani repressivi per limitare le nostre libertà (movimento, assemblea, manifestazione, espressione, ecc.) ed imporre una prova di obbedienza su larga scala.
Nel mondo del lavoro sono aumentate le disuguaglianze tra le classi sociali, tra i sacrificati e coloro che hanno potuto rimanere relativamente riparati. L’ informatizzazione ha invaso la vita quotidiana attraverso uno sviluppo spesso imposto del telelavoro, che può nuocere alla solidarietà e alla difesa collettiva dei diritti, per non parlare delle tecnologie di tracciamento (come l’applicazione Stop COVID).[L’equivalente della italiana app “Immuni” – NdT] Stanno piovendo licenziamenti, conseguenze della reclusione o semplicemente opportunistici. La crisi consente anche la spudorata accelerazione della scomparsa o della privatizzazione dei servizi pubblici, mentre gli aiuti economici vengono concessi alle imprese che continuano a pagare dividendi agli azionisti senza alcun impegno a preservare i posti di lavoro.
In questa situazione, nonostante la difficoltà di mobilitarsi collettivamente, vogliamo riaffermare la nostra solidarietà ed il nostro impegno nei movimenti sociali e sindacali, anche inventando nuovi modi di manifestare nello spazio pubblico.
Con la partecipazione alle lotte locali, il più vicino possibile alla realtà quotidiana vissuta, avanziamo proposte radicali:
• Assistenza sanitaria gratuita: mezzi di prevenzione, screening, accesso reale all’assistenza sanitaria. Tutte le cure mediche sono un bene comune e non devono essere privatizzate.
• Difesa di tutti i servizi pubblici: ospedali, trasporti, istruzione, posta, cultura, energia …
• Decisa opposizione a tutte le forme di razzismo e discriminazione.
• Supporto alle persone fragili e dipendenti.
La crisi sanitaria rafforza ulteriormente la natura assassina del capitalismo e dello Stato suo complice: contro di loro dobbiamo riappropriarci delle nostre esistenze. Questo significa auto-organizzarci a livello locale per dare vita, qui e ora, ad alternative concrete, come le cooperative alimentari e le mense autogestite e tante altre iniziative da consolidare o costruire. Queste alternative rispondono ai bisogni immediati e forniscono una via d’uscita dalla stasi ed intravedere il mondo futuro.
Resistenza, Cooperazione, Aiuto reciproco: contro una società perennemente in crisi, inegualitaria e liberticida.
Articolo originale in https://www.monde-libertaire.fr/?article=Contre_leur_monde_viral:_entraide_et_solidarites
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IL COMUNISMO LIBERTARIO AVREBBE POTUTO AFFRONTARE MEGLIO L’EPIDEMIA?
Guillaume (Montreuil), Irène (Annecy), Simon (Rennes) UCL
Il coronavirus ha messo in luce con forza i difetti del capitalismo e dello Stato. Una società comunista libertaria avrebbe però fatto di meglio? Sarebbe stata più resiliente? Possiamo rispondere sì, al 90%. Interrogandosi sul restante 10%.
I Vantaggi Innegabili
Prevenire lo scoppio dell’epidemia. Il capitalismo, spingendo per la deforestazione, l’allevamento intensivo di animali e la distruzione degli habitat naturali, aumenta il rischio di trasmissione di un agente patogeno dalla fauna selvatica al bestiame e quindi alla popolazione umana. Una società ecologica ridurrebbe notevolmente questo rischio: dobbiamo iniziare ricordandoci di questo.
Se, nonostante tutto, un virus si diffonde, l’allarme ed il contenimento devono intervenire il più rapidamente possibile. Da questo punto di vista, la trasparenza politica sarebbe molto più efficace dell’opacità. In un sistema autogestionario può certamente esserci una negligenza – a livello di dipartimento, laboratorio o di una qualunque altra organizzazione – che ritarda la rilevazione del pericolo. Non esiste però una gerarchia che abbia interesse a coprire il problema, come è avvenuto a Wuhan quando le autorità regionali cinesi hanno cercato di imbavagliare chi lanciava l’allarme.
Inoltre, in una società comunista libertaria, che mira all’autonomia produttiva, il commercio intercontinentale di merci verrebbe drasticamente ridotto – come, si spera, l’industria del turismo di massa. L’epidemia sarebbe quindi più facilmente confinata in una regione; il capitalismo globalizzato lo ha trasformato in una pandemia.
Assorbire lo shock. Se non fosse soggetto alla legge di mercato, il sistema ospedaliero sarebbe più robusto: nessuna carenza di personale, una fitta rete territoriale, riserve di posti letto, mascherine, ecc. Quando si hanno i mezzi per affrontare un’epidemia, non c’è bisogno di mentire (ricordate “le maschere sono inutili”?) per coprire le mancanze. In caso di carenza, l’autonomia produttiva consentirebbe di accelerare con urgenza la produzione di maschere, test, respiratori e distribuirli secondo necessità: massicciamente e gratuitamente.
Se il lavoro non fosse una merce ma si fondasse sull’utilità sociale non ci sarebbero problemi a compensare, con meritate ferie, il lavoro extra richiesto ai lavoratori “in prima linea”. Tanto più che l’orario di lavoro è sostanzialmente distribuito meglio: senza disoccupazione, meno ore di lavoro per persona e quindi meno stanchezza.
Senza una classe padronale ad impedire la cessazione di attività non essenziali, non avremmo nessun sabotaggio dello sforzo collettivo, né profittatori della crisi (un terzo dei dipendenti dichiarati in disoccupazione parziale ha infatti lavorato mentre i loro capi intascavano aiuti pubblici).
Se l’alloggio non fosse una merce ma un servizio pubblico, allora verrebbe assegnato in base alle dimensioni della famiglia ed alla vicinanza al lavoro. Ciò implicherebbe confinamenti in spazi molto meno sovraffollati e, per chi deve lavorare, viaggi più brevi e quindi meno rischiosi.
Combattere il virus. Un centinaio di programmi stanno lavorando separatamente per un vaccino contro il coronavirus. Se l’industria farmaceutica fosse socializzata, la cooperazione sostituirebbe la concorrenza. I medicinali non sarebbero più una merce brevettata ma un bene comune prodotto secondo la sua utilità sociale. La ricerca potrebbe quindi essere orientata a lungo termine, invece di concentrarsi sullo sfruttamento di segmenti redditizi. Questo renderebbe molto più veloce trovare una cura.
Gli Interrogativi
Velocità di decisione? Se, per fermare un’epidemia è necessario passare a misure di contenimento drastiche (quarantena, reclusione, sospensione degli spostamenti, ecc.) la questione di quando queste vengono decise è cruciale. Ogni giorno perso può avere gravi conseguenze. La difficoltà, dal punto di vista democratico, è che vanno decretate con sufficiente anticipo, cioè in una fase in cui la crisi non è ancora percepibile dalla maggioranza e quindi dove la popolazione dovrebbe fidarsi di un organismo di sorveglianza epidemiologico autorizzato a emettere l’allerta.
In una società federalista ed autogestionaria come verrebbe accolta questa segnalazione? Con attenzione, indifferenza, sospetto? Gli organi incaricati a livello regionale o federale avrebbero l’autorità morale necessaria per decretarne il contenimento sulla base di un’allerta scientifica, senza che questo sia preventivamente approvato dalla popolazione? Cosa accadrebbe se la popolazione fosse divisa, una parte scegliendo la disciplina ed un’altra la scelta opposta? Dovrebbero esserci misure coercitive? In effetti, il contenimento è, come la vaccinazione, una misura di protezione collettiva, che ha senso solo se applicata collettivamente.
La giusta scala decisionale? Più in generale, in una società federalista, si porrebbe la questione del livello territoriale che dovrebbe decretare queste misure. Se, ad esempio, la maggior parte delle regioni seguisse le raccomandazioni dell’organismo di vigilanza epidemiologica, ma una o due regioni, per motivi particolari, si prendessero il tempo di pensare? Il livello federale sembrerebbe a priori più adatto a garantire una protezione collettiva coerente ma non è nemmeno lui infallibile.
Il rapporto con la scienza? Queste domande sollevano più in generale la questione del rapporto che la società può avere con l’autorità scientifica. I comunisti libertari non vogliono un governo od anche un autogoverno basato sulla cosiddetta autorità scientifica. La scienza deve poter essere discussa, dibattuta. Qualsiasi opinione espressa contro la scienza, negazione e cospirazione dovrebbe essere circoscritta non dal divieto legale, ovviamente, ma da argomentazioni razionali e consenso scientifico.
Tuttavia, è ragionevole pensare che, in una società libera dalle lobby capitaliste, gli scienziati non possano essere sospettati di servire interessi speciali. Priva di una base materiale, il complottismo verrebbe meno. Gli allarmi emessi da un organismo di sorveglianza epidemiologica potrebbero essere ricevuti con fiducia e l’autodisciplina della popolazione sarebbe ancora più forte di quanto si può osservare durante l’attuale crisi.
Articolo originale in https://www.unioncommunistelibertaire.org/?Le-communisme-libertaire-aurait-il-mieux-affronte-l-epidemie