BRUNNER, John, Il Gregge Alza la Testa (The Sheep Look Up), Milano, Edizioni Nord, 1972.
Il gregge alza la testa, ed è digiuno,
nel vento aspira una nebbia mefitica,
marcio di dentro, colpito dal contagio.
(MILTON, John, Lycidas, 1637)
Il romanzo che andremo a riscoprire è stato collocato dall’Editrice Nord, non a caso, come “romanzo d’anticipazione”. Fa parte di una trilogia dedicata a tre distinti problemi sociali. Nei precedenti, Tutti a Zanzibar dove si affrontava il tema della sovrappopolazione e L’Orbita Spezzata, dove il tema in oggetto è quello del razzismo, Brunner si dimostra profetico nel descrivere e dar vita alle angosce più profonde di chi intravede il baratro sociale ed ecologico nel quale l’umanità sta sprofondando.
Il tema della devastazione ambientale è quello che caratterizza quest’ultimo romanzo della trilogia. La trama si svolge nell’arco di un anno ed i capitoli sono scanditi in mesi, dove di volta in volta si descrivono le vicissitudini di personaggi differenti il cui filo comune consiste nel subire le conseguenze di una società ormai allo sbando a causa della crisi ecologica. Il gregge, in altri termini la popolazione che subisce tutto ciò da parte di governi, multinazionali, grandi organizzazioni che si arricchiscono anche col business degli aiuti umanitari, si ribella ma, anche se in maniera folle e violenta, lo fa troppo tardi per evitare la catastrofe.
L’unica soluzione prospettata è quella dello scienziato Tom Grey: “Noi potremo giusto giusto ristabilire l’equilibrio ecologico, quello della biosfera, eccetera… in altre parole, potremo vivere nei limiti dei nostri mezzi invece di emettere debiti che non potremo pagare, come abbiamo fatto in tutto l’ultimo mezzo secolo… se stermineremo i duecento milioni di esemplari più stravaganti e nocivi della nostra specie.”
Siamo quindi ad una catastrofe sia ecologica che, di conseguenza, sociale che conduce, anche senza intervento di patogeni particolari, alla follia collettiva. Alla devastazione ambientale si aggiunge appunto la follia collettiva alimentata da un governo che, attraverso la voce del suo presidente, dà fiato a tutta la retorica populista immaginabile, a tutti i luoghi comuni sull’“America patriottica” minacciata da traditori che complottano e sabotano alle sue incolpevoli e innocenti spalle.
Malattie di ogni genere, spesso contemporanee sono ormai un fatto consueto. Epidemie periodiche si diffondono nella popolazione e, non da ultima, una forma di virus influenzale che miete centinaia di migliaia di vittime (ci ricorda qualcosa?). Le maschere a filtro sono necessarie per poter vivere all’aria aperta e solo pochissimi luoghi, in particolar modo le montagne del Colorado, possono vantare un’aria respirabile senza filtri.
Il racconto parte da una epidemia di follia omicida e autodistruttiva avvenuta in Africa e in particolare nella città di Noshri, oltre che in Honduras e in altri stati del centro e sud America, dopo la fornitura di derrate alimentari destinate a scopi umanitari da parte della multinazionale Bamberley, attraverso l’agenzia “Soccorso Globale”. Si scoprirà nel corso del romanzo che gli alimenti sono avvelenati e rappresentano la causa delle morti e dei suicidi e omicidi collettivi avvenuti in quei luoghi. Contemporaneamente un nuovo parassita, resistente a qualsiasi tentativo di neutralizzazione, distrugge la maggior parte del raccolto in tutta la nazione.
In questo scenario, il sociologo Austin Train che aveva già previsto e preavvisato da anni i governi e la popolazione dei rischi per l’umanità intera della catastrofe incombente, si trova suo malgrado a essere simbolo e riferimento del gruppo ambientalista dei “Trainiti”, pur non facendone parte e non condividendo i metodi che oscillano da azioni simboliche dimostrative a vere e proprie azioni di lotta armata e attentati dinamitardi.
La protesta travalica i confini nazionali dove la ribellione del centro e sud America contro gli statunitensi colpevoli delle loro condizioni di miseria, avvelenamento alimentare e ambientale, viene condotta in maniera efficace dai Tupamaros, che dilagano vittoriosamente in tutto il subcontinente scontrandosi con la macchina da guerra statunitense (anch’essa però infestata di malattie che non risparmiano nemmeno le alte gerarchie).
L’apoteosi si raggiungerà quando l’epidemia di follia collettiva, dovuta all’inquinamento di falde acquifere, colpirà varie città degli Stati Uniti tra cui Denver, dove si svolgono gran parte degli avvenimenti descritti, a causa di un terremoto che distrugge alcuni fusti di veleno derivante dalla segale cornuta, fabbricato per scopi militari ed interrato in una miniera abbandonata nei pressi dell’industria di Bamberley. Questa è in realtà la causa di tutti gli avvelenamenti precedenti in Africa e della guerra in Honduras scoppiata per lo stesso motivo.
Austin Train viene arrestato con l’accusa fasulla di aver sequestrato il figlio di Bamberley per chiedere un riscatto consistente nella fornitura gratuita di depuratori idrici per l’acqua potabile di nuova generazione a tutta la popolazione. In realtà è Hugh, figlio adottivo di Jacob Bamberley, scappato di casa perché convinto della colpevolezza del padre adottivo nella strage di Norshi, che rapisce suo nipote chiedendo allo zio Roland come riscatto l’installazione gratuita dei filtri per l’acqua. Aiutano Hugh alcuni suoi amici trainiti, tra cui uno dei tanti che adottano il vero nome di Train. Bamberley non cede però al ricatto e suo figlio, ormai contagiato da numerose malattie dopo aver vissuto per anni in una specie di paradisiaco orto botanico col padre, viene rilasciato.
John Brunner, autore britannico stimato da Philip Dick, che definiva i sui scritti “opere superbe” viene annoverato fra i capostipiti della fantascienza sociologica. Ne Il Gregge alza la testa, le sue anticipazioni sul disastro ambientale suscitano un senso di profonda angoscia per quello che inevitabilmente potrebbe accadere se non si opera un cambio di rotta.
Il testo, del 1972, non è di facile lettura: intramezzato da report giornalistici, poesie classiche che introducono i vari capitoli e flashback dei vari personaggi che creano una sorta di caos confusionario in linea con gli avvenimenti descritti, a metà romanzo si ricompongono delineando un contesto distopico che ha ispirato in seguito molti autori di fantascienza.
Il processo ad Austin Train, trasmesso a reti unificate, diventa una tribuna per il sociologo che viene oltretutto scagionato dal ragazzo sequestrato che non lo riconosce come rapitore. Train mette in guardia l’umanità dal pericolo di estinzione che non risparmierà nessuno, nemmeno quelli che ne sono stati gli artefici principali. L’atmosfera, i mari e le campagne, sono ormai luoghi inabitabili: “Quand’è l’ultima volta che vi siete crogiolati al sole, amici miei? L’ultima volta in cui vi siete dissetati a un ruscello? L’ultima in cui vi siete azzardati a cogliere un frutto dall’albero e mangiarlo direttamente? Che parcella avete pagato al dottore l’anno scorso? Chi di voi vive in città nelle quali non si porti la maschera a filtro? Chi di voi, quest’anno, ha fatto le ferie ai monti perché il mare è orlato d’immondizie? Chi di voi, in questo stesso istante, non soffre di qualche disturbo fastidioso, intestini in disordine, mal di testa, catarro? (…) Madreterra non può sopportare a lungo un trattamento simile: le sue viscere tormentate, le sue arterie ostruite, i suoi polmoni asfissiati… Ma, inevitabilmente, che risultato si è avuto? Un tale sconvolgimento sociale che s’è dovuta completamente abbandonare ogni idea di diffondere questo… questo nostro ‘cancro’! Sì, c’è speranza! Quando schiere di profughi affamati si affollano alle frontiere, non si possono avere a disposizione degli eserciti per propagare questo cancro ulteriormente…”
Anche la conclusione del processo però sarà tragica, in linea con tutta la follia collettiva che si impossessa dell’umanità, ma non anticiperò nulla per chi vuole poi leggere il romanzo. Anche in questo caso la fantascienza, descrivendo le inquietudini della contemporaneità in un mondo che si trasforma, in questo caso che peggiora, rapidamente, mette a nudo le angosce e i pericoli verso i quali ci avviamo. Un testo da consigliare a tutti gli attivisti del movimento ambientalista e che, a mio avviso, andrebbe studiato nelle scuole.
Flavio Figluolo