TORINO
25 febbraio. Ad un anno dall’inizio dell’attacco russo all’Ucraina, il centro di Torino si è riempito di voci e suoni contro la guerra e il militarismo. Voci diverse ma accomunate dalla consapevolezza che per opporsi all’escalation bellica che sta investendo il pianeta non basta dire no, non basta la testimonianza, non basta invocare il cessate il fuoco. Occorre mettersi di mezzo, in prima persona, contro le fabbriche d’armi, contro le basi e i poligoni, contro la militarizzazione del territorio e l’invio di truppe all’estero, per il sostegno ad obiettori e disertori in ogni dove.
Dopo un presidio animato dalla musica di Alessio Lega, un migliaio di persone si è mosso in corteo per le vie del centro, raggiungendo la blindatissima sede della RAI, dove ha sostato brevemente per ripartire, tra interventi e slogan verso piazza Vittorio, facendo infine ritorno in piazza Castello, dove si è svolta la seconda parte del concerto di Alessio Lega.
La giornata si è conclusa con l’impegno a contrastare la nuova cittadella militare di Leonardo, lo sbarco della NATO a Torino, la crescente repressione nei confronti dei movimenti di opposizione sociale.
Le sfide che ci attendono sono durissime. La giornata del 25 febbraio ha rappresentato un primo importante segnale che sta crescendo un movimento in grado di affrontarle.
Di seguito uno dei volantini distribuiti in piazza
“Contro la guerra e il militarismo
È trascorso un anno da quando la guerra è tornata ad infuriare nel cuore dell’Europa, con un coinvolgimento diretto del nostro paese. Il governo italiano si è schierato in questa guerra inviando armi, moltiplicando il numero di militari impiegati in ambito NATO nell’est europeo e nel Mar Nero, aumentando la spesa bellica sino a toccare i 104 milioni di euro al giorno.
Dal quel 24 febbraio è partita una corsa al riarmo su scala globale, perché la guerra in Ucraina ha nel proprio DNA uno scontro interimperialistico di enorme portata.
Il rischio di una guerra devastante su scala planetaria è sempre più forte.
Il prezzo di questa guerra lo pagano le popolazioni ucraine martoriate dalle bombe, dal freddo, dalla mancanza di medicine, cibo, riparo.
Lo pagano le popolazioni russe, sottoposte ad un embargo devastante. Lo pagano oppositori, sabotatori, obiettori e disertori che subiscono pestaggi, processi e carcere.
Lo paghiamo noi tutti stretti nella spirale dell’inflazione, tra salari e pensioni da fame, fitti e bollette in costante aumento.
Torino punta tutto sull’industria bellica per il rilancio dell’economia. Un’economia di morte. Torino è già oggi uno dei maggiori centri dell’industria bellica aerospaziale.
Sempre a Torino sta per partire la costruzione della Città dell’Aerospazio, un centro di eccellenza per l’industria bellica aerospaziale promosso dal colosso armiero Leonardo e dal Politecnico.
La Città dell’Aerospazio, ospiterà un acceleratore d’innovazione nel campo della Difesa, uno dei nove nodi europei del Defence Innovation Accelerator for the North Atlantic (D.I.A.N.A), una struttura della NATO, cruciale per l’innovazione tecnologica della NATO che ci investe un miliardo di dollari. Una montagna di soldi per produrre tecnologie sempre più sofisticate, sempre più mortali.
L’industria bellica è il motore di tutte le guerre.
Bloccare la nascita di un nuovo polo di ricerca, progettazione e costruzione di ordigni bellici, impedire che la NATO abbia una sua base a Torino è un impegno concreto contro la guerra. Contro tutte le guerre.
Occorre capovolgere la logica perversa che vede nell’industria bellica il motore che renderà più prospero il nostro paese. Un’economia di guerra produce solo altra guerra.
Oggi ci vorrebbero tutti arruolati nella guerra imperialista tra la Russia e l’Ucraina. Noi non ci stiamo. Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche.
L’antimilitarismo, l’internazionalismo, il disfattismo rivoluzionario sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini. Sfruttamento ed oppressione colpiscono in egual misura a tutte le latitudini, il conflitto contro i “propri” padroni e contro i “propri” governanti è il miglior modo di opporsi alla violenza statale e alla ferocia del capitalismo in ogni dove.
Le frontiere sono solo linee sottili su una mappa: un nulla che solo militari ben armati rendono tragicamente reali.
Nel nostro paese l’opposizione alla guerra è rimasta molto forte, nonostante la propaganda militarista martellante. C’è chi, pur avendo operato per la guerra cerca di intercettare i consensi persi nelle urne. Sono i pacifisti con l’elmetto, che in occasione del primo anniversario della guerra, tornano a fare capolino nelle strade invocando il cessate il fuoco, ma tacendo sul ruolo attivo dell’Italia, che partecipa alla guerra con 1500 armati nelle missioni NATO intorno alla Russia, che ospita basi come Sigonella da cui partono i droni-spia in appoggio all’esercito ucraino.
Noi non ci stiamo. Invocare il cessate il fuoco senza opporsi al militarismo è un mero esercizio retorico.
Per fermare le guerre non basta un no, non basta la testimonianza: urge mettersi di mezzo per chiudere e riconvertire le industrie di morte, per opporsi all’aumento della spesa militare, per bloccare l’invio di armi sui fronti di guerra.
Siamo a fianco di chi, in ogni dove, diserta la guerra tra gli stati, che si contendono il dominio imperiale sui territori, le risorse, le vite di donne, uomini e bambin*. Siamo a fianco di chi muore di bombe, embargo, repressione.
Sosteniamo chi si oppone alla guerra in Russia e in Ucraina. Lottiamo per aprire le frontiere ad obiettori e disertori!
Vogliamo un mondo senza frontiere, eserciti, oppressione, sfruttamento e guerra.”
Federazione Anarchica Torinese – Assemblea antimilitarista
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LIVORNO
Venerdì 24 febbraio un centinaio di persone hanno partecipato alla MANIFESTAZIONE – FERMIAMO LA CORSA DEL GOVERNO VERSO LA GUERRA MONDIALE che abbiamo organizzato come Coordinamento Livornese per il ritiro delle missioni militari all’estero. Da oltre un anno scendiamo in piazza contro ogni imperialismo, per dire stop alle armi, alle missioni militari, e per solidarizzare con chi diserta la guerra. Ieri abbiamo portato in piazza a Livorno una voce diversa dalla martellante propaganda di guerra di questi giorni.