Dall’antisalvinismo verso la lotta di classe

Multe da 4000 euro a chi sciopera e partecipa a un presidio durante una protesta sindacale. È successo a Prato, dove nello scorso novembre 21 operai e 2 studentesse sono state raggiunte da una multa per “blocco stradale” su decisione della locale Questura. I provvedimenti amministrativi si riferiscono ai fatti avvenuti il 16 ottobre 2019 davanti alla Tintoria Superlativa nella periferia di Prato. Da alcuni giorni i lavoratori organizzati con il Si Cobas erano in sciopero ed il 16 ottobre un’auto in uscita dalla tintoria travolgeva il sit-in degli operai in sciopero che presidiavano l’ingresso, ferendo una sindacalista al piede. La notizia raggiunge i lavoratori delle tintorie vicine e di altre aziende della zona, scatta immediatamente lo sciopero e dalle tintorie Fada, DL, GM e dal Panificio Toscano un centinaio di lavoratori si uniscono al presidio che si sposta per un breve percorso nelle vie vicine.
Gli operai della Superlativa stavano protestando in quei giorni contro il mancato rispetto dell’accordo sindacale siglato a luglio al termine di un’altra fase intensa di lotta, che impegnava l’azienda ad avviare un percorso di regolarizzazione che prevedeva assunzioni, stabilizzazioni, indennizzi, e applicazione del contratto collettivo nazionale. Questi passaggi, con varie tempistiche, dovevano comunque essere compiuti entro il febbraio 2020. Fin da subito però il padrone ha violato l’accordo, calpestando il contratto, imponendo turni massacranti senza giorni di riposo anche a chi era stato appena assunto regolarmente.
Un esempio parla per tutti: un operaio ha lavorato per 4 anni in nero alla Superlativa, l’azienda lo assumeva solo periodicamente, per poche ore, in modo che potesse rinnovare il permesso di soggiorno di cui aveva bisogno in quanto lavoratore immigrato. In questi anni ha lavorato 7 giorni su 7, su turni di 12 ore giornaliere, per circa mille euro al mese. È stato tra quegli operai che hanno ottenuto dopo la dura lotta dello scorso luglio, un contratto regolare a 4 ore, che avrebbe dovuto essere portato a 8 entro febbraio 2020. Fin da subito il padrone comunica che nonostante i contratti bisogna che lavorino come prima se vogliono essere pagati, 12 ore il giorno senza giorni di riposo. Con altri operai decide di lavorare solo le 4 ore previste dal contratto, per questo da settembre non viene più pagato. Gli operai che hanno scioperato ad aprile da allora non hanno più ricevuto lo stipendio. Addirittura la proprietà, per liberarsi di chi aveva partecipato alle proteste, prometteva ai lavoratori che se si fossero licenziati avrebbe pagato loro gli arretrati. Per questo la lotta a ottobre era ripartita alla Superlativa, contro le condizioni di semischiavitù che l’azienda continuava ad applicare, dopo aver denunciato i sindacalisti del SI Cobas per estorsione. L’estorsione per i padroni della Superlativa consisterebbe nell’aver portato l’azienda a firmare l’accordo a luglio con la protesta, gli scioperi e i picchetti, in pratica hanno provato a criminalizzare la normale attività sindacale.
La lotta alla Superlativa è quindi ancora aperta. Quelli che sono stati multati sono lavoratori che stanno portando avanti una dura lotta contro lo sfruttamento per tutte e tutti noi e che da mesi non vengono pagati: si tratta quindi di un provvedimento repressivo volto a fermare questa lotta. I lavoratori infatti sono stati multati per decisione del questore e devono pagare una somma di 4000 euro, il massimo previsto, perché la sanzione amministrativa per “blocco stradale” prevede il pagamento da 1000 a 4000 euro. La Questura aveva già disposto dei fogli di via nei confronti di due sindacalisti del Si Cobas ma aveva anche, in più occasioni, impiegato i reparti antisommossa contro picchetti e sit-in, manganellando ed in alcuni casi anche fermando lavoratori e sindacalisti.
Le multe sono state inflitte in base all’art. 1-bis del D.lgs. 20/01/1948 n.66 come modificato dalla legge n. 132/2018, ovvero dal primo decreto sicurezza del governo Lega-M5S. Ciò ha sicuramente contribuito a far venire a galla la questione: l’applicazione dei Decreti Salvini contro gli operai ha permesso che la campagna di solidarietà lanciata per ottenere la cancellazione delle multe avesse grande risonanza anche nei media ufficiali ed incontrasse il sostegno o quantomeno l’attenzione anche di forze istituzionali. Molti giornali di rilievo nazionale hanno parlato del caso pratese e personalità di varia caratura, tra cui anche esponenti nazionali del PD hanno preso posizione sulla questione criticando i Decreti Salvini. In questo contesto la campagna “Prato sta con gli operai – Liberi dai Decreti Salvini – Cancelliamo le multe!” sta avendo grande visibilità e incontra molti consensi ma c’è ancora molto da fare. Intanto sabato 18 gennaio a Prato si terrà una manifestazione intitolata “Marcia per la libertà” che attraverserà le strade della città toscana per rivendicare la libertà di manifestare e di scioperare, ma anche la fine di tutte le leggi liberticide.
In una regione come la Toscana in cui la classe politica che trova nell’antisalvinismo il principale motivo identitario si prepara alle elezioni regionali come se già avesse la vittoria in tasca, è facile vedere prendere posizione a sostegno degli operai anche esponenti di partiti e sindacati che hanno costruito nei decenni quel sistema di governo del territorio di cui sono parte integrante le tintorie pratesi del supersfruttamento.
Tuttavia porre i Decreti Salvini sul piatto è importante, perché permette di rompere la falsa opposizione tra questione sociale e questione della libertà, menzogna su cui basano la propria politica tutte le forze di governo, da destra a sinistra. Permette poi di romperla sul piano concreto della lotta, dimostrando come le leggi liberticide vadano a colpire proprio chi lotta per condizioni di vita e di lavoro migliori, portando il diffuso malcontento nei confronti dei Decreti Salvini sul piano della lotta di classe. Per chi si tiene alla larga dalle paludi elettoraliste e dalle trame di palazzo è facile evitare strumentalizzazioni.
La Questura di Prato avrebbe potuto infliggere le multe agli operai e alle studentesse anche senza i Decreti Salvini, certo però questi hanno dato più poteri alle autorità per perseguire i manifestanti. Fino al 1999 per il reato di blocco stradale era prevista la reclusione da uno a sei anni, dal 1999 il blocco di qualsiasi tipo delle strade ordinarie era stato depenalizzato, mentre restava punibile penalmente il blocco di vie ferrate o l’ostacolo alla navigazione. Tuttavia il con il primo Decreto Salvini il blocco di strada ordinaria con ostacoli di qualsiasi tipo torna ad essere reato penale punibile con la reclusione, mentre si punisce con sanzione amministrativa non più il blocco stradale in genere, ma nello specifico quello compiuto solo con il proprio corpo e per la prima volta sono sanzionati anche organizzatori e promotori. Quindi con il decreto sicurezza è proprio il picchetto/presidio/sit-in che prevede blocco stradale ad essere sanzionato nello specifico e comunque come iniziativa politica perché appunto sono sanzionati organizzatori e promotori.
Quindi con i Decreti Salvini questi strumenti repressivi sono stati più definiti e possono essere impiegati con maggiore sicurezza dalle autorità contro iniziative di questo tipo. L’obiettivo dell’annullamento delle multe e della cancellazione dei Decreti Salvini è quindi molto importante per assicurare la libertà e l’agibilità politica dei lavoratori e delle lavoratrici che stanno lottando. Questa vicenda ha però più profonde implicazioni e solleva molte altre questioni.
La vicenda delle multe però è solo la punta dell’iceberg di una protesta che negli ultimi due anni sta crescendo. Negli ultimi due anni infatti a Prato ci sono state lotte importanti specie nelle tintorie e nei panifici industriali: spesso la polizia è intervenuta picchiando ed arrestando i lavoratori, spesso i padroni hanno mandato squadre di picchiatori a minacciare e malmenare operai, più volte le autorità hanno cercato di mettere fuori gioco gli esponenti sindacali. Si tratta quindi di una storia molto più articolata.
I lavoratori della tintoria Superlativa sono originari del Pakistan e di diversi paesi africani, una situazione molto comune nel settore tessile di Prato, specie nel conto terzi, tintorie, stamperie. Non si tratta di piccoli laboratori: la Superlativa conta 60 dipendenti, che salgono a 90 nei periodi di picchi di lavoro. Anche in altri settori la maggior parte delle lavoratrici e dei lavoratori sono immigrati: molti di questi sono quindi colpiti contemporaneamente sia dalle misure razziste previste dai Decreti Salvini, sia da quelle che colpiscono le libertà di manifestare.
Questa lotta quindi pone contemporaneamente, in un settore produttivo chiave, sia la questione della libertà sia la questione dello sfruttamento. Questa lotta è stata in grado di respingere il razzismo dei media locali che non solo hanno inizialmente presentato la vertenza come la lotta “dei pachistani” ma hanno anche provato a presentare il conflitto nel settore tessile pratese come un scontro interetnico tra pachistani e cinesi, anziché una lotta degli operai contro lo sfruttamento e l’arroganza dei padroni.
Il successo del modello economico pratese è fondato sul supersfruttamento ed il sistema di governo del territorio che ha sempre garantito a tutti i costi il mantenimento di rapporti di lavoro favorevoli ai capitalisti, di qualsiasi paese fossero. Quando con stragi di operai o scandali, venivano a galla situazioni di fabbriche in cui vigevano condizioni particolarmente dure per gli operai, il problema dello sfruttamento era trattato come una malattia esotica, un fattore culturale d’importazione, ovviamente cinese, relegato quindi in un mondo di arretratezza che non apparteneva alla tradizione imprenditoriale italiana. Le lotte di questi anni a Prato hanno però rotto questo meccanismo: di fronte alla protesta operaia lo Stato italiano con la sua polizia, i suoi carabinieri, i suoi funzionari pubblici, le sue istituzioni, i suoi sindaci, i suoi sindacati, si è posto ovviamente a difesa del padrone, indipendentemente dalla sua nazionalità.
Chi parla di una forma di conflittualità residuale in un settore arretrato probabilmente vuole relegare questa lotta nel mondo dello straordinario ma la realtà è ben diversa. Innanzitutto non si tratta di una realtà produttiva marginale: il settore tessile di Prato è il settore tradizionale di una zona industriale che vede crescere sia il numero di abitanti sia il dato degli occupati. Una zona che al di là dei confini amministrativi è contigua alla grande area industriale della piana fiorentina. Inoltre la vicenda degli operai della Superlativa non è distante da quello che si vive in altri contesti. Tra lavoro senza contratto, precariato, straordinari, ricatti, licenziamenti politici, sanzioni repressive, in forme diverse le condizioni di sfruttamento sono le stesse in tutti i luoghi di lavoro.
Anche per questo si è estesa la solidarietà attorno a questa vicenda: hanno infatti partecipato alle assemblee ed aderito alla manifestazione del 18 gennaio delegati e lavoratori della GKN, della Piaggio e di altre aziende. Per tutto questo ed anche nella prospettiva di rilanciare l’intervento libertario nella regione è importante partecipare alla manifestazione del 18 gennaio a Prato, una tappa importante per costruire nuovi legami di solidarietà contro razzismo e sfruttamento.

Dario Antonelli

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