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Dal Convegno FAI: mozione antimilitarista

Dal Convegno FAI: mozione antimilitarista

Sosteniamo la giornata di lotta antimilitarista del 24 febbraio

Mentre le tensioni militari tra gli stati si intensificano e si estendono gli scenari di guerra, il governo italiano lancia nuove missioni militari come quella navale nel Mar Rosso, approva un nuovo invio di armi all’Ucraina, incrementa gli effettivi delle forze armate e propone la costituzione di una riserva.

A due anni dall’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa, il 24 febbraio diviene una giornata di alto valore simbolico per consolidare l’iniziativa antimilitarista, contrastare la politica guerrafondaia del governo, sostenere i disertori e gli obiettori di tutte le guerre.

Per questo sosteniamo e rilanciamo l’appello dell’Assemblea Antimilitarista per fare del 24 febbraio una Giornata di lotta antimilitarista e invitiamo le realtà federate a dare forza a questo appuntamento con iniziative territoriali.

Questo è il testo dell’appello dell’ Assemblea Antimilitarista:

«Con i disertori e gli obiettori di tutte le guerre, per un mondo senza eserciti e frontiere, contro tutti i nazionalismi

Sabato 24 febbraio

Giornata di lotta antimilitarista

Sono passati due anni dall’invasione russa dell’Ucraina e, nonostante l’affievolirsi dell’attenzione mediatica, il conflitto si inasprisce sempre di più.

Guerre e conflitti insanguinano vaste aree del pianeta in una spirale che sembra non aver fine. Con il riaccendersi della guerra in Medio Oriente, l’aprirsi del conflitto nel Mar Rosso, il moltiplicarsi degli attacchi turchi in Rojava, le tensioni per Taiwan, il perdurare dei conflitti per il controllo delle risorse nel continente africano, il rischio di una guerra su scala planetaria è una possibilità concreta.

Opporsi concretamente è un’urgenza ineludibile.

La guerra in Ucraina ha nel proprio DNA uno scontro interimperialistico di enorme portata.

Il prezzo di questa guerra lo pagano le popolazioni ucraine e russe.

Lo pagano oppositori, sabotatori, obiettori e disertori che subiscono pestaggi, processi e carcere.

Lo paghiamo noi tutti stretti nella spirale dell’inflazione, tra salari e pensioni da fame e fitti e bollette in costante aumento.

Il governo italiano si è schierato in questa guerra inviando armi, arrivando a schierare 3.500 militari nelle missioni in ambito NATO nell’est europeo e nel Mar Nero.

L’Italia è impegnata in ben 43 missioni militari all’estero, in buona parte in Africa, dove le truppe tricolori fanno la guerra ai migranti e difendono gli interessi di colossi come l’ENI.

L’Italia vende armi a tutti i paesi in guerra, compresi Israele ed il Qatar, contribuendo direttamente a quella guerra atroce.

Occorre capovolgere la ratio perversa che vede nell’industria bellica uno dei motori dell’economia. Un’economia di guerra produce solo altra guerra. 

Il benessere, quello vero, è altrove, nell’accesso non mercificato alla salute, all’istruzione, ai trasporti, alla casa fuori dalla logica feroce del profitto.

La spesa bellica è arrivata 104 milioni di euro al giorno. Un dispendio enorme di risorse.

Provate ad immaginare quante scuole, ospedali, trasporti pubblici di prossimità si potrebbero finanziare se le la ricerca e la produzione venissero usate per la vita di noi tutti, per la cura invece che per la guerra.

La guerra è ormai anche interna.

Il governo risponde alla povertà trattando le questioni sociali in termini di ordine pubblico: i militari dell’operazione “strade sicure” quest’anno sono saliti a 6.800: li trovate nelle periferie povere, nei CPR, nelle stazioni, sui confini.

Come se non bastasse il ministro della Difesa ha annunciato la costituzione di una “riserva”, un corpo di 10.000 militari volontari in addestramento perenne che possono essere richiamati per far fronte a qualsiasi “emergenza” interna.

La guerra è ormai arrivata anche nelle scuole, dove i militari fanno propaganda per l’arruolamento dei corpi e delle coscienze.

In Russia e in Ucraina nonostante la durissima repressione dei due governi c’è chi rifiuta la guerra e il militarismo, chi si oppone, chi getta la divisa perché non vuole uccidere e non vuole morire per spostare il confine di uno Stato. Non vuole uccidere e non vuole morire per gli interessi imperiali delle potenze che si contendono, qui e in ogni dove, il controllo delle risorse, delle vie di comunicazione, dei territori.

In Russia e in Ucraina c’è chi lotta perché le frontiere siano aperte per chi si oppone alla guerra.

Noi facciamo nostra questa lotta contro le frontiere, per l’accoglienza di obiettor, renitent, disertor* da entrambi i paesi.

Noi non ci arruoliamo né con la NATO, né con la Russia. Noi non ci arruoliamo in nessuna guerra per spostare un confine, per cambiare di colore ad una bandiera, per spostare intere popolazioni altrove.

Rifiutiamo la retorica patriottica come elemento di legittimazione degli Stati e delle loro pretese espansionistiche.

L’antimilitarismo e l’internazionalismo sono stati centrali nelle lotte del movimento dei lavoratori e delle lavoratrici sin dalle sue origini.

Le frontiere sono solo linee sottili su una mappa: un nulla che diventa tragicamente reale quando militari ben armati lo trasformano in barriera invalicabile. Ma sempre c’è chi, anche a rischio della vita, le attraversa. Cancelliamole!

Per opporsi alla guerra non basta l’indignazione, occorre un ampio fronte di lotta.

A due passi dalle nostre case ci sono installazioni militari, poligoni e aeroporti, caserme e industrie di morte. Chiudiamoli!

A fianco della gente che, in ogni angolo del pianeta, muore sotto le bombe sganciate da aerei costruiti nel nostro paese.

No alla guerra e al militarismo!

Sosteniamo chi si oppone alla guerra in Russia, in Ucraina, nel Mediterraneo orientale, nel Mar Rosso… e in ogni dove!

Apriamo le frontiere ad obiettori e disertori di tutti i paesi in guerra!

Disertiamo la guerra!

No all’invio di armi per la guerra

No alle missioni militari all’estero

No alle spese militari

No alla militarizzazione delle scuole e delle città»

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