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Da Algeri a Béjaïa la protesta resta viva

Da Algeri a Béjaïa la protesta resta viva

Pubblichiamo questo testo, scritto ad Algeri il 21 marzo 2019, perché inquadra assai bene il contesto degli ultimi eventi algerini.
La Redazione

Lo slogan “Sistema pulito” apre la strada ad una precisa questione sociale. L’ipotesi di un’assemblea costituente si fa sempre più ingannevole… Il movimento popolare odierno apre una nuova pagina della storia algerina, non solamente grazie alla sua portata, ma soprattutto grazie alla sua capacità di far indietreggiare un governo la cui arroganza antidemocratica è pari solo al suo rigore antisociale. Se i commentatori dubitavano, fino a pochi giorni fa, dell’opportunità di qualificare come una rivoluzione la sequenza storica che si sta svolgendo in Algeria, ormai non ci sono più riserve, non solamente perché la popolazione ha espresso in maniera massiccia il suo desiderio di rompere con il regime ma anche a causa delle evidenti fratture nell’attuale blocco dirigente.

Dopo l’insurrezione popolare del 22 Febbraio tutto è ancora possibile, malgrado le apprensioni ereditate dalla recente storia del paese e malgrado la frammentazione delle forze rivoluzionarie che cercano di superare molti ostacoli.

Collegare questioni democratiche e sociali
In una società frammentata a causa della celebrazione della lotta per l’indipendenza, la rievocazione degli accordi di Evian del 19 marzo 1962 è stata sminuita dal potere del movimento sociale. Ciò non significa, però, che i simboli della rivoluzione anticoloniale non si siano mobilitati nelle strade algerine. Tuttavia, sembrerebbe che sia più importante vivere la rivoluzione di oggi che commemorare quella di ieri. Anche se la lezione non è stata imparata e le illusioni pesano sulla coscienza delle persone che cercano di andare avanti sulla scia del vecchio movimento nazionale, il 19 marzo 2019, nel centro di Algeri hanno risuonato canzoni allegre per mano di migliaia di studenti che rappresentano una delle forze trainanti della dinamica attuale.

Per coloro che hanno conosciuto, negli anni precedenti, l’accantonamento della protesta studentesca all’università – quando non era, semplicemente repressione – il contrasto è sorprendente. Nonostante sembra si sia voltata pagina, anche gli algerini e le algerine più anziani hanno dato prova di simpatia nei confronti dei più giovani. Durante la protesta sono stati cantati slogan come “studenti arrabbiati rifiutano il sistema”, “Algeria libera e democratica”, “Liberate l’università, liberate l’Algeria” o ancora “19 marzo, nessun accordo di Evian”.

Oltre alla questione inerente al rifiuto di un quinto mandato del presidente Abdelaziz Bouteflika – all’origine della contestazione – la questione sociale rimane così scoperta nonostante la volontà neoliberista di camuffarsi. Così, Moussa, uno studente intervistato dal quotidiano El Watan (20 marzo 2019), afferma: “L’Algeria dei privilegi deve scomparire. Mi rifiuto di andare in esilio alla ricerca di un lavoro. Voglio rimanere tra i miei, qui.” Questa aspirazione si unisce a quella di una studentessa di biologia, Meriem, che dice: “Trovare lavoro nel mio settore è davvero complicato. I miei colleghi cambiano lavoro oppure espatriano per trovarlo. Voglio assicurare il mio futuro qui”. È in base a queste affermazioni che si modellerà l’evoluzione del processo rivoluzionario.
Nella giornata del 19 marzo 2019 si sono svolte altre manifestazioni, come quella del personale del settore sanitario che ha marciato nelle Strade di Algeri – ed in molte altre città del paese – riproponendo gli slogan ormai popolari: “Ladri! Avete venduto il paese”, “Repubblica, non monarchia”, “Sistema pulito” ma anche, come riporta il quotidiano Le Temps (20 marzo 2019), “FLN pulito! RND pulito! ” (FLN e RND sono gli acronimi dei due principali partiti dell’amministrazione: il Fronte di liberazione nazionale e il Raduno nazionale democratico). Va sottolineato, tuttavia, che il rifiuto del FLN e del RND è accompagnato, più in generale, dalla sfiducia nei confronti di tutti gli altri partiti, compresi quelle dell’opposizione. Infatti, secondo Le Soir d’Algérie (20 marzo 2019) le migliaia di partecipanti alla marcia di Bejaia hanno richiesto le dimissioni dell’attuale presidente e dell’FLN ma hanno anche urlato “FFS pulito”.

Ciò significa che il Fronte delle forze socialiste (FFS), spesso presentato come il più antico partito di opposizione, non appare più come un’alternativa credibile ai manifestanti di Kabylie, città natale del partito. Il rifiuto delle parti non significa che non ci siano illusioni sulla democrazia rappresentativa, dal momento che molti manifestanti chiedono ancora in questa fase un “buon presidente” o “elezioni trasparenti”.

Gli elementi più combattivi di questa dinamica ampiamente interclassista si trovano senza dubbio nelle parole di Abdenour, un’infermiera di Boumerdes che ha detto a Le Temps: “Il personale della sanità pubblica è riunito attorno ai suoi sindacati autonomi che hanno dimostrato la loro integrità rifiutando l’invito di Bédoui [attuale primo ministro] al tavolo per creare un governo di transizione respinto in blocco dal popolo”. Queste parole trovano conferma nello slogan degli operatori sanitari riuniti a Orano: “Nessun negoziato, nessuna militanza, fino alla caduta del regime”. Ma il rifiuto delle richieste governative di “dialogo” espresso dai giovani e dai lavoratori mobilitati stanno già rispondendo alle “tabelle di marcia” proposte dagli attivisti dell’opposizione che stanno pensando di gestire il post-Bouteflika. Infatti, il collettivo della società civile algerina – che vuole trovare una strada pacifica che riunisca associazioni vicine alla FFS e sindacati autonomi – ha rilasciato una dichiarazione il 18 marzo proponendo l’istituzione di un governo di transizione “composto da personalità consensuali e credibili per gestire il periodo di transizione”, per “realizzare un compromesso storico intorno a principi fondamentali inalienabili” e l’elezione di un’Assemblea costituente per tornare finalmente alla legalità costituzionale “.

Si evidenzia l’esigenza di rompere con gli schemi autoritari. Uno dei principali problemi del periodo attuale è proprio quello di distinguersi da queste iniziative tecniche, trasmettendo lo slogan dello sciopero generale e le richieste di auto-organizzazione di tutti gli sfruttati attraverso l’istituzione di comitati popolari.

Queste prospettive coesistono, specialmente dalla parte del Partito dei Lavoratori (PT) – associato al POI francese (trotzkista lambertista) – o al Partito Socialista dei Lavoratori (PST) – legato al Nuovo Partito Anti-Capitalista – con il desiderio di eleggere un’Assemblea Costituente. Tranne che secondo il PT, “gli uomini d’affari distrutti dal sistema oligarchico avranno il loro posto” in questo dispositivo, mentre per il PST questa assemblea sarebbe “rappresentativa delle aspirazioni democratiche e sociali dei lavoratori e delle masse”.

È una grande differenza. Tuttavia, i libertari si ritroveranno piuttosto nei pensieri formulati dall’anarchico italiano Errico Malatesta che, in The Anarchist Communist Revival dell’8 novembre 1924, invitò a “discutere” la Costituente per prendere le distanze da questa modalità in modo da “rivendicare per noi e coloro che saranno d’accordo con noi la libertà di organizzarsi come meglio credono e i mezzi per farlo”. Malatesta ha aggiunto che “per il necessario coordinamento del lavoro dei gruppi, dei comuni, delle regioni, della nazione, dovremo opporci alla Costituente o a qualsiasi altro organo legislativo, congressi, convenzioni locali, regionali, nazionali, aperto a tutti per informare, consigliare, prendere iniziative – senza pretendere di fare la legge e forzare gli altri con la forza delle loro deliberazioni “.

Questa “tabella di marcia” apparirà inconcepibile per i leader o i militanti dell’opposizione della sinistra algerina influenzata da schemi autoritari, quando non da pratiche antidemocratiche presenti all’interno delle loro stesse organizzazioni. Ecco perché, senza sottovalutare la capacità di disturbo dell’apparato burocratico spesso atrofizzato, è necessario guardare alla spontaneità dei giovani e dei lavoratori, che, nonostante le contraddizioni evidenti (unanimismo, patriottismo, statismo), cercano un modo per arrivare alle loro aspirazioni, alla dignità, all’uguaglianza e alla libertà. In questa situazione, tutte le problematiche devono essere discusse a fondo senza auto-censura e tutte le oppressioni vanno combattute con la massima determinazione per cercare di arrivare ad una risoluzione dei vari problemi.

Nedjib Sidi Moussa

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